1 luglio 2007

Creare una cultura dell’inclusione

Eva Adela Latham
Ambasciatrice di Pace

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e la Carta delle Nazioni Unite hanno entrambe lo stesso fine: la realizzazione della pace. Il senso fondamentale della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani consiste nella esaltazione della dignità di ogni essere umano, ed in quanto tale dei suoi diritti morali. Essa incarna il principio dell’uguaglianza, che è riconosciuto dalla legge naturale. L’Articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite afferma che uno degli scopi dell’ONU consiste nel realizzare la cooperazione internazionale volta a “promuovere ed incoraggiare il rispetto per i Diritti Umani e per le libertà fondamentali per tutti, senza distinzione alcuna”. Il pensiero fondamentale dietro la Carta è che la pace e la stabilità tra le nazioni possono essere raggiunte nel modo migliore percorrendo questa strada.
Quale esperta nel campo dei diritti umani, riconosciuta dall’UNESCO, cerco con tutte le mie forze, e con i miei metodi, di applicare la nozione di dignità umana per tutti. So quanto sia stato difficile nel corso della storia – e quanto ancora lo sia – trasporre l’essenza del messaggio dei diritti umani dalla teoria alla pratica, che tutte le persone sono create eguali per quanto riguarda la loro dignità, e che tutti sono membri dell’unica famiglia umana, indipendentemente dalla loro cultura, religione, nazionalità, genere e lingua, così come affermato nell’Articolo 2.1 della Dichiarazione Universale.
Tuttavia, troppe persone hanno elaborato delle false giustificazioni per escludere gli altri dalla dignità umana. Vedo ogni giorno il modo in cui la gente si autolimita nella propria visione nazionalista, nei propri circoli religiosi, nelle proprie norme e nei propri valori culturali, nei concetti di superiorità di genere o di colore, o di origine sociale, con il vergognoso risultato di escludere gli altri.

Questa “filosofia” dell’esclusione è la base di problemi minimi e massimi in luoghi grandi e piccoli in tutto il mondo. Questo pensiero è ciò che ha dato forma al nostro mondo, e che ancora continua a dargli forma. Esempi contemporanei del risultato di questi comportamento sono il Ruanda, la ex Iugoslavia, la Repubblica Democratica del Congo, l’Afghanistan, l’Irak, il Sudan, e le continue atrocità che avvengono nel Medio Oriente. Ma anche nelle “società senza guerra” si può osservare l’abuso delle differenze religiose e culturali, e l’astuto sfruttamento delle stesse, a fini di vantaggio personale o al fine di raggiungere o mantenere il potere politico.

A fronte di così tanti esempi della predominanza della filosofia dell’esclusione, è straordinario venire a conoscenza del “controesempio” fornito dalla UPF, fondata dal Rev. Dr. Sun Myung Moon. In pochi anni la UPF è cresciuta fino a diventare un movimento che opera in tutto il mondo e che con grande successo mobilita la gente perché realizzi una pace duratura sulla base del pensiero dell’inclusione.
La UPF sta mettendo in pratica una visione, e la sta applicando ad un percorso sostanziale, riuscendo a riunire leader non solo religiosi ma anche politici, e persone comuni che operano in mille settori diversi della società. Attraverso la UPF queste persone hanno trovato l’ispirazione per superare i propri limiti nazionali, religiosi, etnici e sociali, e per dichiararsi incondizionatamente membri dell’unica famiglia umana. Questa è la migliore applicazione pratica del pensiero dell’inclusione. E’ l’idea di base della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che diviene realtà.
Ciò che mi colpisce è che tutte queste attività si sviluppano senza alcuna burocrazia, e senza un elevato grado di istituzionalizzazione formale, ed anche al di fuori dei modelli tradizionali delle filosofie orientate alla pace. I risultati positivi di tutto ciò può essere visto da tutti, e merita davvero rispetto.

La missione della UPF è oggi più necessaria che mai, perché in questo mondo che va verso la globalizzazione sulla base della tecnologia, gli esseri umani sono più consapevoli l’uno dell’altro. Ciò ci fornisce grandi vantaggi rispetto al passato, ma allo stesso tempo ci rende più vulnerabili se non cambiamo la nostra mentalità in modo tale da riuscire a vedere ciò che ci unisce piuttosto che ciò che ci divide.
Per far sì che il mondo passi al prossimo stadio di civiltà, che consiste nella liberazione degli uomini dal timore reciproco, c’è bisogno di persone impegnate, coraggiose e credibili. Il Dr. Moon, e coloro che operano con la UPF, sono proprio questo tipo di persone. Con i principi della UPF, “Vivere per il bene degli altri”, e “Vivere senza frontiere”, la UPF sta mettendo in pratica lo spirito autentico del Preambolo e dell’Articolo 2.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani in modo assolutamente originale e, soprattutto, credibile.
________________________________________
La D.ssa Eva Adela Latham è presidente di Human Rights Teaching International in Olanda. Ha ricevuto il premio UNESCO per l’insegnamento dei diritti umani nel 1990, assieme a Václav Havel, presidente della Repubblica Ceca.

Nessun commento:

Posta un commento