Il petrolio potrebbe divenire un promotore della fertilità?
Nella nostra immaginazione la parola petrolio è immediatamente associata al termine “fonte energetica” come pure “materia prima per la produzione di plastica e vari derivati” nonché “fonte di incremento della CO2 e di contaminazione di acqua e suolo in caso di fuoriuscite incontrollate nell’ambiente”.
A cura della Redazione
Abbiamo affrontato l’argomento con Luigi De Ales(1), il quale ha risposto gentilmente alle nostre osservazioni:
Chi si preoccupa per i cambiamenti climatici indotti dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, a causa della combustione del petrolio, dovrebbe considerarlo oggi anche come un mezzo per frenare questo incremento?
Se pensiamo che il mondo vegetale fissa nella propria biomassa ingentissime quantità di CO2 (basti pensare che per produrre 1.000 Kg di biomassa vengono fissati circa 1.400 Kg di CO2 pari a quella presente in 3.660.000 mc di aria cioè in una colonna rettangolare con un’altezza 360 m e con la base di 100 x 100 m ).
L’uso massiccio dei concimi chimici ha causato una preoccupante diminuzione delle fertilità dovuta alla grave perdita di humus che è impossibile recuperare in tempi brevi per la mancanza di adeguate quantità di concimi organici. Questo è uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo di un’agricoltura che soddisfi il fabbisogno di cibo eliminando il problema della fame del mondo.
L’esperienza acquisita in Congo ha dato inizio ad un’intensa attività di ricerca che ha permesso di individuare la tecnica migliore per trasformare il petrolio in concime organico con l’aggiunta di altri materiali considerati rifiuti.
Si è arrivati a produrre 5 tonnellate di concime con una tonnellata di greggio. In queste 5 tonnellate di concime sono fissate almeno 6 tonnellate di anidride carbonica.
Nel mondo fra pascoli, seminativo e coltivazioni permanenti (frutteti, caffè, palmizi, ecc.) si coltivano circa 5 miliardi di ettari, se in teoria potessimo distribuire 10 tonnellate di questo concime per ogni ettaro coltivato oltre a bloccare la perdita di humus si fisserebbero almeno 12 miliardi di tonnellate di CO2. La concimazione organica aumenterebbe la produzione di biomassa che fisserebbe mediamente 1,5 tonnellate all’anno per ettaro di CO2, moltiplicando questo dato per la superficie coltivata (5 miliardi di ettari) avremo un totale di 7,5 miliardi di tonnellate. Aggiungendo i 12 miliardi di tonnellate fissate nel concime vediamo che le tonnellate fissate sono ben 19,5 miliardi di tonnellate.
Le attività umane comportano un aumento nell’atmosfera di circa 15 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Con questo diverso impiego del petrolio si fisserebbe più anidride carbonica di quella che ogni anno produce l’aumento di temperatura.
Sarebbe sufficiente aumentare le produzioni agrarie per unità di superficie e mettere a coltura terreni considerati non fertili per risolvere il problema del surriscaldamento del pianeta.
L’applicazione su larga scala di questa tecnica genererebbe lavoro, ridurrebbe la differenza di reddito fra paesi ricchi e poveri, ridurrebbe il problema della fame e dei conflitti che sono legati alla mancanza di cibo ed alla miseria.
1 Luigi De Ales è l’AD di BEA, Azienda che si occupa di sistemi biologici per la rigenerazione dell’ecosistema.
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