di Giorgio Gasperoni
(Testo rielaborato dall’Iniziativa dell’Educazione del Carattere della Universal Peace Federation)
Il Rapporto tra Religione e Moralità
Le religioni hanno sempre svolto un ruolo significativo come guide morali, istruendo i loro fedeli nei modelli di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Una espressione familiare di questo ruolo si vede nei grandi codici di condotta stabiliti da tante tradizioni religiose storiche, che vanno dai Dieci Comandamenti nelle scritture degli ebrei e dei cristiani ai Cinque Precetti del Buddismo. Il fatto che insegnamenti provenienti da tradizioni profondamente separate contengano così tanti principi simili dimostra una fondamentale corrispondenza nella comprensione della religione.
Prescrivere delle norme di comportamento è solo uno degli aspetti della guida offerta dalla religione. Alla base di qualsiasi regola di condotta c’è un centro e una pietra di paragone, di ragionamento morale. Fondamentalmente le religioni insegnano l’altruismo. Attraverso mezzi che vanno dai racconti religiosi agli esempi di figure di santi, le religioni incoraggiano le persone a mettere gli interessi del prossimo sullo stesso livello dei loro.
La questione dell’esatto rapporto tra religione e moralità sorge in una varietà di contesti - sia antichi che moderni, teorici che pratici. Socrate chiede nell’Eutifro di Platone: “Ciò che è santo è santo perché gli dei lo approvano, oppure loro lo approvano perché è santo?”.
Tommaso D’Aquino sostiene che certi tipi di azioni sono divinamente proibite perché sono sbagliate, anziché il contrario. William di Ockam, d’altro canto, asserì che giusto equivale a “comandato da Dio”.
Negli ultimi secoli, due tendenze hanno sfidato il legame tra la religione e la moralità: la perdita d’importanza della fede e il pluralismo religioso. Uomini di pensiero hanno espresso preoccupazione per l’impatto che il venir meno della fede religiosa ha avuto sulla moralità. Nei casi estremi il risultato è il caos e il nichilismo. Ne I Fratelli Karamazov, un’opera di Fyodor Dostoyevsky, un personaggio dichiara: “Senza Dio, ogni cosa è legittima”. Filosofi come Jean-Paul Sartre e Albert Camus hanno creato una moralità esistenzialistica per quelli che vedono l’universo come estraneo e indifferente. Alcuni umanisti propongono un’etica di eguale riguardo, sostenendo che ogni essere umano ha lo stesso valore e merita la stessa considerazione.
Le preoccupazioni riguardo la base dei valori morali hanno un impatto sulla politica pubblica. Ad esempio, si possono sostenere i valori democratici e le istituzioni senza presupporre l’esistenza di un essere supremo? L’educazione morale nelle scuole pubbliche dovrebbe far riferimento ai credi religiosi o questo verrebbe considerato un indottrinamento?
Il pluralismo religioso nella società presenta delle sfide. Gli stati liberali democratici dipendono da un consenso unanime su certi valori di fondo, rispettando nello stesso tempo l’autonomia dell’individuo. La loro costituzione garantisce il rispetto e la tutela dei diritti umani fondamentali, come la libertà di religione, la libertà di stampa e la libertà di riunione. Entro questo tipo di libertà la stabilità sociale dipende dai cittadini che aderiscono ad alcuni valori supremi. Tuttavia, i governi non possono promulgare leggi sui valori supremi senza abbandonare i principi liberali che garantiscono le libertà fondamentali.
Nessuna democrazia moderna può funzionare senza la base della dignità umana, ma le leggi non possono obbligare le persone a rispettare il valore dei loro simili. Si è generalmente d’accordo che solo un consenso fondamentale sui valori, le norme e le attitudini permette alle persone di vivere insieme in un modo che promuove la dignità.
In che modo la società dovrebbe ispirare i valori, le norme e le attitudini? Nelle società tradizionali e nel corso della storia, gli insegnamenti religiosi a casa, nei luoghi di culto e a scuola, hanno costituito la base per l’educazione morale. La letteratura religiosa, i racconti popolari e una raccolta di opere secolari trasmettono i valori desiderati. Gli insegnanti esortano e guidano i giovani correggendo i loro sbagli e cercando di infondere le buone abitudini. Le motivazioni vanno dalla paura di essere puniti alla guida amorevole attraverso l’esempio.
