14 luglio 2014

Tre milioni di firme per le riforme costituzionali in Myanmar

AsiaNews | 01 luglio 2014
 
I promotori chiedono emendamenti all’art. 436, che assegna ai militari il potere di veto in tema di riforme, e l’art. 59(F) che impedisce ad Aung San Suu Kyi di diventare presidente. La campagna è iniziata il 27 maggio e si concluderà il 19 luglio. Almeno 600mila firme nella sola area di Yangon.

Yangon -- Sono oltre tre milioni i cittadini birmani che hanno firmato la petizione che chiede di rimuovere il veto militare, in tema di cambiamenti o modifiche costituzionali. E molte altre arriveranno a sostegno di una svolta radicale per il Myanmar, retto per decenni da una giunta militare e, ancora oggi, guidato da un governo semi-civile ma sostenuto di fatto dalle alte sfere dell'esercito. La campagna di raccolta firme è iniziata il 27 maggio e si concluderà il 19 luglio; finora ha saputo trovare consensi in tutta la nazione, in sette Stati e altrettante regioni in cui è suddivisa la nazione.
In un'intervista a Radio Free Asia (Rfa) Tun Tun Hein, portavoce della Lega nazionale per la democrazia (Nld), spiega che vi sono ancora molte schede non conteggiate: "Abbiamo raccolto oltre 600mila firme nella sola regione di Yangon - aggiunge - che è il bacino più consistente di consensi". A seguire vi sono la regione di Mandalay e la regione di Ayeyawaddy; egli aggiunge inoltre che, per evitare brogli o accuse di falsi, i promotori hanno chiesto "alle persone di firmare solo una volta".

La petizione, promossa in modo congiunto dalla Nld e dal gruppo studentesco Generazione 88, chiede di emendare l'art. 436 della Carta, che consente ai militari il potere di veto in merito a proposte di riforma della Costituzione. L'articolo in questione prevede invece che le riforme debbano ottenere il consenso del 75% dei membri del Parlamento, che è composto per un quarto da membri dell'esercito che sono nominati senza passare dal voto.

Il sostegno alla raccolta firme della leader della Nld Aung San Suu Kyi e di alcuni altri deputati avrebbe comportato, secondo i vertici governativi, la violazione del giuramento di "applicazione e sostegno" della Costituzione fatto al momento dell'ingresso in Parlamento. Tuttavia, la Nobel per la pace ha rivendicato il diritto per i cittadini birmani - lei compresa - di firmare petizioni o aderire a iniziative popolari in cui si chiede la riforma della Carta fondante dello Stato. Una Carta peraltro approvata dai militari nel maggio 2008, con un referendum farsa tenuto in piena emergenza causata dal ciclone Nargis. "Liberarsi del veto militare - ha aggiunto la "Signora" - è il primo passo, necessario per aprire la strada ad altri emendamenti".

I firmatari chiedono anche l'abrogazione dell'articolo 59(F) che, di fatto, impedisce ad Aung San Suu Kyi di candidarsi alla presidenza del Paese, perché i suoi due figli sono cittadini di nazionalità non birmana (inglesi, come il marito Michael Aris deceduto nel 1999). La scadenza della campagna è fissata per il 19 luglio e si attendono ancora le adesioni dalla regione settentrionale di Sagaing e dallo Stato Kachin, sempre nel nord, che sono "difficili da raggiungere". Tuttavia, il percorso di riforme si presenta irto di difficoltà poiché il Comitato governativo di controllo ha già annunciato che non intende modificare la norma che impedisce alla Suu Kyi di concorrere alla presidenza, mentre si sono aperti spiragli per quanto concerne l'art. 436.

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