27 marzo 2014

Asia Meridionale

Un subcontinente in crisi
Da oltre 60 anni afflitta da conflitti politici e religiosi, questa vasta regione presenta uno scenario caratterizzato da forte instabilità, aggravato da molteplici problemi sociali.


di Emilio Asti
Enorme territorio che racchiude popoli, ambienti e climi molto diversi tra loro, l’Asia Meridionale, conosciuta anche come subcontinente indiano, ha visto fiorire grandi civiltà ed è stata la culla di importanti religioni quali l’Induismo e il Buddismo, senza contare credenze minori come il Jainismo e il Sikhismo. Anche la presenza dell’Islam, è notevole e si esprime in una grande quantità di movimenti, alcuni dei quali si sono diffusi in altre parti del mondo islamico.
Divisa politicamente in sette stati, l’India, che comprende la maggior parte della regione, il Pakistan, il Bangladesh, oltre a due nazioni insulari nell’Oceano Indiano, Sri Lanka e Maldive e a due piccoli stati, Nepal e Bhutan, situati nella zona himalayana. Tutti questi paesi, formano parte del SAARC, Associazione delle nazioni dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale, organizzazione economica e politica che prese avvio nel 1985, a cui successivamente aderì l’Afghanistan.
L’Asia Meridionale, i cui governi si trovano ad affrontare molteplici e complessi problemi, senza possedere la capacità e forse neppure la volontà di risolverli, appare come un coacervo di grosse contraddizioni e molteplici paradossi, che rendono difficile un’analisi esauriente di quest’area, su cui spesso si diffondono notizie contraddittorie. Conflitti politici e sociali sono un evento ricorrente nella storia di questa regione, che ospita circa un quarto dell’umanità e la cui popolazione continua a crescere.
Molti abitanti di questa regione, afflitta frequentemente da disastri naturali, sono impegnati in una lotta quotidiana per la sopravvivenza e sono moltissimi i giovani, che costitituiscono la maggioranza della popolazione, per i quali l’emigrazione rappresenta l’unica alternativa ad una vita di stenti e priva di prospettive. Il tasso di analfabetismo rimane tuttora alto ed una cospicua percentuale della popolazione è sottoalimentata. La tragedia dei bambini lavoratori, sfruttati ed alla totale mercé dei padroni assume dimensioni notevoli.
L’attuale crisi dell’Asia Meridionale ha profonde radici storiche.
Al momento della divisione del subcontinente indiano in base a criteri religiosi,  realizzatasi in un contesto di grande violenza, che causò oltre un milione di vittime, l’Asia Meridionale ereditò i confini che vennero tracciati senza tenere in considerazione le divisioni etniche. Svariati problemi lasciati irrisolti dal colonialismo britannico acquisirono una dimensione maggiore col passare degli anni, determinando tensioni e crisi. Ora diverse zone vorrebbero riannodare le relazioni economiche e culturali, bloccate dalla divisione politica.
Per comprendere le dinamiche in gioco in questa regione, è necessario considerare  il conflitto indo-pakistano, che si trascina dal 1947, per il controllo del Kashmir, un’area la cui popolazione è in grande maggioranza musulmana, reclamata da entrambi come parte del proprio territorio. La minaccia di un conflitto tra India e Pakistan, che possiedono armi atomiche, crea allarmi spesso ingiustificati. Diversi fattori hanno impedito sino ad oggi una soluzione della disputa sul Kashmir, il cui territorio è tagliato da una lunga linea di demarcazione militare, lungo la quale le schermaglie tra gli eserciti dei due paesi sono frequenti. Nonostante gli interventi dell’ONU un accordo durevole tra India e Pakistan pare ancora lontano, in quanto la controversia tra i due stati trascende la questione del Kashmir ed investe diversi altri aspetti.
In questo complesso quadro geopolitico non bisogna dimenticare la situazione dell’Afghanistan, il cui governo, che subisce la pressione dei gruppi fondamentalisti, non riesce a mantenere il controllo al di fuori della capitale. I Talebani, che in diverse aree possono contare sul sostegno della popolazione locale, hanno assunto il controllo di varie zone, presentandosi come i difensori della sovranità nazionale di fronte all’intervento delle truppe straniere. L’interferenza di diversi attori regionali rende la situazione afgana ancor più imprevedibile. Il Pakistan, attualmente preoccupato per la crescente presenza economica e militare indiana in questo paese, ha sempre considerato l’Afghanistan come un ”Territorio di profondità strategica” in caso di attacco da parte dell’India, la quale ora cerca di esercitare la propria influenza sul governo di Kabul. Una fonte di tensione tra Afghanistan e Pakistan è rappresentata dalla questione dei Pashtun, l’etnia maggioritaria in Afghanistan, presenti anche in Pakistan, rimasti divisi tra i due paesi da un confine, tracciato durante l’epoca coloniale, di cui i Pashtun non riconoscono la legittimità.
