Quando le realtà emergenti diventano più influenti di quelle stabilite, l’imprevedibilità domina e si genera un temporaneo caos nel quale tutto diventa possibile
di Giuseppe Calì
Sembra proprio che qualcosa stia cambiando nel mondo. Non c’è dubbio che gli eventi recenti, dalle elezioni di Barak Obama, alla crisi economico-finanziaria, dimostrino che questo in cui viviamo sia un tempo senza precedenti, una transizione di proporzioni macroscopiche destinata a cambiare per sempre l’assetto ed i metodi che, fino ad ora, hanno regolato la società contemporanea. Per quanto i sistemi di governo tendano sempre a resistere a cambiamenti drastici e radicali, cercando di variare il meno possibile le cose in nome della stabilità, sarà la forza stessa degli avvenimenti ad operare una svolta netta. Non credo che ci sia scelta a tale proposito e che quindi, piuttosto che farci sovrastare dallo “tsunami” della globalizzazione, dovremmo iniziare ad identificare principi cardine e strategie possibili per controllare e guidare l’evoluzione delle cose. Dalle nostre scelte odierne dipenderà la qualità del nuovo ordine planetario.
Per prendere ad esempio l’evento che ha suscitato più interesse ultimamente, vorrei dire qualcosa sulle elezione del nuovo presidente americano. Considerazioni politico-sociali, a tal proposito, ne abbiamo sentite molte in questi giorni. Penso comunque che, essendo la maggior parte di esse sensazionalistiche e dettate dall’emozione del momento, alla prova dei fatti saranno smentite o fortemente ridimensionate. Le cose, come sempre, andranno molto diversamente da come previsto, pessimisticamente o ottimisticamente che sia a seconda del consueto gioco delle parti politiche.
Una cosa mi sembra certa: gli americani, che sono stati fino ad ora precursori di fenomeni che avrebbero poi coinvolto gli altri popoli, hanno espresso, più che una volontà politica, una volontà morale. Credo sia possibile intravedere persino un cambiamento nella concezione della politica stessa. O forse più che di cambiamento dovrei parlare di un ritorno alla concezione originale della politica, quella dei filosofi greci, quella di Kant, di Gandhi, di Confucio, nella quale l’azione politica non era mai separata dalle radici etiche dell’esistenza umana.
Cito ad esempio Socrate: “La politica, cioè l'agire pubblico, dovrebbe essere al servizio di valori morali comprovati filosoficamente, sforzandosi giorno per giorno di tradurli in realtà” o anche Kant: “Lo scopo della politica è lo stabilimento della libertà e della felicità del pubblico. Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. L'uomo non è una cosa, quindi non è un oggetto impiegabile semplicemente come mezzo, perché in tutte le sue azioni deve essere sempre considerato come un fine in sé stesso… Tutte le azioni relative al diritto di altri uomini, la cui massima non è compatibile con l'essere pubblico, sono ingiuste“.
Si esce proprio dalla concezione della politica utilitaristica e miope che serve soltanto a risolvere i problemi immediati o a favorire uno sviluppo parziale e limitato ad alcune categorie o paesi, per entrare in una visione più generale basata sul sogno di pace e prosperità comune a cui tutta l’umanità oggi tende.
Unico limite, da sempre, alla realizzazione di questo sogno siamo noi stessi, con i nostri egoismi, la nostra avidità e le nostre miopie politiche che ci fanno cercare vantaggi immediati che finiscono poi per ritorcersi, in tempi sempre più brevi, contro noi stessi. La crisi economico-finanziaria ne è un esempio lampante. Il tipo di economia che aveva prodotto benessere, anche se soltanto in una parte del mondo, poteva in qualche modo funzionare finché era possibile controllare fortemente i mercati ed indirizzare i flussi di denaro e risorse con molta precisione ed equilibrismo, da parte di chi per elezione o per “vocazione” tirava le fila del gioco. Oggi tutto questo non è più possibile a nessuno, stato, ente o potente che sia. Quando le realtà emergenti diventano più influenti di quelle stabilite, l’imprevedibilità domina e si genera un temporaneo caos nel quale tutto diventa possibile. D’altra parte anche l’universo è nato dal caos e questo sembra proprio un modello assoluto che precede la nascita di ogni nuova entità.
È possibile comunque prevedere gli eventi o perlomeno intravedere i possibili percorsi che gli eventi generano, evitando i soliti catastrofismi politico-sociali?
