On. Jose De Venecia Jr. *
Delegato Speciale del Presidente per la Cooperazione Economica Asiatico-Pacifica (APEC) e per il dialogo Internazionale, Filippine
Lasciatemi esprimere innanzitutto una parola di ringrazimaneto ai leader del Global Citizen Forum (Forum Globale dei Cittadini), della Universal Peace Federation (Federazione Universale per la Pace, UPF), e della Singapore Indian Chamber of Commerce and Industry (SICCI – Camera del Commercio e dell’Industria Indiano-Singapore) per l’opportunità concessami di condividere il mio pensiero sul tema “One Belt, One Road Alternate Perspectives” (Nuova Via della Seta, ndt) che si sono assunti l’onere di organizzare questa grande iniziativa, alla ricerca di sinergie tra politica, economia e società civile che possano portare pace e sviluppo.
Nel nostro grande continente Asiatico, c’è un crescente senso di comunità tra Buddisti, Cristiani, Hindu, Musulmani (Sunniti e Shiiti), Ebrei, fratelli di altre fedi, e una piccola minoranza di non credenti. In Europa, in America e nel continente Australiano, ci sono prevalentemente comunità Cristiane e gruppi politici di Democratici, Liberali, Conservatori, Atei e Comunisti, mentre in Africa la popolazione è divisa tra Musulmani e Cristiani.
Noi siamo onorati di poter parlare di fronte a questo importante Forum, in quanto sottoscriviamo il principio espresso dal Presidente Xi Jin Ping del ritorno e dell’espansione della Via della Seta – la quale collega Europa, Medio Oriente, Asia e Africa, proprio come lo ha fatto in passato e nella leggenda.
Persino i viaggi di lunga distanza sulla Via della Seta hanno avuto effetti benefici. In particolare le memorie del Veneziano Marco Polo hanno ispirato il Genovese Cristoforo Colombo nella scoperta del Nuovo Mondo. Marco Polo iniziò il suo viaggio via terra, attraversando il deserto Centro Asiatico fino alla Corte di Kublai Khan, dove ci rimase per una dozzina di anni, per poi tornare a Sumatra, nel sud-est dell’India dove ora c’è lo Sri Lanka. Da là, ha attraversato l’Oceano Indiano fino al Mare Nero, raggiungendo Costantinopoli e finalmente Venezia, dopo due anni in mare.
La ricostruzione cinese della Via della Seta
Il valore che ha la Via della Seta – sia attraverso i collegamenti via terra che quelli via mare – è ovvio. Avrà altresì un impatto su tutte le nazioni i cui rappresentanti sono qui riuniti.
Considerate ad esempio come già gli stati centro-asiatici si stiano risvegliando alle possibilità della modernizzazione: arterie della Via della Seta iniziano a collegarli, guardando ad ovest fino a Londra e dirette ad est attraverso ferrovie fino a Pechino, includendo Budapest, Amburgo, Mosca e Varsavia – inoltre, il trasporto merci a 28 città Europee avviene già via mare o aereo.
Nello stesso modo, infrastrutture moderne avvicinano Kunming nel Yunnan con Phnom Penh e Singapore in quello che sta per diventare il “Triangolo della Crescita” del sud-est Asiatico. Inoltre i treni a lunga distanza stanno muovendo enormi quantità di merci tra Asia e Europa.
Esplorazioni e crescita congiunte
Nel 2005, le Filippine, la Cina e il Vietnam si sono spinte fino a coordinnare un’indagine sismica congiunta, nelle aree contestate della catena delle Isole Spratly – al fine di stimare il potenziale dell’area per la ricerca e lo sviluppo di idrocarburi, con esiti promettenti elaborati dagli scienziati delle tre nazioni coinvolte. È ovvio che oggi, come membri della ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico), insieme alla Cina, dobbiamo trovare una via e i mezzi per sviluppare il potenziale di idrocarburi dell’area al fine di alleggerire la nostra comune dipendenza dalle fonti petrolifere del Medio Oriente. È giunto il momento di considerare la fattibilità di esplorazioni e crescita congiunte come valide alternative al conflitto.
Guardiamo al potenziale di pace e di sviluppo economico nel cuore del Mar Cinese Meridionale. Una volta liberato dal conflitto, il paesaggio e la vista marina costituiti da piccoli porti di mare, aeroporti, oleodotti, piccoli distretti turistici e villaggi dediti alla pesca possono rapidamente svilupparsi non appena il conflitto viene trasformato in zona di amicizia, commercio, navigazione e sviluppo, trasformando la zona nel corridoio di passaggio per tutte le spedizioni globali, che vedrebbe transitare più del 50% delle merci trasportate nel mondo via mare.
È l’interazione tra le persone sulla Via della Seta a determinarne il successo, promossa da ufficiali, multimedia, cittadini, costruttori, turisti, mercanti, commercianti, gruppi di professionisti, sportivi, genitori, figli, operai, contadini, insegnanti, studenti, soldati e civili – tutti hanno un ruolo fondamentale e saranno mossi dallo spirito di avventura e partecipazione alla leggenda della Via della Seta e della sua reincarnazione odierna.
Il Revival della Via della Seta è una visione che riflette il cambiamento del centro di gravità dall’ovest all’est, un ribilanciamento il cui tempo è arrivato. Aiuterà le persone e i paesi a legarsi in un futuro comune, a riaccendere lo splendore e la gloria della vecchia e della nuova civiltà Asiatica e sarà il simbolo della crescita del 21° secolo.
