31 dicembre 2017

L’ALBANIA OGGI. UN PAESE ALLA RICERCA DEL PROPRIO RUOLO

Dopo una lunga e rigida dittatura che l’ha tenuta isolata dal resto del mondo per quasi 50 anni, seguita da un periodo turbolento, l’Albania pare ora avviarsi verso la stabilità, favorita anche dalla pacifica convivenza tra le diverse religioni

di Emilio Asti
Geograficamente molto vicina all’Italia, ma ancora in parte sconosciuta, l’Albania, unico paese dell’Europa a maggioranza islamica, rimane forse la nazione europea più enigmatica, alla quale spesso si guarda con una certa curiosità mista a pregiudizi. Tra i popoli balcanici gli albanesi, discendenti degli antichi Illiri, appaiono quelli che hanno conservato più a lungo parecchi aspetti arcaici, altrove scomparsi. Anche la lingua, divisa in due varietà dialettali, il Ghego a nord e il Tosco a sud, appartenente alla famiglia linguistica illirica, di cui rappresenterebbe l’unica sopravvivenza, conserva numerosi tratti antichi ed il suo lessico contiene molti prestiti latini, greci, slavi e turchi.

I molti reperti archeologici rinvenuti nel territorio dell’odierna Albania testimoniano le varie civiltà che si sono succedute in questa zona, il cui popolamento ebbe inizio in epoche remote. 
Nonostante le ridotte dimensioni territoriali l’Albania, chiamata “Paese delle Aquile”, un’aquila bicipite su sfondo rosso è infatti raffigurata sulla sua bandiera, racchiude una gran varietà di paesaggi che la rendono una meta turistica molto attrattiva, ancor poco nota, che esercita un fascino particolare sui visitatori.
Non si può comprendere l’attuale realtà di questo paese se non si tiene conto della sua lunga storia nel corso della quale si è visto spesso negare il diritto all’indipendenza, storia piena di sofferenze, ma anche di valorosi tentativi di difendere la propria libertà, che hanno contribuito a formare il carattere della sua gente, la quale è riuscita a conservare la propria identità. Emblematica appare la figura di Giorgio Castriota Skanderber, l’eroe nazionale vissuto nel XV secolo, che lottò valorosamente contro i turchi per la libertà del suo popolo e le cui straordinarie imprese militari sono entrate nella leggenda. Tra le tante dolorose vicende sofferte dal popolo albanese vi fu anche l’occupazione italiana, che ebbe luogo dal 1939 al 1943, con l’instaurazione da parte del regime fascista del Protettorato Italiano del Regno d’Albania e l’invio di molti coloni.

Il periodo forse più tragico della storia albanese ebbe inizio alla fine del 1944, quando si instaurò un regime comunista capeggiato da Enver Hoxha, che fece dell’Albania, tagliata fuori dal mondo ed impermeabile alle influenze straniere, il paese più povero ed isolato d’Europa; nel timore di un attacco straniero Hoxha fece costruire in tutto il paese decine di migliaia di bunker in cemento, tuttora visibili. I rapporti internazionali erano ridotti al minimo e per la quasi totalità degli albanesi il resto del mondo era sconosciuto. Hoxha, grande ammiratore di Stalin, in seguito alla critica della politica stalinista da parte del governo sovietico, accusò l’URSS di revisionismo. Dopo il distacco dall’URSS, l’Albania forgiò uno stretto legame con la Cina dalla quale, in seguito all’apertura all’Occidente del governo di Pechino prese poi le distanze, presentandosi come l’unica depositaria dell’autentica dottrina marxista-leninista. 
Nel 1967 lo Stato fu dichiarato ufficialmente ateo e la pratica di qualsiasi religione era considerata un crimine; tutti i luoghi di culto, moschee, chiese e monasteri, vennero distrutti o adibiti ad uso profano, ma clandestinamente la religione riuscì a sopravvivere. Vennero inoltre abbattuti edifici e monumenti che contrastavano con i rigidi schemi ideologici del regime. L’Albania fu anche terra di molti martiri, cristiani e musulmani, vittime della brutale repressione antireligiosa, dei quali però quasi nulla si conosce all’estero. La tragica esperienza albanese è un chiaro esempio che dimostra che la persecuzione dei credenti e la totale distruzione dei luoghi di culto non possono eliminare Dio dal cuore dell’uomo.