Uno Studio Analitico: Il Cristianesimo nell’Europa Occidentale
Generalmente le religioni usano una combinazione di metodi per coltivare il comportamento morale. La sfida è trovare un equilibrio tra la guida amorevole e la paura di essere puniti, tra lo stimolare lo sviluppo della capacità morale innata e imporre dei limiti esterni rigorosi. Come esempio dell’equilibrio incostante tra offrire una guida morale attraverso l’esempio personale, l’incoraggiamento e l’amore e imporre delle regole attraverso una rigida disciplina, esamineremo le visioni di pensatori famosi che hanno influenzato lo sviluppo del Cristianesimo in Europa. Molte altre religioni hanno sperimentato tensioni analoghe, a volte mettendo l’accento sull’educazione morale attraverso l’amore e l’incoraggiamento, altre volte insistendo sull’educazione attraverso le regole rigide e la disciplina.
Coltivare la capacità morale innata
Alcuni dei consigli più saggi sull’educazione morale agli inizi della chiesa cristiana si trovano negli scritti di Agostino, Vescovo di Ippona (354 - 430). Nella sua teoria dell’educazione Agostino mise l’accento sulla capacita “innata” delle persone di imparare con l’amore e l’incoraggiamento. Egli consigliava agli insegnanti di iniziare i loro insegnamenti essendo consapevoli della situazione reale di ogni bambino. Per Agostino, l’apprendimento derivava dalla risposta degli studenti alla fiducia dell’insegnante nella loro capacità di rispondere in modo corretto. Agostino presentò un approccio straordinariamente moderno al ragionamento morale nella sua enfasi sulla dinamica soggettiva, l’introspezione e l’induzione. La religione ha sempre svolto un ruolo importante nell’incoraggiare alla riflessione. Molte persone scoprono che la contemplazione, la preghiera e la meditazione sono risorse inestimabili di ringiovanimento ed ispirazione nello sforzo di condurre una vita morale.
Nel Medio Evo, Anselmo di Canterbury (1033?-1109) difese con forza il trattamento gentile dei giovani, opponendosi alle punizioni corporali come metodo per correggere i bambini. L’educazione alla moralità era anche un interesse dei teologi delle grandi università medioevali. Man mano che lo studio teologico divenne sistematico, vennero compilati dei compendi del pensiero cristiano che si occupavano esplicitamente della vita morale.
Secondo il frate Francescano Bonaventura (1217-1274), lo scopo dell’educazione teologica era di rendere le persone sante incoraggiandole ad usare la loro forza di volontà per decidere di scegliere di condurre una vita morale. Bonaventura seguì la tradizione di Agostino mettendo l’accento sul potere di Dio che lavora dentro le persone. Il più grande trattato medioevale sull’educazione morale fu scritto dal teologo domenicano Tommaso d’Aquino (1225 -1274). Il punto fondamentale del suo sistema etico è l’enfasi sulla ragione umana e l’intelletto. Egli affermò che la conoscenza di ciò che è buono deve precedere il fare ciò che è buono. Seguendo la tradizione di Agostino, Tommaso dichiarò che il principio vivente della conoscenza e dell’educazione è nell’allievo. L’insegnante ha un ruolo secondario nell’aiutare lo studente a sviluppare il giudizio, le capacità intellettuali e la comprensione.
Educare la persona nella sua completezza
Con l’intento di sviluppare la totalità della persona, in modo che potesse essere competente in molti aspetti della vita, il Rinascimento ebbe un impatto sull’educazione morale in diversi modi. Gli educatori chiedevano un connubio tra le dichiarazioni della fede e la riscoperta dei Classici sulle potenzialità dell’essere umano. L’ideale del Rinascimento era quello dell’uomo universale - un soldato e un uomo d’azione, un individuo dai molteplici aspetti, nobile nel portamento, cortese nel parlare, conoscitore delle belle arti e fedele suddito della Chiesa.
Mentre il Medio Evo testimoniò poco interesse per l’educazione, il Rinascimento inaugurò un periodo di intensa discussione su tutti gli aspetti dell’educazione, con un interesse per l’educazione morale. I genitori vennero esortati a prestare attenzione alle potenzialità innate dei loro figli e ad educarli a raggiungere la completezza. Venne messo l’accento sull’educazione fisica, letteraria e religiosa.
Desiderio Erasmo da Rotterdam (1466/69 -1536) analizzò gli elementi di un’educazione completa: la pietà cristiana, l’erudizione, la condotta morale e la preparazione alla vita civile. Erasmo fu una delle voci più influenti nella ricerca di un equilibrio tra il cuore e la norma. Erasmo credeva nella capacità innata del bambino di imparare i valori morali. Come tutti gli umanisti, mise fortemente l’accento sull’esempio dei genitori, l’insegnamento morale e religioso diretto e i legami naturali tra gli anziani e i giovani. Si fece promotore di una religione intima e personale che includeva la dipendenza dal Creatore. Erasmo criticò la punizione e la paura come i metodi principali per stimolare il comportamento morale.