Il potenziale globale della terza Via della Seta
Al fine di espandere e rafforzare i collegamenti culturali, geo-economici, commerciali e della libera circolazione delle persone sulla Via della Seta storica, dalle vie percorse dalle carrozze trainate dai cavalli e dai cammelli nel leggendario primo secolo fino alla Via della Seta Marittima del 21° secolo che attraversa il Mar Cinese Meridionale per arrivare prima all’oceano Indiano e poi al Mediterraneo, noi proponiamo lo sviluppo di una terza via, per completare ed estendere l’iniziativa “Belt and Road”.
Dalle provincie del Fujian o Guangdong nel sud della Cina, la terza via potrebbe attraversare il Mar Cinese Meridionale fino a raggiungere le Filippine, la Malesia, l’Indonesia, Singapore, l’isola di Timor Est e proseguire.
Nel nord-ovest delle Filippine, come parte del collegamento marittimo e stradale della Via dell Seta, e sulle rive del Mar Cinese Meridionale, si stanno già implementando agriturismi e industrie petrolchimiche, necessarie nella regione, da parte di gruppi di pionieri cinesi e filippini.
E dalla Repubblica Democratica di Timor Est fino alla Gold Coast australinana, per proseguire fino a Sydney, e poi in Nuova Zelanda, la Nuova Via della Seta potrebbe muoversi attraverso l’Oceano Pacifico ed entrare in America Latina: Cile, Argentina, Brasile, le belle isole dei Caraibi, poi Messico e dritta fino agli Stati Uniti, esattamente come hanno fatto nei vecchi tempi i Galeoni di Manila per 250 anni che arrivavano ad Acapulco in Mexico.
Tutto ciò non è inverosimile: in Sud America ci sono già importanti investimenti cinesi. E ad un certo punto, anche i “Latinos” dovranno commerciare i loro prodotti con il Pacifico e quindi con l’Asia.
Si, la proposta del 21° secolo di una “terza Via”, se tutto va per il verso giusto, ovvero un allargamento della Via della Seta, renderebbe l’iniziativa cinese “Belt and Road” globale e creerebbe un collegamento con 2 continenti in più – l’Australia e l’America Latina – in una nuova circumnavigazione, in un revival dell’Era della Esplorazione, e in un nuovo spirito nell’Età della Globalizzazione.
Opportunità per la pace e la prosperità
C’è da aspettarsi che l’iniziativa “Belt and Road” incoraggi i pensatori strategici a cercare opportunità per joint venture, esplorazioni comuni, commercio e iniziative di pace nelle vaste aree del Centro-Asia, Sud-Asia, Medio-Oriente, Asia Centrale, Europa e Africa. Queste opportunità includono autostrade, ferrovie, aereoporti, porti martittimi, materie prime (gas e petrolio), industrie e quindi la riconnessione di corridoi di terra con le vecchie vie marittime.
L’india e il Giappone, anche se al momento non stanno partecipando attivamente all’iniziativa e ai progetti marittimi cinesi, potrebbero eventualmente integrare il loro proposito di un Corridoio di Sviluppo tra Asia e Africa con una partnership cinese che le colleghi alla “Nuova Via della Seta”, attualmente partecipata da 60 nazioni. Gli Stati Uniti, l’Europa e il resto del mondo dovrebbero applaudire tale progetto e cogliere l’opportunità di una prospettiva di pace globale e prosperità.
Il potenziale per la gestione del conflitto e per il ripristino della pace nello stretto di Senkaku o Diaoyu, le piccole ma potenzialmente esplosive isole del Nord-Pacifico, nella crisi in Kashmir tra India e Pakistan, nei continui problemi nella catena dell’Himalaya tra truppe cinesi e indiane, nelle tensioni pericolose nella Penisola Coreana, tra gli Stati Uniti, il Sud Corea e il Nord Corea (quest’ultima supportata ma anche contenuta dalla Cina), nel conflitto in Nagorno Karabakh tra Armenia, Azerbaigian, nell’eterno conflitto arabo-israeliano e la prospettiva di una soluzione a due stati, è particolarmente sperato dalla comunità internazionale.
Al contempo vediamo gli scontri violenti in Iraq e Siria, l’emergere dell’ISIS e dell’ISIL e il violento sostenitore di un Califfato islamico estremista, ora malconcio in Iraq e Siria ma che muove piccoli gruppi di terroristi in Europa, negli Stati Uniti e nel Sud-Est Asiatico e nelle aree musulmane di Mindanao.
C’è un continuo ed urgente bisogno di sinergie per costruire la pace e creare ponti di amicizia tra i popoli, difficili ma non impossibili tra Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone, India, Pakistan, le due Coree, Israele e Palestina e alcune delle aree dell’Est Europa e certamente coinvolgendo attivamente le Nazioni Unite.
Qui a Singapore, possiamo apprezzare e suggerire le opportunità dell’iniziativa “Belt and Road”, la sua estensione marittima nelle varie regioni come un contributo alla pace e allo sviluppo, alternative al conflitto e alla guerra.
Gli americani, gli indiani, i giapponesi non dovrebbero guardare alla “Nuova Via della Seta” come un progetto esclusivamente cinese, ma come qualcosa che può essere posseduto collettivamente da Asia, Europa, Africa e tutte quelle aree lungo il tragitto.
* On. Jan de Venecia, Jr. è stato incaricato dal Presidente delle Filippine Rodrigo Duerte nel 2017 come Delegato Speciale per la Cooperazione Economica Asiatico-Pacifica (APEC) e per il dialogo Internazionale. E’ altresì co-presidente dell’Associazione Internazionale dei Parlamentari per la Pace (IAPP).
** Il presente articolo è stato ripreso dalla rivista “dialogue & Alliance” della UPF International
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