2 aprile 2012

La “Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità” adottata dall’Italia compie 5 anni.


Gentile Signor Direttore,
il 30 marzo ricorreva il quinto anniversario della "Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità" dell'ONU, per cui mi permetto inviare quanto segue.
Grazie e cordiali saluti.

di Franco Previte,

L’Assemblea Generale dell’ONU il 6 dicembre 2006 ha adottato la “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità” (Distr.General A/61/611 Sixty-first session) strumento di valenza internazionale, sottoscritto dall’Italia il 30 marzo 2007 a New York da parte del Ministro della Solidarietà Sociale, insieme al Sottosegretario dello stesso Dicastero.

Il testo condiviso da 191 Paesi aderenti all’ONU, escluso il Vaticano, è stato redatto come sancisce l’art.1° “con l’obiettivo di promuovere, proteggere ed assicurare pari diritti alle persone disabili nel rispetto della dignità di ognuno”.

Ancora una volta la comunità internazionale ha richiamato i principi proclamati nella “Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo” del 10 dicembre 1948 delle Nazioni Unite che riconosce la pari dignità ed i diritti inalienabili degli esseri umani, quali presupposti indispensabili per la pace, la giustizia, la libertà senza discriminazioni.

A ratificare la “Convenzione” non è stata la Santa Sede, la quale dopo aver partecipato ai lavori per la stesura del Testo, durati 5 anni, non ha firmato la “Cart” in quanto questa non prevedeva un divieto esplicito nei confronti dell’aborto, che condividiamo ampiamente in quanto non è condivisibile sui punti che trattano la riproduzione e la pianificazione familiare, perché l’accesso ai servizi riproduttivi potrebbero promuovere la contraccezione, favorire l’aborto, la limitazione delle nascite, le sterilizzazioni, la non responsabilità dei rapporti sessuali che aumentano l’espandersi dell’epidemia dell’Hiv/Aids.

Quindi i punti dolenti sono gli articoli 23 e 25 della “Convenzione”, nel primo si riconoscono i diritti dei disabili alla pianificazione familiare, alla “educazione riproduttiva e ai “mezzi necessari per esercitare questi diritti”; nel secondo si garantisce l’accesso dei disabili  a tutti i servizi sanitari, “inclusi quelli nell’area della salute sessuale e riproduttiva”.

Pur contenendo molti articoli utili, la Santa sede si oppose all’inclusione nel testo dell’espressione salute sessuale e riproduttiva perché in alcuni Paesi i servizi sanitari e riproduttivi comprendono l’aborto, negando dunque il diritto alla vita di ogni essere umano, affermato peraltro dall’art.10 della “Convenzione” stessa e pertanto la Santa Sede non è stata in grado di firmarla.

E’ incomprensibile che una imperfezione del feto può essere una condizione per praticare l’aborto, mentre la stessa “Convenzione” creata per proteggere la persona con disabilità da ogni discriminazione riguardo all’esercizio dei loro diritti possa essere usata per negare il basilare diritto alla vita delle persone disabili non ancora nate.

Dobbiamo ricordare che la Santa Sede ha doppia “statura universale”, il doppio aspetto giuridico e morale e la eventuale ratifica senza riserve equivaleva ad offrire una cauzione morale del testo giuridico, cioè un acconsentire fuori della giurisdizione vaticana, che l’art.25 venisse applicato con criteri diversi, comprensivi dell’accesso all’aborto.

Quindi il Vaticano consigliava agli Stati firmatari, tra cui l’Italia, di apporre “precise riserve da escludere ogni riferimento all’aborto sia come diritto che come modalità e metodo della salute riproduttiva”.

Con il disegno di legge n. 2121 del Governo Berlusconi il 20 febbraio 2009 il Parlamento Italiano ha ratificata la “Convenzione” e con l’art.2 l’ha approvata “in toto” compreso il Protocollo Opzionale, mettendo in “moto” l’aborto e l’eutanasia nei confronti ed a danno dei disabili fisici e degli handicappati psichici, “generando” un “Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità” (ennesimo intralcio della burocrazia)  composto di non più di 40 persone con un costo di 500.000 euro per gli anni dal 2009 al 2014.

Direi che attualmente non vedo alcuna intenzione né dal Governo Monti, né da nessuna parte politica per il problema disabilità, ma solo per qualche caso esemplare trattato in modo patologico da tutte le parti, con nessun rispetto per le persone.

L’Italia ha un sistema sanitario troppo lento nell’aiutare le persone affette da gravi forme di malattie psico-fisiche e da un sistema sociale-legislativo troppo lontano dalla realtà!

Infine per quanto si riferisce la salute mentale in Italia, problema molto attivo nella società, al Governo,  ma soprattutto al Parlamento, la n/s Associazione ha inoltrato una Petizione :
1.)     col n.5 alla 12° Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica (“Legge-Quadro in materia di assistenza psichiatrica”) ; e col n.6 alla 3° Commissione Affari Esteri “Norme per il recepimento della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità” dell’ONU integrandola con provvedimenti specifici per i malati mentali;
2.)    col n.9 alla 12° Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati “Riforma dell’assistenza psichiatrica” unendo con “Norme per il recepimento della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità”.

Adottando le “leggi appropriate”, come sancisce l’art.4, riconoscendo i diritti e le necessità degli handicappati mentali per la tutela della loro salute, per le loro famiglie e per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, normative attese da ben 34 anni.

Ma non è vergognoso, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, tutto ciò, mentre assistiamo quasi ogni giorno ad “esecuzioni” di persone innocenti” perché le Istituzioni sono in continua litigiosità e “dimenticano” o sono “disinteressate” a questo problema che è prettamente prioritario? 
Non si può continuamente e filosoficamente pensare alla ben nota logica gattopardesca del cambiare tutto, purché nulla muti ! (riforme comprese che ogni giorno si citano senza concretizzarle).

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