Lo sostiene il suo partito: un successo storico
La Lega
nazionale per la Democrazia, su un pannello digitale davanti al quartier
generale di Yangon. Il voto di oggi è considerato un passaggio chiave per
il processo di democratizzazione. Appello di Baggio in favore del
premio Nobel della pace: "E’ arrivato il momento decisivo per voi giovani,
non potete più stare in panchina"
Washington,
1 aprile 2012 - La leader dell’opposizione birmana, Aung San Suu Kyi, è
stata eletta nella circoscrizione di Kawhmu. Lo afferma il suo partito, la Lega
nazionale per la Democrazia, su un pannello digitale davanti al quartier
generale di Yangon, riferiscono i media americani.
La
premio Nobel correva per uno dei seggi in palio alle elezioni suppletive di
oggi, in un voto che è considerato un passaggio chiave per il processo di
democratizzazione in Myanmar. Il premio Nobel per la Pace ha ottenuto l’82% dei
voti nella sua circoscrizione di Kawhmuh a riferito un dirigente della Lega,
Tin Oo, citando un conteggio ufficioso del partito. Quelle del Myanmar, come la
giunta militare ha ribattezzato la Birmania, sono le terze elezioni in mezzo
secolo e potrebbero segnare una tappa importante nel cammino del Paese asiatico
verso la democrazia.
L'APPELLO
DI BAGGIO PER VOTO AD AUNG SAN SUU KYI -‘’Auguri Aung San Suu Kyi, con lo
spirito sarò presente: tutti noi uomini di pace saremo con te per accompagnarti
finalmente nel tuo seggio elettorale. Verrò molto presto non solo per
festeggiare, ma perché sei sempre stata presente nella mia vita e nei miei
pensieri: pieno di ammirazione mando un abbraccio forte a te e a tutto il tuo
popolo’’. Roberto Baggio affida a un video il suo appello-sostegno alla causa
di San Suu Kyi, la leader dell’opposizione in Birmania nel giorno delle elezioni
suppletive che potrebbero portarla in Parlamento dopo 15 anni di arresti
domiciliari. Nella video-lettera l’ex codino invita tutti i giovani del Paese a
schierarsi per la Lega nazionale per la democrazia, il partito della Suu Kyi,
attiva da sempre per la difesa dei diritti umani in Birmania, e premio Nobel
per la pace nel 1991.
E
qui l’appello al voto: ‘’Da sportivo non posso non rivolgere il mio appello -
dice Baggio - e pensiero ai tanti giovani del tuo paese. E’ arrivato il momento
decisivo per voi, non potete più stare in panchina: attraverso il vostro voto
convinto ad Aung San Suu Kyi e alla Lega per la Democrazia senza paura
contribuirete a far essere rispettate le regole del gioco che appartengono alla
democrazia di tutto il pianeta’’.
LA SIGNORA CHE FA TREMARE IL REGIME - Aung San Suu Kyi, ‘Signora’ della causa birmana, icona della democrazia in un percorso che l’ha portata, da prigioniera politica a premio Nobel, da leader dell’opposizione a deputata nel Parlamento. Rilasciata nel novembre 2010 dopo sette anni di arresti domiciliari, dopo 15 di detenzione, la leader ha ripreso a tutti gli effetti il suo ruolo di spina nel fianco della Giunta militare del Paese.In apparenza fragile e delicata, in realtà, la donna che è stata premiata con il Nobel per la Pace nel 1991 ha una tenacia di ferro e ha svolto un ruolo cruciale nel mantenere l’attenzione del mondo sulla giunta militare e i diritti negati in Birmania.
Conosciuta
semplicemente come ‘la Signora’ da milioni di suoi connazionali, Aung si è
sempre rifiutata di abbandonare il suo Paese. “Per me, la vera libertà è la
libertà dalla paura e se non si può vivere senza la paura non si può vivere una
vita dignitosa”, disse una volta. La sua Lega Nazionale per la Democrazia
stravinse le elezioni del 1990 (le penultime prima di quelle definite ‘farsa’
dall’Occidente, di domenica scorsa), ma non le è mai stato permesso di
governare; e alle ultime consultazioni, dopo aver deciso di non scendere in
campo, il suo partito è stato disciolto dalla giunta. La ‘passionaria’ birmana
avrebbe dovuto essere rilasciata il 27 maggio dello scorso anno, ma poche
settimane prima dell’attesa scadenza uno sconosciuto americano si immerse nel
lago di fronte alla sua residenza e raggiunse a nuoto l’abitazione.