Dopo la fine della lunga dittatura nel 1990, l’Albania si è trovata a fronteggiare enormi difficoltà. In quel momento conobbe un’emigrazione di massa verso l’Italia, vista come una terra promessa; tantissimi giovani, spinti dalla disperazione, fuggivano da un paese ridotto in miseria e che non pareva offrire nessuna prospettiva. Le trasmissioni televisive italiane avevano fatto sognare molti ragazzi albanesi, i quali poi si sono trovati a fare i conti con una realtà ben diversa da quella che avevano immaginato. Il film “Lamerica”, prodotto nel 1994, descriveva molto bene la drammatica situazione dell’Albania in quel tempo.
La transizione da un sistema collettivista ad un’economia di mercato ha comportato parecchi gravi problemi. Si sono venute a creare forti disparità sociali e sono esplose diverse crisi interne; scossa da scandali politici e finanziari e da parecchi tumulti, l’Albania ha vissuto diversi anni di forte instabilità politica, con frequenti scoppi di violenza. Nel 1997 in seguito ad una gravissima crisi economica il paese venne sconvolto dalla violenza e solo l’intervento di una Forza Multinazionale, guidata dall’Italia, impedì una guerra civile.

Dopo una lunga trafila, all’Albania, già precedentemente ammessa nel Consiglio d’Europa, è stato concesso nel 2014 lo status di paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, l’entrata nella quale però si prospetta ancora lunga. Benché la UE per diverse ragioni abbia perso credibilità, essa rimane per molti albanesi un punto di riferimento fondamentale.
Un grave problema è rappresentato dal traffico di armi e droga che ha assunto proporzioni notevoli; la coltivazione della marijuana ha conosciuto un’ampia diffusione e molti campano su questa attività. Alcune zone del paese, tormentato da lotte di clan criminali connessi con le mafie internazionali, spesso in combutta con esponenti del governo, sono divenute crocevia di traffici illeciti, che le autorità fanno fatica a reprimere. La UE ha chiesto al governo albanese di incrementare gli sforzi volti a combattere il crimine organizzato e la corruzione. Passi importanti in questa direzione sono stati già fatti, ma altri ancora devono essere compiuti.
Fino a pochi anni addietro in preda a gravi crisi, il paese pare ora abbastanza maturo per avanzare sulla strada dello sviluppo democratico, anche se permangono diversi nodi da sciogliere. Le elezioni dello scorso Giugno svoltesi grazie all’accordo raggiunto tra tutti i partiti, ritenute importanti nel processo di avvicinamento alla UE, svoltesi in un clima abbastanza disteso, ma con una bassa affluenza alle urne, hanno visto prevalere il Partito Socialista guidato da Edi Rama, europeista convinto. Ilir Meta, settimo presidente della repubblica, eletto dal parlamento il 28 Aprile ed insediatosi a Luglio, che aveva già ricoperto importanti cariche politiche, distinguendosi per il suo impegno a favore di una maggior cooperazione tra i paesi balcanici, che gli valse diversi riconoscimenti internazionali, nel discorso d’insediamento ha proclamato la volontà di incrementare la lotta contro la criminalità e la corruzione, nel rispetto della legalità, in modo da rafforzare il sistema democratico. 
L’odierna Albania pare voler recuperare il tempo perduto, senza però rinunciare alla propria identità. Con un traffico animato, nuovi locali e negozi moderni, Tirana, capitale della nazione, riflette la volontà di ripresa di un popolo che crede in se stesso e nelle proprie capacità e guarda con speranza al futuro, su cui però gravano ancora diverse incognite. 
Tra le nazioni europee l’Albania è forse quella più orgogliosa delle proprie tradizioni ed ancor oggi rimane custode di valori, quali la fedeltà alla parola data e il rispetto per i genitori e gli anziani, profondamente radicati e coltivati a lungo. Ciò che forse la differenzia maggiormente dagli altri paesi europei, è il forte senso di fierezza della sua popolazione, accompagnato da un modo di vita estremamente semplice, ma ricco sotto l’aspetto affettivo. Particolarmente sentito è il dovere dell’ospitalità che tuttora si manifesta mostrando all’ospite il massimo rispetto, accompagnato da gesti di sincero affetto nei suoi confronti. Da lungo tempo abituati a superare molteplici difficoltà, gli albanesi, pazienti e tenaci, cercano di conciliare le esigenze moderne con i valori ancestrali, da cui traggono forza sia nei momenti gioiosi sia in quelli di dolore. 
