6 novembre 2018

Identità, Diversità, Globalizzazione: quale relazione?

Chi sono coloro che ci devono guidare nella comprensione del corretto rapporto tra questi elementi all’apparenza contraddittori?

di Giorgio Gasperoni

Sono molti oggi a sostenere che la possibilità di una migliore comprensione reciproca tra gli esseri umani sia venuta meno. Si mette sempre più in dubbio la visione che ha caratterizzato gli ultimi secoli di un’umanità come unica famiglia umana.
In realtà, se esaminiamo la storia è facile notare che il declino delle concezioni universalistiche non è specifico della nostra epoca. Il riemergere delle identità nazionali, etniche e religiose è un fenomeno ricorrente che si verifica ogni volta che qualche impero sovranazionale, più o meno tirannico, crolla. Fenomeni di questo tipo sono già avvenuti in passato, a ritmo ciclico, e non dovrebbero indurre a un eccessivo pessimismo. 
D'altronde, lo stesso Vaclav Havel sostenne che ora viviamo certamente in un’unica civiltà globale la quale, tuttavia, altro non è che un “sottile strato di vernice”, destinato a coprire o nascondere l’immensa varietà di culture, di popoli, di mondi religiosi, di tradizioni storiche e di atteggiamenti secolari brulicanti al di sotto di esso. In effetti la sua descrizione riflette entro certi limiti lo stato delle cose.
In questo momento è difficile trovare qualcuno che creda veramente nella possibilità di dar vita a una società giusta, senza differenze e sperequazioni.
Negli ultimi decenni, orientati a credere ad una società sovrannazionale, il problema delle identità appariva di minore importanza. Non si trattava di non considerare le specificità nazionali, etniche e religiose, ma di dare più importanza agli aspetti positivi di un mondo e di una cultura globali. Cosa poteva esserci di più importante, se l’obiettivo da raggiungere era una società sovranazionale in cui vi fosse davvero l’uguaglianza delle opportunità?
Senza esaminare la visione marxista di una società senza classi (esperimento sociale fallito tragicamente anche se alcuni ci credono ancora), era opinione assai diffusa in Occidente dopo il 1945 che la pace appena conseguita, unitamente allo sviluppo scientifico abbinato a quello tecnologico, avrebbero reso possibile una prosperità economica prima inimmaginabile entro la cornice del libero mercato. In questo modo l’ordinamento liberal-democratico si sarebbe esteso al mondo intero, senza forzature, ma in virtù della forza di persuasione generata dal successo pratico.