Inculcare la paura di una punizione divina
Gli ideali dell’umanesimo rinascimentale continuarono ad influenzare la teoria dell’educazione durante la Riforma Protestante e la reazione della Chiesa Cattolica. Tutti i riformatori fecero dell’educazione un interesse centrale nel loro sforzo di ridare nuova vita alla fede cristiana. Vedevano l’educazione come un modo per correggere gli abusi e la superstizione della chiesa medioevale. Martin Lutero (1483-1546), il monaco tedesco che divenne un riformatore religioso, continuò la tradizione dell’umanesimo rinascimentale insistendo nel promuovere la crescita morale e religiosa attraverso la cultura dei classici. Lutero consigliò di unire la punizione all’ammonizione gentile e agli esempi positivi, ma era fortemente convinto che bisognava cercare di imporre il comportamento morale dall’esterno. Ai bambini venivano insegnati gli ammonimenti delle Scritture sul giudizio di Dio per quelli che vivevano nel peccato, in modo che la paura durasse per tutta la loro vita.
Il contributo principale della Riforma fu la sua enfasi sul rapporto individuale con Dio, senza la necessità di un intermediario. Quando Dio è visto come una fonte d’amore incondizionato, un rapporto personale con Dio è una spinta potente a condurre una vita morale.
Imparare dall’ordine naturale
La tradizione e l’autorità nell’educazione (specialmente la tradizione e l’autorità religiosa) furono rifiutate durante l’Illuminismo, quando gli educatori misero più enfasi sulle capacità naturali dell’individuo.
Il principale critico dell’educazione basata sulla punizione e la paura fu Jean Jacques Rousseau (1712-1778). Nell’Emilio egli propose una “educazione naturale”, basata sullo sviluppo spontaneo delle capacità del bambino. Rousseau asserì che nel corso ordinario della vita, specialmente nel gioco, il bambino impara osservando l’ambiente, rispondendo ad esso e usando le cose in modo spontaneo. Invece di basare l’educazione sull’obbedienza alle persone e ai loro ordini, Rousseau sosteneva l’obbedienza alle cose dell’ordine naturale. Secondo il suo punto di vista, se le persone non sono indotte nel vizio dagli altri, si adatteranno in modo naturale al mondo sociale e di conseguenza alla virtù.
Le idee dell’Illuminismo riformarono l’educazione morale nel ventesimo secolo negli Stati Uniti e in Europa. Negli anni sessanta, gli educatori iniziarono ad adottare una visione “neutrale sui valori”, dichiarando che non avevano nessun diritto di “imporre” il loro sistema di valori agli studenti. Il punto di vista di ognuno doveva essere rispettato, qualunque esso fosse, e gli standard del bene e del male divennero sospetti. Una trentina di anni dopo, il movimento dell’educazione del carattere negli Stati Uniti iniziò a promuovere i valori morali fondamentali che trovano consenso sia tra le persone di religioni diverse che tra i non credenti.
I bambini crescono bene quando gli vengono insegnati i valori morali fondamentali a casa, a scuola e nella loro comunità religiosa. Considerando alcune delle tendenze estreme dell’educazione morale, è saggio cercare un equilibrio tra il cuore e le regole, o tra l’amore e l’obbedienza alle regole. L’educazione morale che mette l’accento sulle regole e la paura di essere puniti, può essere rigida e formale.
Le persone che crescono in questo modo potrebbero essere disciplinate e affidabili ma mancano di sensibilità e di compassione. D’altro canto, l’educazione morale che mette l’accento sull’emozione e la libera scelta a scapito dei principi e degli standard può produrre persone che sono indisciplinate e irresponsabili.
I limiti della visione scientifica
Dopo la Riforma Protestante e le numerose guerre di religione in Europa, le persone si rivolsero sempre più alla scienza e all’umanesimo per ricevere una guida. L’educazione morale perse terreno e la religione diminuì la sua influenza. Per molte persone, una visione scientifica o umanistica sostituì la visione spirituale fornita tradizionalmente dalla religione.
Nonostante la sua attuale influenza, tuttavia, la visione scientifica del mondo offre poco senso di orientamento o di scopo. Ha una capacità limitata di rispondere alle domande più profonde della vita. Questa serie di presentazioni si occupa della ricerca dello scopo della vita. Affronta le domande sul perché siamo qui e su che cos’è la vita. Le persone si sono poste queste domande da tempo immemorabile. Giacobbe, famosa figura dell’Antico Testamento, interroga Dio perché non riesce a comprendere la tragicità della sua situazione personale: “Dove si può trovare la saggezza? E dov’è il luogo della comprensione? L’uomo non conosce la strada per raggiungerlo, e non si trova nella terra dei viventi ”.
