9 agosto 2025

Mantenere l’imperativo della pace di fronte alla crescente retorica nucleare

2 agosto

Mentre la Universal Peace Federation segna il 50º giorno della sua Campagna di 100 giorni per la Pace, che conduce alla Giornata Internazionale della Pace dell’ONU del 21 settembre, richiamiamo con urgenza l’attenzione sull’escalation delle minacce nucleari. Come ha avvertito il Segretario Generale dell’ONU António Guterres, «l’umanità è sull’orlo del precipizio… è tornato il ricatto nucleare», avvicinandoci alla catastrofe umanitaria. Ispirati dai cofondatori della UPF, la dott.ssa Hak Ja Han e il compianto Rev. Sun Myung Moon, promuoviamo la pace attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e la visione di Un’unica Famiglia sotto Dio.

La Crisi dei Missili di Cuba del 1962, risolta grazie alle comunicazioni tra il presidente Kennedy e il premier Chruščëv, con concessioni reciproche — la rimozione dei missili sovietici da Cuba in cambio dello smantellamento dei missili statunitensi in Turchia — rappresenta una lezione cruciale di coraggio diplomatico. Un simile dialogo rimane la linea di salvezza essenziale dell’umanità in conflitti moderni complicati da disinformazione e proliferazione di molteplici attori.

Le minacce nucleari di oggi non sono più teoriche, ma si manifestano concretamente nella sfera pubblica. I test di missili balistici intercontinentali (ICBM) della Corea del Nord continuano a porre gravi sfide alla stabilità regionale. L’arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran evidenzia ulteriormente l’urgente necessità di un dialogo rinnovato e di solidi meccanismi di garanzia internazionale. Parallelamente, diverse potenze dotate di armi nucleari ricorrono sempre più spesso alla retorica nucleare nel discorso pubblico, trattando la deterrenza strategica non come extrema ratio, ma come strumento ordinario di politica. Questo cambiamento rischia di erodere il tabù nucleare, legittimare la distruzione di massa come opzione di policy e incoraggiare l’imitazione da parte di stati aspiranti al nucleare o di attori non statali.

Le tecnologie emergenti introducono inoltre nuovi pericoli. L’intelligenza artificiale applicata ai sistemi di comando nucleare e la minaccia di cyberattacchi contro le infrastrutture di allarme rapido accrescono il rischio di errori di calcolo e falsi allarmi, minando la logica stessa della deterrenza.

La cornice globale di governance nucleare, in particolare il Trattato di Non-Proliferazione (TNP) e le salvaguardie dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), ha contribuito in modo significativo al contenimento e alla verifica. Eppure, permangono lacune critiche. Il mantenimento di cospicui arsenali da parte di un ristretto numero di nazioni sottolinea l’urgenza di impegni rivitalizzati. In questo contesto, la Universal Peace Federation incoraggia gli stati dotati di armi nucleari a dare seguito con serietà all’agenda per il disarmo.

La spesa militare globale annuale ha superato i 2 trilioni di dollari. Queste risorse potrebbero invece essere destinate a combattere la fame, i cambiamenti climatici e i divari educativi. La continua modernizzazione delle armi nucleari sottrae fondi essenziali all’agenda dello sviluppo globale e indebolisce la sicurezza umana collettiva.

Il Trattato di Bangkok (1995), che ha creato una zona libera dal nucleare nel Sud-est asiatico e ha contribuito ad allentare le tensioni tra gli stati ASEAN, offre un modello praticabile per l’Asia nord-orientale. Tali accordi regionali, se affiancati da forme informali di diplomazia «track-two» tra studiosi, ONG ed ex funzionari, possono favorire la fiducia e ridurre i rischi.

L’esempio del Sudafrica — che sviluppò e poi smantellò volontariamente il proprio arsenale nucleare — dimostra che leadership morale e sicurezza nazionale possono coesistere. Analogamente, il Kazakistan ereditò il quarto arsenale nucleare al mondo dopo il crollo sovietico; scegliendo di rinunciarvi integralmente, è divenuto un convinto sostenitore della non proliferazione.

Il progresso deve scaturire da un multilateralismo rinnovato, da una diplomazia pragmatica e dal principio del vivere per il bene degli altri. Come insegna la dott.ssa Hak Ja Han, «la pace inizia nel cuore, ma deve manifestarsi attraverso azioni fondate sui principi che oltrepassano i confini». Questo principio resta una bussola per quanti cercano la riconciliazione invece della ritorsione.

Attraverso la sua Iniziativa per la Pace nel Nord-est Asiatico (NEAPI), la UPF promuove da tempo una costruzione pragmatica della pace e il principio della fratellanza tra le nazioni. Iniziative culturali congiunte, come la cooperazione olimpica del 2018 tra Corea del Nord e Corea del Sud, costituiscono modelli per un impegno duraturo. Tuttavia, questi progressi sono fragili e vanno consolidati con continuità diplomatica e umanitaria.

L’educazione alla pace rimane fondamentale. Dare ai giovani competenze, etica e comprensione interculturale per rifiutare politiche basate sulla paura è essenziale per trasformare il paradigma nucleare per le generazioni future.

Sul piano morale, le organizzazioni di ispirazione religiosa svolgono un ruolo indispensabile. Nel marzo 2025, durante la conferenza sul Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), oltre 100 gruppi religiosi, tra cui il Consiglio Mondiale delle Chiese, hanno rilasciato una Dichiarazione interreligiosa congiunta, affermando l’imperativo morale di eliminare le armi nucleari in quanto incompatibili con la sacralità della Creazione e la dignità umana. La Universal Peace Federation si unisce a questa voce di coscienza. Come ha esortato il Dr. Sun Myung Moon, la pace non si conquista con la dominazione, ma attraverso il sacrificio reciproco e la comprensione.

Chiediamo pertanto un’azione decisiva: tutti gli stati dotati di armi nucleari, in particolare i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dovrebbero astenersi dalla retorica provocatoria e riaffermare politiche di deterrenza basate sul dialogo, nella trasparenza e nella fiducia.

Impegniamoci per un futuro radicato nell’empatia, nell’inclusione e nella responsabilità condivisa. Le armi nucleari non proteggono la nostra umanità: la minacciano. Solo restando uniti, tra nazioni e fedi diverse, possiamo disinnescare la logica della paura e sostituirla con la forza della cooperazione. Come dimostra la storia, il disarmo non è soltanto possibile: è una scelta che i leader possono compiere oggi per un domani più sicuro. Cittadini, educatori, guide religiose e società civile devono farsi custodi della pace. L’imperativo di porre fine all’era nucleare appartiene a ciascuno di noi.

Dichiarazione emessa nell’ambito della Campagna di 100 giorni per la Pace della UPF, 2 agosto 2025

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