Lo sviluppo economico avrebbe reso possibile una democrazia globalizzata in tutte le aree del mondo, anche le più remote, assicurando le stesse opportunità. Questa idea non era solo nelle menti delle Élite, ma anche in molti firmatari della Carta delle Nazioni Unite. 
La situazione, nel frattempo, è molto cambiata. Ci siamo resi conto che tra sviluppo economico e uguaglianza delle opportunità non esiste una connessione meccanica o necessaria. L’assenza di un governo mondiale comporta che gli interessi di tutti non coincidano. Si tratta quindi di capire se Opinion Leader, Accademici, Pensatori o Guide spirituali possano avere un ruolo nel comprendere e guidarci verso una “cultura mondiale”.
Credo che il loro compito principale debba essere quello di attirare l’attenzione sulla necessità di una politica mondiale, in grado di contrastare i privilegi delle oligarchie. Il problema, insomma, non è quello di combattere la società globale, ma di dar vita a una società globale giusta.
Non necessariamente globalizzare significa omogeneizzare a forza o eliminare differenze e identità specifiche. Può voler dire, invece, far nascere una società mondiale in cui il rispetto di differenze e identità diventi normale. Molti pensano che una politica e cultura globale sia in contrapposizione delle identità e differenze locali. Non è così. In una società di quel tipo vale la tesi di John Stuart Mill: ciascuno ottiene ciò cui ha diritto, ma non deve impedire agli altri di ottenere le stesse cose.
Padre Moon, fondatore della UPF sostiene che una buona società è costruita su basi spirituali e morali. In quest’epoca tecnologica e materialistica, egli si unisce a molti leader spirituali contemporanei, avvertendoci che il costante declino della moralità e dei valori spirituali rappresenta una minaccia incombente per la pace sociale. Tra queste fondamenta trascurate ci sono: in primo luogo, la moralità e la virtù che formano le persone in onesti cittadini; in secondo luogo, l'istruzione, in particolare l'educazione del carattere, che può dare ai giovani un senso di scopo e direzione e conferire loro potere per evitare lo stile di vita edonistico del sesso e della droga; e terzo, i valori religiosi. 
Un altro personaggio importante del secolo scorso, Eleanor Roosevelt, si chiede, dopo tutto, dove inizino i diritti universali. In luoghi piccoli, vicini a casa, così vicini e così piccoli che non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Eppure sono il mondo delle singole persone; i quartieri; la scuola o il college; la fabbrica, la fattoria o l'ufficio. Questi sono i luoghi in cui ogni uomo, donna e bambino cerca uguale giustizia, pari opportunità, pari dignità senza discriminazione. A meno che i loro diritti non abbiano un significato, hanno poco significato da nessuna altra parte. Senza una preoccupata azione di ogni singolo cittadino per mantenerli vivi, vicini a casa, cercheremo invano progressi nel mondo più vasto. Quando si smette di dare il proprio contributo, come diceva Eleanor Roosevelt, si inizia a morire.
Cittadinanza, patriottismo, servizio pubblico: queste parole definiscono l'arena della condotta etica oltre il livello della famiglia e degli amici. La società funziona bene quando i suoi cittadini partecipano attivamente, si offrono volontari per i doveri pubblici e si assumono la responsabilità di risolvere i problemi nei loro quartieri e comunità. In particolare in una democrazia, che è il governo "del popolo e per il popolo", un atteggiamento di servizio pubblico è la caratteristica distintiva dei buoni cittadini.
“Se la libertà e l'uguaglianza, come alcuni pensano, si trovano principalmente nella democrazia, saranno raggiunte al meglio quando tutte le persone saranno coinvolte al massimo nel governo della cosa pubblica”. Aristotele
“Non vi è alcun vizio più detestabile dell'avarizia, soprattutto nei grandi uomini e come l'influenza del governo di uno stato”. Cicerone
Adam Smith sosteneva: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio, che ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro interesse verso il proprio interesse. Ci rivolgiamo a noi stessi, non alla loro umanità ma al loro amor proprio, e non parliamo mai loro delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi”.
Il mondo sembra muoversi inesorabilmente verso l'unità, eppure le forze centrifughe minacciano di farla a pezzi. le tendenze verso la globalizzazione nelle comunicazioni, nell'istruzione, nei trasporti e nel commercio legano le nazioni in una rete interdipendente di reciproco vantaggio. Tuttavia, il cammino verso l'unità mondiale non può essere forgiato solo sulla base del commercio. Finché l'agenda mondiale sarà dettata dalle potenze economiche dominanti, ci saranno popolazioni nel mondo in via di sviluppo che sentiranno il colosso della globalizzazione come una minaccia mortale. Popoli orgogliosi con una storia gloriosa cercheranno modi alternativi per affermare il loro orgoglio di luogo - l'aumento dell'islamismo come esempio. Quindi, l'economia non ha la chiave per l'unità mondiale. Quella chiave, quell'elemento centrale, sono i valori spirituali condivisi. 
Certamente, gli insegnamenti religiosi possono essere divisivi. Tuttavia ogni religione contiene insegnamenti che innalzano l'ideale dell'unità del mondo, radicato in Dio che è il genitore di tutta l'umanità. Dio vede tutti gli esseri umani come suoi figli; quindi, il mondo è destinato ad essere una sola famiglia.

Nessun commento:

Posta un commento