Astrusa
la giustificazione: John Yettaw sostenne di esser stato mandato da Dio per
avvertirla che sarebbe stato il bersaglio di un imminente assassinio.
Nell’agosto
seguente, Aung San Suu Kyi fu condannata agli arresti domiciliari per aver
consentito allo strambo americano, John Yettaw, di aver pernottato per due
notti a casa sua, violando le norme di sicurezza. San Suu Kyi ha trascorso gran
parte della sua vita all’estero prima di tornare, nell’aprile del 1988, nella
sua casa di famiglia, sulle rive del lago Inya, a Rangoon, per assistere la
madre malata; e ha parlato per la prima volta dinanzi a una folla di
manifestanti, il 26 agosto dello stesso anno, sui gradini della storica
Shwedagon Pagoda, nella capitale. Chi la vide in quell’occasione fu colpito
dalla somiglianza con il padre, il generale Aung San, eroe nazionale che aveva
portato la Birmania sull’orlo dell’indipendenza dal dominio britannico, prima
del suo assassinio nel 1947. “Non potevo, in quanto figlia di mio padre,
rimanere indifferente a tutto ciò che stava accadendo”, disse alla folla la
‘signora’, che aveva appena due anni quando il padre morì. Il mese seguente i
militari soffocarono nel sangue il tentativo di rivolta democratica: migliaia
di persone vennero uccise o imprigionate, ma i militari promisero le elezioni.
Nel
1989, San Suu Kyi infranse il tabù di attaccare pubblicamente il dittatore, Ne
Win, bollato come la fonte dei mali del Paese; e l’attacco sigillò il suo
fascino popolare, ma anche il suo destino, perché nel luglio del 1989 Aun San
Suu Kyi fu messa agli arresti domiciliari e vi restò per sei anni, fino al
1995. Poi, nel 2000, di nuovo in carcere e nel 2002, a maggio, la libertà:
quella è stata l’ultima volta che ha riassaporato la libertà, quando iniziò un
periplo nel Paese per incontrare i suoi sostenitori, in un clima di crescente
ostilità da parte del governo; ma il 30 maggio del 2003, San Suu Kyi e il suo
convoglio finirono in un agguato con decine di vittime, secondo le
organizzazioni a tutela dei diritti umani.
Gli
anni trascorsi agli arresti domiciliari, li ha dedicati allo studio, alla
meditazione buddista, ad esercitare il pianoforte e a migliorare il suo
francese e il giapponese. Ma il suo messaggio alla giunta è sempre stato forte
e chiaro: la ricerca di un dialogo aperto con la giunta e le minoranze etniche
birmane nel tentativo di superare lo stallo politico, in cui versa il Paese. I
generali hanno sempre rifiutato di riconoscerla come interlocutore politico,
mettendo in dubbio il suo patriottismo (la chiamano con il cognome da sposata,
‘la signora Michael Aris’) e accusandola di essere uno strumento in mano a Gran
Bretagna e Stati Uniti e al servizio delle loro mire neo-coloniali. Ma lei con
il tempo e un enorme costo personale, è divenuta la più famosa detenuta al
mondo, paragonata a Nelson Mandela e al Mahatma Gandhi, combattenti per la
libertà da cui ha tratto ispirazione nel corso degli anni. ‘La Signora’ ha
sempre rifiutato di lasciare la Birmania, per timore di non poter rientrare: è
stata tenuta in un ferreo isolamento però e la giunta ha persino negato il visto
al marito, morente di cancro alla prostata, che voleva visitarla. Aris, docente
ad Oxford, è morto nel marzo 1999 e lei in quell’occasione rifiutò l’offerta
della giunta di avere un visto per poter partecipare al suo funerale. Anche i
due figli, Alexander (1873) e Kim (1977) non li vede da dieci anni: non solo la
sua libertà, dunque, ma anche la famiglia, Aung San Suu Kyi ha sacrificato
famiglia sull’altare della democrazia. Perché, come disse una volta lei stessa,
“quello che abbiamo è la perseveranza: non è la pazienza, è la perseveranza.
Siamo pronti a perseverare qualunque siano gli ostacoli”.
Ripreso
da Burma_News
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