Nell’ambito regionale un ruolo rilevante rivestono i contenziosi territoriali tra India e Cina. Gli accordi confinari stipulati tra l’Impero Britannico e la Cina vennero messi in discussione e già nel 1959 si verificarono scaramucce tra militari indiani e cinesi lungo la linea di confine; tre anni più tardi scoppiarono le ostilità tra i due paesi, fortunatamente limitate ad alcune zone di frontiera e conclusasi poi con un compromesso. India e Cina, che  a quel tempo incarnavano due sistemi politici ed economici molto diversi tra loro, si disputavano l’influenza sui paesi non allineati.
L’appoggio indiano all’indipendenza del Tibet dopo l’invasione cinese, con l’accoglienza in India del Dalai Lama e del governo tibetano in esilio pesa ancora sui rapporti tra i due stati. La Cina, che manifesta preoccupazione per la crescita del potenziale militare indiano, accusa infatti l’India di aiutare il movimento di resistenza tibetano, che si batte per l’indipendenza dalla Cina.
Anche l’appoggio cinese al Pakistan, sulla questione del Kashmir, una piccola porzione del quale venne ceduta dal Pakistan alla Cina, contribuì al deterioramento dei rapporti tra i due giganti asiatici.
Paese dai mille volti, alcuni dei quali difficili da comprendere, l’India, un nome ancor oggi carico di suggestione, conosciuta forse più nei suoi aspetti spirituali ed artistici che non in quelli sociopolitici, per molti versi continua a rimanere una realtà misteriosa, sulla quale si è detto molto, con grande discordanza di opinioni. Comunque la si voglia considerare, l’India, divenuta uno degli interlocutori privilegiati degli USA in Asia, sta assumendo un’importanza sempre crescente sullo scenario internazionale. Le ambizioni egemoniche dell’India, secondo paese al mondo per popolazione, sono incoraggiate dalla sua posizione geografica, oltreché dal suo recente sviluppo economico, e dalla netta superiorità militare nella regione.
Un tempo classificata tra i paesi più poveri del mondo, con la liberalizzazione del proprio sistema economico l’India ha conosciuto un rapido e notevole sviluppo in molti campi, con un settore industriale in forte espansione. Anche la produzione agricola è aumentata considerevolmente, nonostante dipenda dall’andamento dei monsoni, che a volte provocano siccità o alluvioni. L’India, principale produttore cinematografico a livello internazionale, capace di lanciare satelliti nello spazio e di produrre sofisticate apparecchiature elettroniche, ora investe in diversi paesi, ad alcuni dei quali offre anche aiuti economici. Recentemente però la crescita economica, ha subito un rallentamento a motivo delle pesanti costrizioni burocratiche che, nonostante le riforme effettuate, continuano a condizionare la vita del paese.
Un approccio più profondo alla realtà indiana rivela molti aspetti drammatici a lungo ignorati, ma che ora stanno venendo alla luce.
Una parte considerevole della popolazione dell’India rimane ancora esclusa dal benessere, i senzatetto sono parecchi milioni e sono molte le zone che non dispongono di acqua potabile. Numerose sono le zone prive di strutture sanitarie ed educative, dove molte famiglie, oberate dai debiti, sono state costrette a vendere i propri figli. Un’altra piaga è rappresentata dalla prostituzione minorile che, anche negli altri paesi dell’Asia Meridionale, ha assunto proporzioni drammatiche. Purtroppo l’India è anche uno dei luoghi principali di traffici illegali di organi umani e si sospetta che parecchi minori siano stati rapiti ed uccisi per utilizzarne gli organi.
In un quadro sociale di per sé drammatico che in tutta l’India vede l’aumento della criminalità, sono cresciute le violenze contro le donne, già discriminate in tutti gli ambiti.
