1 luglio 2007

CONFLITTO DI EMOZIONI?

di CARLO ALBERTO TABACCHI

La paura in Europa e negli Stati Uniti, l'umiliazione nei paesi arabi e musulmani, la speranza in Cindia (Cina ed India) s’intrecciano sempre di più in una futura convivenza mondiale.


Un articolo (che divenne poi un "cult") del famoso politologo e storico statunitense Samuel Huntinghton nell'estate del 1993 trattava di un possibile scontro di civiltà ("The clash of civilitazion"); recentemente è apparso a cura di Dominique Moisi, consulente dell'Istituto francese di relazioni internazionali di Parigi, un brillante articolo su una possibile contesa di emozioni tra gruppi di paesi.
Sinteticamente, il mondo occidentale vive in una civiltà di paura, il mondo arabo musulmano è intrappolato in una realtà di umiliazione mentre alcuni grandi paesi dell'Asia in un contesto di speranza.
L'Occidente, Europa e Stati Uniti, risulta più diviso che coeso, la comunità musulmana più unita ma spesso rigurgitante di rabbia, l'unico beneficiario è l'asse Cina India, concentrato a crearsi un futuro migliore. Ovviamente tali filosofie o comportamenti, forse un po' schematici, non sono universali in ogni regione.
Europa e Stati Uniti vivono in una civiltà comune di timore e con gradi diversi: ansia e preoccupazione interessano la mancanza di identità in un pianeta sempre più complesso e variegato.
Esiste in Europa l'inquietudine di essere invasi da torme di immigrati e di poveri, provenienti principalmente dal Sud della terra. Inoltre, dopo le stragi di Madrid
(2004) e di Londra (2005), gli europei hanno compreso che i loro paesi non sono solo targets dei terroristi ma anche possibili basi. Poi, sussiste la paura di essere abbandonati economicamente: per molti europei, la globalizzazione si è identificata con la destabilizzazione di un certo benessere, tagli occupazionali, incertezze future. E sono tormentati dal timore di diventare un grande museo all'aria aperta, dove turisti e pensionati convergono, viaggiano e vivono a scapito di creatività ed innovazione tecnologica. Alla fine si potrebbe arrivare ad un'Europa "governata" da una potenza, anche amica, quale gli Stati Uniti o "governata" da un soggetto senza volto, come la Commissione Europea (anche se più difficile).
Ciò che unisce tutti questi timori è il senso della perdita del controllo del proprio territorio, sicurezza, identità, in poche parole di un unico destino.
Forse, gli Stati Uniti vivono più "spensierati", anche se l'invasione ispanica si espande, il deficit economico cresce prepotentemente e il tragico ricordo dell’11 settembre resta sempre attuale.
Occorre ricordare che mentre l'Europa viveva nel Medio Evo (in una sorta di limbo), l'Islam era nel pieno del suo Rinascimento; quando cominciò il fiorire del Rinascimento occidentale, il mondo musulmano si spegneva inesorabilmente. Una prova di tale decadimento si è avuta con la nascita dello stato d’Israele (1947): il conflitto non risolto tra Gerusalemme ed i suoi vicini si è trasformato da una cultura dell'umiliazione ad una forma di rabbia, di odio, di violenza aperta. Paradossalmente, il contrasto religioso tra musulmani ed ebrei si è acuito tra Islam ed Occidente in senso lato.
La recente guerra in Libano (2006) ed il perdurare del conflitto in Iraq (2003 ... )hanno esacerbato gli animi e le menti, con l'ascesa degli estremisti sciiti e dei loro alleati. II vuoto è in parte dovuto a visioni diverse: mentre le società in Europa stanno diventando secolarizzate, la valenza della religione nella vita quotidiana nella comunità araba sta aumentando.
La crescita di Cina ed India risulta imperiosa anche se non omogenea: in Cina specialmente il sud e la costa hanno tassi di sviluppo formidabile mentre l'India cerca di cooperare diplomaticamente con Washington e di stringere affari con l'Europa. Per superare lo scontro di emozioni, la priorità dell'Occidente è riconoscere la natura della minaccia che il mondo musulmana pone all'Europa stessa e agli Stati Uniti. Negare l'esistenza dell'intimidazione o rispondere in maniera sbagliata sono scelte alquanto pericolose. Così come né la pacificazione né la soluzione militare da sole possono essere sufficienti. Bisogna comprendere come instillare un senso adeguato di speranza e di progresso nelle società musulmane per far sì che lo sconforto e rabbia non si trasformino in armi radicali e violente.

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