Gli scienziati possono avanzare teorie sull’origine della vita e fare supposizioni sulla natura dell’universo, ma queste sono speculazioni impersonali che non ci dicono nulla sulla condizione umana. La scienza può spiegarci come agiscono le forze e come funzionano gli organismi, ma queste sono in gran parte descrizioni, non spiegazioni del significato. Offrono poco per soddisfare lo spirito umano.
Anche se le domande sono eterne, ogni generazione è impaziente di una risposta. Secondo le parole del sociologo Emile Durkheim, “La scienza è frammentaria e incompleta; avanza, ma lentamente e non finisce mai; la vita, invece non può attendere. Perciò le teorie che sono destinate a far vivere e agire gli uomini sono obbligate a superare la scienza e a completarla prematuramente”. Le domande che trascendono lo scopo della scienza rientrano nel campo della religione. La gente sente che ci deve essere un senso nell’esistenza e milioni di persone cercano questo significato nella relazione con un essere assoluto. Per molti questo assoluto è noto col nome di Jahve, Dio o Allah.
Ė un errore pensare che la scienza e la religione si escludono a vicenda o che la pretesa di verità di una disciplina è superiore a quella di un’altra. Trovare un significato nella religione non significa rifiutare la scienza. Alcuni pensano che se uno segue una disciplina scientifica, credere in un Essere Assoluto non è una scelta intellettualmente valida. Nello stesso tempo alcune persone religiose rifiutano le affermazioni scientifiche che ritengono essere in conflitto con la loro fede.
Nel corso della storia, tuttavia, le persone religiose hanno cercato di conciliare la loro fede con le visioni filosofiche e le teorie scientifiche dominanti. Per esempio, i primi pensatori cristiani mostrarono come la filosofia greca era sostenuta e completata dal Cristianesimo. Agostino sviluppò la sua visione sulla base della filosofia di Platone, mentre Tommaso d’Aquino fece la stessa cosa basandosi sulla filosofia di Aristotele. I filosofi e i naturalisti musulmani, come Averroè (Ibn-Rushd) e Avicenna (Ibn Sina), seguirono l’insegnamento di Maometto di “cercare la conoscenza anche se fosse in Cina”. Averroè (1126-1198) fu il più grande filosofo arabo che spiegò il Corano secondo Aristotele. Il sistema medico del filosofo e fisico arabo Avicenna (980-1037) fornì una base per la medicina occidentale. Egli sviluppò una cura per il vaiolo e un anestetico per le operazioni. I risultati di questi studiosi posero i fondamenti per la scienza moderna.
Per tutto il Rinascimento e lo sviluppo dell’umanesimo, la Chiesa celebrò scienziati assieme ad artisti famosi. Membri degli ordini monastici Benedettini, Domenicani, Francescani e Gesuiti guidarono la ricerca nel mondo naturale. Molti dei più eminenti scienziati credevano in Dio, compreso Niccolò Copernico, Giovanni Keplero, Galileo Galilei, Isaac Newton, Charles Darwin e Albert Einstein e non trovavano nessuna contraddizione tra le loro visioni scientifiche e l’adesione ad una fede.
Quando si discute di scienza è utile distinguere gli studi sperimentali dalle loro interpretazioni. Quelli che apprezzano il metodo scientifico riconoscono che la ricerca condotta in modo corretto produce dati oggettivi. Tuttavia, il significato più ampio dei dati può essere espresso o in termini religiosi o in termini laici. Molti dei più grandi scienziati si sono resi conto di questo. Albert Einstein espresse in modo eloquente una visione religiosa: “ La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero. Ė la fonte di ogni vera arte e scienza. Colui al quale questa emozione è estranea, che non sa più fare una pausa per stupirsi e fermarsi, avvolto nello sgomento, è come se fosse morto; la sua mente e i suoi occhi sono chiusi. L’intuizione nel mistero della vita, per quanto accompagnata dalla paura, ha anche dato nascita alla religione. Sapere che ciò che è impenetrabile per noi esiste veramente, manifestandosi come la saggezza più profonda e la bellezza più radiosa che le nostre deboli facoltà possano comprendere…questa conoscenza, questo sentimento è al centro della vera religiosità. In questo senso io appartengo ai ranghi degli uomini devotamente religiosi”.
Il Dott. Moon, fondatore dell’UPF, ha un profondo interesse nel rapporto tra scienza e religione. Ha convocato riunioni di scienziati di fama mondiale per discutere su argomenti riguardanti i valori assoluti. I suoi sforzi sono basati sulla comprensione che religione e scienza sono complementari e si devono informare reciprocamente.
Continua con “Religione e Scienza: Mente e Corpo”
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