Sono molte le mogli che vengono uccise o subiscono pesanti maltrattamenti dal marito o dai familiari di lui, a motivo di una dote ritenuta insufficiente. Le autorità spesso si rifiutano di verbalizzare le denunce e solo pochi processi si sono conclusi con una sentenza di condanna per i responsabili di crimini contro le donne; in questi ultimi tempi anche diverse turiste straniere sono state vittime di stupri. Moltissimi gli aborti dei feti di sesso femminile, a motivo della convinzione che la nascita di una figlia rappresenti un dramma economico per la famiglia. Diffuso è anche il fenomeno degli infanticidi femminili. Per molte donne la perdita del marito ancor oggi assume aspetti drammatici, in quanto le vedove, sulla base di credenze arcaiche, sono vittime di pesanti discriminazioni. Può ancora accadere, anche se più raramente che in passato, che una vedova si suicidi sulla pira funebre del marito. A motivo di tradizioni improntate ad un sistema fortemente patriarcale molte ragazze non possono disporre liberamente della propria vita e sono costrette, spesso ancora adolescente, a contrarre matrimoni forzati.
L’uguaglianza di fronte alla legge è solo teorica a causa di un sistema sociale che, basato su antichi valori patriarcali e gerarchici e perpetuatosi sino ad oggi, consolida i privilegi di pochi. Sebbene la costituzione abbia abolito ufficialmente il sistema delle caste, esso sopravvive nella vita quotidiana, alimentato dall’integralismo indù, soprattutto nelle zone rurali, dove larghi strati della popolazione rimangono in una condizione di asservimento.
A questi gravi problema sociali si aggiunge ora un notevole degrado ambientale, che rischia di compromettere il futuro del paese, quarto produttore al mondo di gas serra. L’inquinamento del Gange, il grande fiume considerato sacro, da cui dipende la sopravvivenza di molta parte della popolazione, ha raggiunto livelli elevati. Alcune città indiane, cresciute in maniera sproporzionata, sono tra le più inquinate del mondo, con un’alta percentuale di abitanti, la cui salute è a rischio.
Repubblica federale composta da vari stati molto diversi l’uno dall’altro, con centinaia di lingue e dialetti, l’India che ama definirsi “La più grande democrazia del mondo”, reprime spietatamente i movimenti che in diversi aree lottano per l’indipendenza dal governo centrale. In alcune zone, come nel Jammu & Kashmir, tuttora fortemente militarizzate, operano forze paramilitari, che attuano nell’impunità, calpestando i diritti civili. In queste zone da tempo il governo indiano, accusato più volte di violazione dei diritti umani da Amnesty International, attua una politica repressiva,  esercitando un controllo militare molto severo. Nell’Assam, da parecchi anni teatro di una lotta sanguinosa tra l’esercito indiano e i Naga, una popolazione tribale autoctona che cerca di resistere all’annientamento dei propri valori, gli episodi di violenza sono continui.
Le comunità tribali, divise in vari clan, con una popolazione di parecchi milioni, considerate come un ostacolo sulla via dello sviluppo, subiscono sistematiche violazioni dei loro diritti, che non vengono minimamente riconosciuti e diversi accordi stipulati con il governo non sono mai stati rispettati.
Migliaia di contadini e di pastori, cacciati con violenza dalle proprie terre e vittime di sfratti di massa, hanno ingrossato le fila dei guerriglieri Naxaliti, un gruppo di ispirazione maoista, i quali hanno esteso il loro raggio d’azione e sono arrivati a controllare alcune aree in diversi distretti.
Diversi attentati, attribuiti dalle autorità a gruppi islamici fondamentalisti, in questi ultimi anni hanno scosso l’India. La lotta al terrorismo sembra aver preso il sopravvento su ogni altra istanza, ma i metodi impiegati dal governo, con arresti arbitrari di massa e torture,  si sono rivelati inefficaci.
Un fattore che minaccia la pacifica convivenza tra le diverse comunità religiose è l’estremismo indù. Organizzazioni ultra-nazionaliste indù si sono rese responsabili di violenti attacchi contro cristiani e musulmani.
Nella vita politica indiana il clientelismo e il nepotismo sono profondamente radicati e tutti i gruppi politici, ognuno dei quali ha una particolare clientela di casta, obbediscono a questa logica. Chiuse nei loro giochi di potere le formazioni politiche tradizionali, divise tra loro da forti rivalità che spesso sfociano in scissioni e in scontri violenti, paiono incapaci di interpretare correttamente i bisogni della popolazione.
Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale prevista per la prossima primavera, che vedrà fronteggiarsi il Partito del Congresso e il Bharata Janata Party, partito che rappresenta il fondamentalismo indù, in tutto il paese serpeggia una forte inquietudine. Queste elezioni, considerate da tutti molto importanti, potrebbero portare alla sconfitta del Partito del Congresso, formazione politica rimasta al potere quasi ininterrottamente fin dall’indipendenza.
Secondo grande stato dell’Asia Meridionale, il Pakistan, divenuto un alleato importante degli USA dopo l’11 Settembre, appare dilaniato da forti tensioni e in preda ad una grave crisi economica.
Le vicende politiche di questo paese, nato come stato confessionale, che al momento della sua formazione era il paese islamico più popoloso, hanno visto colpi di stato alternarsi a periodi democratici.
Diverse zone, sulle quali il governo centrale non è in grado di imporre la propria autorità, sono divenute terra di contesa tra militanti islamici, frammentati in vari gruppi, e truppe governative e teatro di traffici illeciti, con faide che provocano un continuo stillicidio di vittime.
Sono poche e contraddittorie le notizie che giungono da queste aree dove , in nome della lotta al terrorismo, sono state condotte ripetutamente operazioni militari, che hanno provocato l’esodo di molte persone, tra cui parecchie famiglie, causando un gran numero di vittime tra la popolazione civile. La tensione tra Sunniti e Sciiti, che sfocia spesso in scontri violenti, rappresenta un altro fattore di instabilità.
Particolarmente critica rimane la situazione del Belucistan, la provincia pakistana più estesa, ma anche la più povera, nonostante le ricche risorse di gas naturale. Le aspirazioni dei Beluci per una maggior autonomia e per il controllo delle proprie risorse, sono sempre state represse.
Area importante per la sua posizione strategica, il Belucistan, ha una lunga storia di opposizione al potere centrale e molti giovani, accusati di far parte di movimenti separatisti, sono stati rapiti ed uccisi dalle forze di sicurezza pakistane. La capitale Quetta, non lontana dal confine afgano, è stata teatro di frequenti attentati, che hanno fatto registrare molte vittime.
Benché suddivisi tra Pakistan, Iran e Afghanistan i Beluci si sentono parte di un’unica nazione e lottano per ottenere il riconoscimento internazionale della loro identità.
Anche lo stato più giovane della regione, il Bangladesh, formatosi nel 1971 da una scissione del Pakistan, di cui costituiva la parte orientale, ha avuto una vita politica tumultuosa, sempre in bilico tra autoritarismo e democrazia. In questo paese, quasi interamente circondato dall’India e densamente popolato, le periodiche inondazioni hanno aggravato le condizioni già estremamente precarie della popolazione.
Sebbene aspirino a ricavarsi un ruolo maggiore nello scacchiere internazionale, i rimanenti stati dell’Asia Meridionale si trovano a dover subire la supremazia  dell’India, il rapporto con la quale si rivela spesso problematico.
Dietro l’immagine di paradiso turistico di paesi come lo Sri Lanka, che soffre tuttora le conseguenze di un lungo conflitto tra le forze governative e i guerriglieri Tamil, e le Maldive, la più piccola nazione musulmana, tuttora governata da un regime autoritario, si nasconde una realtà drammatica.
Piccoli stati situati tra l’India e la Cina e privi di sbocchi al mare, il Nepal, in alcune zone del quale la guerriglia maoista tiene impegnato l’esercito, e il Bhutan, paese poco conosciuto per lunghi anni chiuso al turismo, rimangono ai margini della vita politica ed economica dell’Asia.
È difficile dire quale direzione stia prendendo l’Asia Meridionale, le cui enorme potenzialità fino ad oggi sono state sfruttate male e sprecate. Non si può però ignorare che hanno preso avvio nuovi percorsi di crescita ed iniziative volte ad una progressiva integrazione tra i paesi della regione,
Occorre che i vari governi inizino ad intraprendere un vasto programma di riforme che possano contribuire ad elevare il livello di vita della popolazione e a risolvere pacificamente i gravi problemi sociali e i conflitti in atto. Qualsiasi scelta decidano di compiere, essa influirà sicuramente sul nostro futuro nei prossimi anni.

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