Il rev. Moon nel 1985, in una conferenza tenutasi a Ginevra dal titolo “La fine del comunismo”, proclamò la fine prossima di un sistema di potere che allora molti ancora davano per vincente e destinato a dominare la scena politica mondiale. Da dove trasse questa informazione, in realtà data da lui in un discorso pubblico per la prima volta nel 1976? Nemmeno la CIA americana poteva vantarsi di tale certezza, anche per le evidenti difficoltà nelle quali la guerra fredda l’aveva fatta sprofondare e di numerosi errori di valutazione che oggi ben conosciamo. D’altra parte non fu l’unico tra le figure spirituali a profetizzare l’evento. Ricordo la famosa profezia di Fatima, secondo la quale il comunismo sarebbe caduto il momento in cui il Papa avesse dedicato la Russia alla Madonna, cosa che Giovanni Paolo II ebbe il coraggio di fare, a differenza dei suoi predecessori.
L’argomento delle profezie è complesso, ma non è certamente da sottovalutare o ridicolizzare, come spesso si fa per ignoranza. Cercare di spiegare questo fenomeno in questa sede sarebbe perlomeno azzardato, ma la cosa che si può dire è che deve esistere un filo conduttore del percorso storico a cui alcuni hanno la possibilità ad accedere.
Io credo nel potere dei simboli e delle azioni di forte valore simbolico. Agiscono nell’animo umano e generano onde di energia che muovono la storia. Leggere l’attualità può voler dire quindi identificarne la valenza simbolica e codificarne i termini. Le Cause di qualsiasi fatto, piccolo o grande, personale, sociale o storico sono principalmente invisibili. C’è un Principio che governa la dimensione invisibile della vita e della storia. Il nostro approccio interiore alla vita, che genera le nostre scelte, è il più importante fattore nel nostro destino. Eraclito diceva: “Carattere è Destino!”.
Ritornando a Barak Obama, egli è sicuramente di fronte ad una grande sfida e, nello stesso tempo, ad una grandissima opportunità di cambiamento. Tutti ne sono coscienti, tanto che la frase “we can change”, “noi possiamo cambiare”, è diventata un motto per il mondo intero. Allora perché scegliere collaboratori che lo legano a logiche di partito ed alle solite convenienze politiche? Dove è il nuovo? Se potessi parlare direttamente con lui, questa è la domanda che gli farei, per il suo bene e per il bene del mondo intero.
In definitiva, il rischio è sempre lo stesso. Per quanto le cose possano indirizzarsi in senso positivo soprattutto grazie ad un Genitore benevolo che perdona sempre e crea i presupposti migliori per la nostra felicità, noi uomini siamo comunque responsabili delle conseguenze delle nostre scelte. Cogliere il senso vero degli eventi e delle possibilità, sta a noi e soltanto a noi. Noi possiamo “cogliere l’attimo”, ascoltando la nostra coscienza e seguendo i nostri ideali migliori, o “perdere il treno della storia in un attimo”, seguendo le solite logiche egoistiche che non fanno altro che prolungare le iniquità e le sofferenze della famiglia umana. Ecco perché concludo con Arnold Toybee: “Più grande è il nostro potere materiale, più grande è il nostro bisogno di ispirazione spirituale e di valori”. Credo che sia proprio di questo che i governanti di oggi abbiano bisogno più di ogni altra cosa.
Si, gli americani hanno espresso una volontà più morale che politica; è un segno che può essere replicato, in modi diversi ovunque, nel collettivo e nel privato.
RispondiEliminaIn genarle,quello che a me colpisce è che con tutti i mezzi che l'umanità ha accumulato, culturali, tecnolighe, esperenziali di ogni tipo, ci troviamo ancora al punto che debbano prevalere i comportamenti direi 'lunatici'; manca una ispirazione collettiva in grado di coordinare gli sforzi positivi e così assistiamo al prevalere di caos, nel senso deteriore del termine. Ci manca una vera maturità, in grado di farci sentire responsabili di ogni nostra azione, una vera curiosità in grado di svelare i misteri che avvolgono la storia interiore dell'umanità, da cui poi scaturiscono gli avvenimenti. La storia è come un film senza regista, una partita di calcio senza arbitro; così i furbi si sentono autorizzati a fare del loro meglio...ed arriviamo alla crisi.. .Manca qulacosa che ci faccia sentire di appartenere ad una unica collettività, transculturale, transtemporale e transapaziale.Nascerà da qualche parte una tale forza, non nascosta o riservata a pochi, ma collettiva, in grado di coinvolgere tutti, come in un tifo per la propria squadra ai mondiali, in grado di accendere quegli entusiasmi necessari per un vero cambiamento, dove le utopie, non rimangono più confinate nelle menti di alcuni e vengano collaudate dai fatti nel divenire privato e collettivo?
La sofferenza che l'umanità ha subito e subisce fino ad ora e che continuetrà a subire, dovrebbe dare la spinta almeno ad alcuni ad iniziare o completare quella rivulzione che poi non è mai avvenuta.
un saluto