10 settembre 2025

C’è bisogno di vita, c’è bisogno di te: un appello delle religioni del mondo

Dichiarazione della Universal Peace Federation in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio

Il 10 settembre, Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, la Universal Peace Federation afferma la sacralità della vita e la nostra responsabilità condivisa di camminare accanto a chi soffre. Il suicidio non è solo una tragedia personale; è una ferita inferta alle famiglie, alle comunità e, in ultima analisi, al nostro destino umano condiviso. Oggi ricordiamo coloro che abbiamo perduto e rinnoviamo il nostro impegno a essere custodi di speranza, guarigione e dignità per tutti.

Le religioni del mondo parlano con una sola voce: la vita è un dono divino, da non abbandonare nella disperazione.

Nel Cristianesimo, la vita ci è affidata da Dio, che conosce ciascuna anima per nome. L’apostolo Paolo insegna: «Non sapete che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo…? Voi non appartenete a voi stessi; siete stati comprati a caro prezzo». Il messaggio di Cristo è chiaro: anche la sofferenza più profonda può essere redenta. La disperazione non ha l’ultima parola. La risurrezione sì. La tradizione cristiana chiama i credenti alla perseveranza, alla fede nella prova e alla responsabilità sacra di sostenere i cuori affranti.

Nell’Islam, il Corano ammonisce: «Non uccidetevi, perché Dio è per voi Misericordioso». Nell’Ebraismo, la santità della vita è inviolabile, poiché ogni anima è creata a immagine di Dio. Il Buddhismo insegna che il suicidio interrompe il cammino verso l’illuminazione e invita invece a trasformare la sofferenza in saggezza. Nell’Induismo, la Bhagavad Gita afferma che abbandonare la disperazione e cercare l’unione con il Divino porta pace e liberazione.

Oltre alle tradizioni abramitiche, dharmiche e buddhiste, anche le visioni del mondo dei popoli indigeni affermano l’interconnessione tra vita e spirito. In molte culture, il suicidio è visto non solo come una ferita personale, ma come una lacerazione del tessuto comunitario e ancestrale. Il Sikhismo insegna il principio della Chardi Kala, un ottimismo incrollabile che ispira i credenti a superare la sofferenza attraverso il servizio e la solidarietà. L’etica confuciana sottolinea la pietà filiale e il dovere verso la famiglia e la società, scoraggiando atti che spezzano l’armonia dei legami umani.

Queste prospettive sacre non sono meri enunciati teologici; sono linee di vita. Ricordano che anche nelle tenebre c’è luce. Anche nel dolore c’è uno scopo. Anche nella debolezza c’è speranza.

La Universal Peace Federation promuove da tempo lo studio comparato dei principi morali e spirituali. Il nostro progetto World Scripture, pubblicato in due volumi, raccoglie testi sacri delle principali religioni del mondo per evidenziarne l’impegno condiviso per la dignità umana e la responsabilità morale. Sul tema del suicidio, queste tradizioni parlano con profondo consenso: la vita va preservata, coltivata e protetta—soprattutto nei tempi della sofferenza.

I nostri fondatori, la dr.ssa Hak Ja Han e il compianto rev. dr. Sun Myung Moon, hanno insegnato che il suicidio non è solo la perdita di una vita, ma una frattura dei molti rapporti che ci sostengono—famiglia, amici, antenati, generazioni future e persino Dio. Il rev. Moon ci ricordava: «Anche il cosmo ha bisogno di te. Come puoi pensare di non avere importanza?».

La famiglia deve quindi essere riaffermata come la prima scuola di forza emotiva e di scopo spirituale. È in famiglia che si impara l’amore, si nutre la fede e si sostiene la volontà di vivere. Quando le famiglie vivono gli uni per gli altri, nessun membro resta indietro.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno più di 700.000 persone muoiono per suicidio—una ogni 45 secondi. Dietro ogni numero c’è una storia di dolore non ascoltato e di aiuto arrivato tardi. Eppure le evidenze mostrano che interventi compassionevoli—come conversazioni aperte, educazione alla salute mentale, consulenza spirituale e sostegno comunitario—possono ridurre il rischio. Il messaggio è chiaro: il suicidio è prevenibile e ognuno di noi ha un ruolo da svolgere.

In questo spirito, invitiamo le organizzazioni religiose e della società civile a collaborare con le reti per la prevenzione del suicidio, come l’International Association for Suicide Prevention (IASP), e a promuovere la visibilità di linee di aiuto, centri di crisi e servizi di salute mentale culturalmente competenti. Scuole, istituzioni religiose e governi devono dare priorità a un’educazione che coltivi l’intelligenza emotiva, la resilienza al trauma e la riflessione etica. Che questo giorno sia non solo di memoria, ma anche di azione e di impegno al cambiamento.

Invitiamo governi, educatori, comunità di fede e Ambasciatori per la Pace a investire con decisione nell’educazione al carattere e nello sviluppo morale. Chiamiamo a una cultura della presenza, in cui nessuno soffra senza essere visto e nessun grido d’aiuto resti inascoltato.

Riconosciamo che chi è toccato da pensieri suicidari può anche lottare con isolamento, discriminazione, povertà, lutto o trauma. A ciascuno diciamo: la tua vita ha valore, non per ciò che fai, ma per ciò che sei—un membro unico e insostituibile della famiglia umana. Se ti senti dimenticato, sappi che non lo sei. Se ti senti oltre ogni speranza, la tua storia non è finita. Se dubiti del tuo valore, sappi che sei amato, necessario e infinitamente prezioso. Ovunque tu sia nel tuo cammino, esistono aiuto, guarigione e speranza. Nessuno è oltre la possibilità di rinascita. Nessuno è solo.

Costruiamo un mondo in cui nessuno cammini da solo, in cui ogni vita sia amata e in cui la pace inizi non solo tra le nazioni, ma nell’affermazione della vita che ci sta davanti. Come un’unica famiglia umana sotto Dio, tendiamo la mano a chi è nel dolore e diciamo: Non sei solo. Siamo con te. E la tua vita conta.

Dr. Tageldin Hamad

Presidente, Universal Peace Federation


Nessun commento:

Posta un commento