9 novembre 2015

La religione e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

L’UPF, in cooperazione con l’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, la Missione di Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, e UNITAR (Istituto delle Nazioni Unite per la Formazione e la Ricerca) ha convocato una conferenza sulla rilevanza del dialogo interreligioso e tra civiltà per il raggiungimento degli SDGs (Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile). Questa conferenza si è tenuta presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 27 Marzo 2015.
“Sia la UPF che l’Alleanza delle civiltà hanno la stessa convinzione: che la promozione del dialogo interculturale e interreligioso sia un ottimo percorso, per le persone e le nazioni, per arrivare a vivere in pace e sicurezza”, ha affermato S.E. Mr. Nassir Al-Nasser, l’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per l’Alleanza delle civiltà, in apertura della conferenza. Egli ha sostenuto che “Tutti i 17 obiettivi si possono raggiungere solo scavalcando le cose che ci dividono e abbracciando il nostro patrimonio culturale comune e condiviso”.

Riportiamo qui di seguito la relazione del presidente della UPF, Thomas Walsh*.

Vorrei ringraziare l’Alto rappresentante dell’AOC (Alleanza delle Civiltà) delle Nazioni Unite, Nassir Al-Nasser Abdulaziz, S.E. Arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, S.E. Ufukk Gokeen, Osservatore permanente dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, e la signora Yvonne Lokiko, capo dell’Ufficio UNITAR di New York.
Mi unisco alla riflessione che S.E. Al Nasser ha svolto nel suo discorso di apertura. Questo è davvero un tema importante e attuale.
La Universal Peace Federation, il cui stato consultivo speciale presso l’ECOSOC si basa sulla sua esperienza nel campo del dialogo interreligioso, ha sempre sostenuto la necessità di una più ampia valorizzazione del dialogo interreligioso, in quanto essenziale per la pace e lo sviluppo umano.
Quest’affermazione si basa sulle seguenti premesse:
1. La religione rimane una forza vitale nella vita della maggioranza della popolazione mondiale.
2. Nonostante il processo di modernizzazione e secolarizzazione si sia ampiamente diffuso per diversi secoli, esso non è stato assorbito tanto quanto ci si sarebbe aspettati. In realtà, per molti versi, la religione ha vissuto una marcata e robusta rinascita in molte parti del mondo.
3. Le idee religiose e di fede non hanno semplicemente a che fare con questioni ultraterrene, ma sono direttamente collegate alla società e alla vita di questo mondo. Come ogni sociologo o antropologo ci confermerebbe, idee e credenze religiose hanno un ruolo determinante nella vita di persone, famiglie, società e nazioni.
4. La religione svolge molte funzioni mondane positive, alcune delle quali sono: a) fornire un quadro di significato; b) fornire una base per l’etica e le pratiche come pazienza, moderazione, servizio agli altri, e non violenza; e c) promuovere la donazione attiva e il servizio ai bisognosi, attraverso la filantropia, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, ecc.
5. Religioni socialmente impegnate, è ormai un dato di fatto, sono ampiamente praticate da credenti di tutte le tradizioni.
6. La religione ha anche il suo lato oscuro, e in questo senso è simile ai governi, agli Stati nazionali, e alle corporazioni del settore privato. La religione è troppo spesso complice di forme di nazionalismo, etnocentrismo, estremismo, divisioni e lotte settarie, e violenza, contribuendo così all’instabilità delle società e delle nazioni. Tuttavia, piuttosto che evitare, ignorare, o semplicemente “giudicare” la religione, si dovrebbe:
a. Offrire sbocchi costruttivi per la religione;
b. Portare la religione nella sfera pubblica affinché assuma le proprie responsabilità.
Il dialogo interreligioso aiuta a raggiungere questi obiettivi.
Per ognuna di queste ragioni, il dialogo interreligioso è importante, anche se non come fine in se stesso. Il dialogo interreligioso ha i suoi scopi e conseguenze, sia intenzionali che involontari.
Prima di tutto, il dialogo si occupa dello scambio tra almeno due interlocutori: come Martin Buber li chiama, “io” e “tu”. Noi non dialoghiamo da soli.
Ancora più importante, il dialogo autentico comporta non solo parlare, ma ascoltare. Un atteggiamento di ascolto sincero tende a dare origine alla comprensione dell’altro, e poi alla fine all’apprezzamento e al rispetto, e, infine, alla cooperazione. L’obiettivo del dialogo non è il sincretismo o la conversione.
Per questo motivo il dialogo interreligioso, in linea generale, promuove e porta a certi risultati, come maggiore fiducia, superamento delle barriere, aumento della familiarità, un maggiore apprezzamento per l’altro, a volte l’amicizia, a volte un risveglio a nuove intuizioni.
Tali risultati sono utili per l’umanità, e contribuiscono alla pace e allo sviluppo umano.
Mi permetto di suggerire due modi attraverso cui la religione e il dialogo interreligioso possono contribuire al perseguimento degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile) dopo il 2015:
In primo luogo molte religioni già sostengono e promuovono una buona parte degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile). Non voglio entrare nei dettagli.
In secondo luogo, nella misura in cui il dialogo interreligioso aiuta a prevenire o risolvere alcuni dei fattori che contribuiscono ai conflitti e all’instabilità all’interno e tra le società, ha un impatto positivo sull’ambiente sociale, culturale, spirituale ed etico dell’insieme o delle infrastrutture.
In terzo luogo, le religioni sono tra i più potenti fattori in gioco nelle forze sociali e storiche delle vicende umane, ed hanno accesso diretto alla stragrande maggioranza della popolazione umana a livello individuale e a livello di comunità.
In quarto luogo, le religioni possono essere partner dell’ONU nel contribuire a raggiungere gli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile).
In conclusione, le religioni e il dialogo interreligioso dovrebbero essere inclusi e integrati come partner a pieno titolo, insieme con i governi, la società civile e il settore privato, in partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

* Thomas Walsh è il presidente della Universal Peace Federation, una ONG con un stato consultivo speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, e con sedi e programmi in oltre 100 nazioni.

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