Da alcuni anni il paese sta attraversando una crisi d’identità, causata dalla diffusione, specialmente tra i più giovani, di mode e tendenze moderne, che, come in altre parti del mondo, entrano in conflitto con le tradizioni e tendono a cancellare diversi aspetti del passato. 
Il modello economico dominante nel mondo viene sovente messo in discussione in nome di uno sviluppo tendente a privilegiare i valori umani e la protezione dell’ambiente naturale, in modo da garantire uguali opportunità per tutti e migliori condizioni di vita.
Situata in una regione già sconvolta da un lungo e sanguinoso conflitto e non ancora del tutto pacificata, l’Albania, che fa parte della NATO, rappresenta una zona vitale nell’area balcanica ed un importante polo d’interesse geopolitico. I rapporti con i paesi confinanti, nonostante i numerosi scambi e le reciproche influenze nel corso del tempo, sono sempre stati problematici ed ancor oggi sussistono questioni non risolte e ferite ancora aperte a motivo del trattamento delle minoranze albanesi stanziate nei territori limitrofi.
Qualsiasi discorso sull’Albania, anche breve, sarebbe incompleto senza menzionare il Kosovo, regione che, abitata in gran maggioranza da albanesi, era una provincia autonoma della Iugoslavia; il governo di Belgrado, dopo la morte di Tito, portò avanti una politica repressiva compiendo gravi soprusi nei confronti della popolazione albanese di quella zona, che poi divenne teatro di una guerra cruenta, accompagnata da massacri di civili da parte delle forze serbe e solo l’intervento militare della NATO ha permesso la fine del conflitto. Alcuni anni dopo gli accordi stipulati la situazione del Kosovo, che nel 2008 ha dichiarato l’indipendenza, rimane precaria e rappresenta una fonte di continue tensioni fra la Serbia, che non ne riconosce l’indipendenza e l’Albania, che invece l’aveva sostenuta.
Non bisogna dimenticare la situazione degli albanesi residenti in Macedonia, che, secondo alcune stime, rappresenterebbero circa un terzo della popolazione di quello Stato; questa minoranza aveva ripetutamente avanzato richieste di autonomia, dando vita nel 2001 a una sollevazione armata. 
Anche i rapporti con la Grecia hanno attraversato momenti difficili a causa dei contrasti alimentati dalle rivendicazioni della minoranza greca in Albania, il cui trattamento fu oggetto di una controversia tra i governi dei due paesi. Occorre inoltre considerare che molti albanesi emigrati in Grecia, spesso accusati di attività illecite, continuano a subire parecchie discriminazioni. 
Al momento della nascita dell’Albania come Stato nel 1912, circa metà delle terre abitate da albanesi rimasero fuori dalle frontiere del nuovo Stato. Dal momento che in tutta l’area balcanica vivono molte persone appartenenti all’etnia albanese alcuni nazionalisti vagheggiano la creazione di una grande Albania, che, oltre all’attuale, includerebbe il Kosovo, una porzione della Macedonia, oltre a lembi di Montenegro e Grecia, abitati da albanesi, che cercano, spesso in condizioni avverse, di salvaguardare la propria identità. 
Anche in Italia sono presenti diverse comunità albanesi, chiamate arbërësh, discendenti da quei nuclei di popolazione albanese che, spinti verso Occidente dall’espansione turca, tra il XV e il XVI secolo, a varie riprese, abbandonarono la regione balcanica trovando accoglienza in diverse parti dell’Italia meridionale, dove hanno mantenuto le usanze tradizionali. 
Una nuova generazione di scrittori ed artisti, con gli occhi rivolti al futuro, s’impegna ora a far conoscere le tradizioni nazionali, dimostrando notevole talento. 
