Nell’immediato dopoguerra degli attentati, la nostra organizzazione predecessora, la Interreligious and International Federation for World Peace (IIFWP), convocò a New York una conferenza per la pace. Quell’urgenza riunì voci di fede, di governo e della società civile per respingere la cultura del capro espiatorio e seminare i primi semi della guarigione. I nostri fondatori, il Rev. Sun Myung Moon e la Dr.ssa Hak Ja Han, sottolinearono che nessuna religione dovrebbe essere condannata per le azioni di pochi che ne distorcono il messaggio. La fede, insistevano, non è causa di violenza, ma sorgente di compassione e di pace.
In risposta all’ondata di sospetto e incomprensione diretta alle comunità musulmane dopo l’11 settembre, il nostro movimento organizzò una serie di forum internazionali e vertici di pace musulmani in Asia, Medio Oriente ed Europa. Questi appuntamenti riunirono studiosi islamici, leader politici e rappresentanti religiosi per affermare il messaggio fondamentale che l’Islam è una religione di pace. Tra le voci autorevoli vi fu S.E. Abdurrahman Wahid, già Presidente dell’Indonesia, che affermò pubblicamente che la visione interreligiosa dei fondatori «rappresentava un profondo appello alla pace attraverso la religione» e offriva al mondo «un modello di riconciliazione profondamente radicato nella fede».
Tali vertici non si limitarono a decostruire stereotipi, ma avviarono partnership di lungo periodo per l’educazione, il sostegno umanitario e il dialogo interreligioso, contrastando la radicalizzazione con l’inclusione, non con l’isolamento.
La Dr.ssa Hak Ja Han, promotrice di una vita intera della leadership femminile nei processi di pace, invocò una maggiore inclusione di donne e giovani nella costruzione di culture di dialogo e resilienza. La sua visione si radica nell’idea che la famiglia sia la prima scuola della pace. Essa continua a orientare il nostro lavoro nel contrastare l’estremismo alle radici, laddove hanno inizio alienazione e disperazione.
Oggi le istituzioni internazionali affermano che il terrorismo non nasce dalla fede, ma da ingiustizie sistemiche, povertà, marginalizzazione e mancanza di opportunità. Secondo il Global Terrorism Database, dal 2001 a oggi più di 200.000 vite sono state perdute a causa del terrorismo. Le Nazioni Unite, attraverso l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 16 e la Risoluzione dell’Assemblea Generale A/RES/76/18, sollecitano tutti gli attori ad affrontare queste cause alla radice con approcci inclusivi, a livello di tutta la società, fondati sulla giustizia e sulla dignità umana.
Nel corso degli ultimi due decenni, la Universal Peace Federation è rimasta fedele a questo cammino. Attraverso iniziative come la Middle East Peace Initiative, l’Interreligious Association for Peace and Development (IAPD) e programmi di educazione alla pace nelle scuole e nelle comunità, abbiamo sostenuto le vittime del terrorismo e lavorato per prevenire cicli di radicalizzazione. I nostri Ambasciatori per la Pace, attivi in oltre 160 Paesi, continuano a promuovere comprensione reciproca attraverso il dialogo, il servizio e la cooperazione multilaterale.
Rivolgiamo un appello ai leader a ogni livello perché costruiscano ponti prima che scoppi la crisi. Nel segnare questo giorno di memoria, impegniamoci a trasformare il dolore in solidarietà e la tragedia in trasformazione. Come comunità globale unita dai valori dell’umanità e della dignità, avanziamo insieme verso un futuro plasmato non dalla paura, ma dalla speranza che nasce dalla responsabilità condivisa.
Dr. Tageldin Hamad
Presidente, Universal Peace Federation


Nessun commento:
Posta un commento