Un elemento importante da considerare è che per gli albanesi l’identità religiosa ha sempre avuto scarsa importanza, in quanto l’appartenenza religiosa è sempre stata secondaria rispetto a quella nazionale e non è mai stata causa di conflitti. Come scrisse il famoso poeta ed intellettuale albanese del secolo XIX Pashko Vasa: “Non guardate a chiese e moschee. La fede degli albanesi è essere albanese”.
Per quattro secoli l’Albania ha formato parte dell’Impero Ottomano, ma sin dall’inizio l’Islam si è adattato bene alla realtà locale. Praticato in maniera aperta e compatibile con la modernità, l’Islam albanese, professato da circa il 70% della popolazione, appare estraneo all’inimicizia tra Sunniti e Sciiti e ha sempre condannato il fondamentalismo, predicando il rispetto per le altre fedi e l’amore per la cultura nei suoi vari aspetti. Assai popolare in Albania è la confraternita dei Bektashi, la cui origine risale al XIV secolo, affine al Sufismo. In questo clima l’ideologia fondamentalista attecchisce poco, i giovani albanesi che si sono uniti all’ISIS hanno compiuto questa scelta più per ragioni economiche che per convinzioni religiose. In questo piccolo paese balcanico, caratterizzato sempre da pluralismo religioso e propenso al sincretismo, la religione viene vissuta senza dogmatismo ed i matrimoni interreligiosi sono molto diffusi. Tuttora musulmani, ortodossi e cattolici vivono in pace tra loro e gli uni partecipano alle feste degli altri. Un esempio eloquente è rappresentato dal santuario di S. Antonio di Padova, situato a Laç, nel nord dell’Albania, testimone di una lunga storia di devozione popolare ed ancor oggi meta di incessanti pellegrinaggi di cattolici, ortodossi ed anche musulmani, che vi si recano a pregare con profonda fede.
L’articolo 3 della costituzione promulgata nel 1998 pone la coesistenza religiosa tra i principi fondanti dello Stato e nessun partito politico si richiama alla religione. La festa dell’indipendenza nazionale viene celebrata solennemente da tutti gli albanesi, indipendentemente dal loro credo religioso o politico. Qualsiasi fede professino, gli albanesi, uniti dalla coscienza di appartenere ad una nazione con un comune destino storico e decisi a risollevarsi da una condizione di miseria ed isolamento, non attribuiscono importanza all’appartenenza religiosa.
In questo contesto la religione viene intesa come sinonimo di relazione fraterna con il prossimo e di una vita condotta con onestà e col desiderio di contribuire al bene comune, accompagnato dallo sforzo di migliorarsi continuamente. Madre Teresa di Calcutta, che era di origine albanese, ed alla quale è stata dedicata una piazza a Tirana, riveste grande importanza agli occhi di tutti gli albanesi, per i quali rappresenta un luminoso esempio da imitare.
Parecchi esponenti religiosi musulmani e cristiani, convinti che la concordia tra le religioni sia indispensabile per lo sviluppo del paese, sono ferventi promotori della cooperazione interreligiosa, ritenuta proficua oltreché necessaria alla costruzione della pace. 
Visitata da Papa Giovanni Paolo II e poi da Papa Francesco, che l’aveva scelta come sua prima meta europea nel settembre del 2014, l’Albania ha accolto diversi progetti di dialogo interreligioso, che qui hanno trovato una risposta entusiasta. In questi ultimi anni si sono affacciati sulla scena albanese nuovi movimenti religiosi, portatori di svariate iniziative di carattere ecumenico ed umanitario. 
Impegnata nella ricerca di un proprio ruolo l’Albania vuole inserirsi nelle dinamiche del mondo moderno, stando però attenta a non perdere la sua identità ed attingendo ai propri valori. In tal senso questa nazione potrebbe divenire un modello per gli altri paesi europei e contribuire alla costruzione di un’Europa più solidale ed aperta alle istanze di cooperazione, dando altresì un contributo ad un costruttivo dialogo tra Occidente e mondo islamico.

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