8 dicembre 2011

Quale strada ci porterà fuori dal Tunnel?

Perché si è arrivati a tutto questo? I protagonisti della politica e della vita sociale, di chi sono figli?

di Giuseppe Calì

Tra i tanti drammi attuali, mi ha fatto molto riflettere l’introduzione del Cardinale Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al Consiglio permanente, il 26 settembre. Ha suscitato parecchio scalpore, per gli sviluppi politici, tanto che il Cardinale stesso ha dovuto smentire poi di volere promuovere il “partito della CEI”. Certamente ne sono condivisibili i contenuti, così come il senso di urgenza per il ripristino di una morale pubblica e di un’etica istituzionale, che tanto latitano ultimamente. Ne riporto alcuni passaggi, invitandovi comunque ad andare a leggerne il contenuto integrale:

“Venerati e cari Confratelli,
avvio questa riflessione facendo subito riferimento al clima che – a giudizio di molti osservatori, ma è anche nostra sensazione – appare emergente, ossia il senso d’insicurezza diffuso nel corpo sociale, rafforzato da un attonito sbigottimento a livello culturale e morale. Un’insicurezza che si va cristallizzando, e finisce per prendere una forma apprensiva dinanzi al temuto dileguarsi di quegli ancoraggi esistenziali per i quali, ognuno s’industria e fatica, essendo essi ragione di una stabilità messa oggi in discussione, per cause in larga misura non dipendenti da noi …
Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui. Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole «della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda» (Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011). Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica …
Tornando allo scenario generale, è l’esibizione talora a colpire. Come colpisce l’ingente mole di strumenti d’indagine messa in campo su questi versanti, quando altri restano disattesi e indisturbati. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò dedicate. Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune. Tanto più ciò è destinato ad accadere in una società mediatizzata, in cui lo svelamento del torbido, oltre a essere compito di vigilanza, diventa contagioso ed è motore di mercato. Da una situazione abnorme se ne generano altre, e l’equilibrio generale ne risente in maniera progressiva …
Solo comportamenti congrui ed esemplari, infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati.
La questione morale, complessivamente intesa, non è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave, che ha in sé un appello urgente. Non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto e non riguarda semplicemente i singoli ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell’esercizio del reciproco controllo.
Si noti tuttavia che la questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali e educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita. Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate.
Sarà bene anche affinare l’attitudine a cercare, sotto la scorza dei cambiamenti di breve periodo, le trasformazioni più profonde e durature, consci, tra l’altro, che una certa cultura radicale − al pari di una mentalità demolitrice − tende a inquinare ogni ambito di pensiero e di decisione. Muovendo da una concezione individualistica, essa rinchiude la persona nell’isolamento triste della propria libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale. Per questo, dietro una maschera irridente, riduce l’uomo solo con se stesso, e corrode la società, intessuta invece di relazioni interpersonali e legami virtuosi di dedizione e sacrificio”.

Certamente quest’appello tocca i nervi scoperti di una società decadente e alla ricerca di un nuovo respiro di aria pulita. Bisogna però dire, a onor del vero, alcune cose importanti. Anzitutto, che sono in tanti oggi a “denunciare” o a strumentalizzare situazioni e dichiarazioni, come in questo caso le parole del Cardinale Bagnasco, per opportunismo politico. Salvo poi sconfessare lui e tutta la Chiesa, quando si parla di matrimoni omosessuali, concezione della famiglia, aborto, divorzio, protezione del concepimento e tanti altri temi di portata esistenziale enorme. Così anche quest’occasione, che potrebbe fornire motivo per riflessioni importanti, diventa un altro atto del teatro degradante della politica. Sarebbe certamente più onesto lasciare alla Chiesa l’autorità morale che le appartiene e pensare piuttosto al senso che questo messaggio ha per tutti, poiché nessuno ha veramente il diritto di scagliare la prima pietra.
Vorrei poi porre una domanda molto difficile: perché si è arrivati a tutto questo? I protagonisti della politica e della vita sociale di chi sono figli? Possiamo disconoscerli completamente o dovremmo piuttosto fare tutti autocritica e riconoscere invece che il tempo in cui viviamo è il frutto diretto della nostra indifferenza, delle nostre preoccupazioni sbagliate, del nostro impegno rivolto solo a coltivare il nostro orticello mentre il mondo che soffre e lotta per sopravvivere arriva ora a bussare e buttare giù la porta di casa nostra? Direi anche, generalizzando volutamente, che siamo tutti “illegali” di fronte al Cielo a causa della nostra incapacità di coerenza di fronte ai Principi fondamentali dell’esistenza.
Ora ci svegliamo e ci rendiamo conto che tutto ci crolla intorno e alziamo la voce per denunciare. Io non credo in chi denuncia senza autocritica. La valutazione delle proprie responsabilità deve sempre precedere il giudizio, per dargli consistenza, veridicità e forza spirituale. La Chiesa stessa, che ora ha parlato per bocca di un suo esponente così autorevole, con tutto il rispetto, non è essa stessa immune ai fenomeni di degrado. E non parlo soltanto e particolarmente delle purtroppo molte situazioni in cui esponenti del clero si sono macchiati di crimini inammissibili, condannati ma ripetuti e ancora attuali.
Parlo piuttosto d’inerzia, di passività e isolamento in cui le gerarchie ecclesiastiche si sono arroccate nella loro torre d’avorio, salvo di tanto in tanto lanciare giusti richiami morali. Non accorgendosi però che oramai si è creata una situazione tale per cui nessuno ha quasi più la possibilità di vivere concretamente da vero cristiano, senza rischiare l’isolamento e la sopravvivenza sociale: troppa confusione, troppo rumore mediatico, troppe distrazioni dagli scopi veri e troppa conflittualità. Al di là dell’encomiabile e straordinaria opera missionaria di tutti coloro, religiosi, laici, organizzazioni, che si occupano delle situazioni di estremo disagio, la gente comune è stata abbandonata in balia del nulla che è entrato di prepotenza nelle case coprendo ogni cosa, ogni valore e contraddicendo ogni Principio. I vertici della Chiesa si trovano ora fuori dalla scienza, dalla realtà, dalla militanza cristiana vera, che affronta i problemi quotidiani delle famiglie.
Inoltre, devo dire che non è vero, com’è asserito nella relazione che è soltanto la Chiesa Cattolica ad alzare la voce: esiste una società civile sana, esistono minoranze religiose, leaders e membri di piccole associazioni e tanti altri che assiduamente ed eroicamente si sacrificano per comunicare e risolvere il disagio generalizzato.
Sono stato ultimamente ad Assisi, per partecipare ad un convegno sulla pace nella ricorrenza dell’episodio drammatico delle torri gemelle. Erano presenti tantissime piccole realtà, oltre che rappresentanti cattolici, mussulmani, buddisti e di molte altre fedi. Tanta gente semplice forse, ma animata da un desiderio di pace, spiritualità e verità, la cui qualità ha fatto vibrare il cuore di un’intera città e credo dell’intera nazione. Esiste, ignorato ma potente, un grande patrimonio di fede, onestà, integrità morale in tantissime minoranze. La Chiesa, così come chi amministra questa nazione, deve rendersi conto di questa forza e comprendere quanto sia preziosa, al punto da apprezzarla e sostenerla. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. La pretesa di superiorità morale, di supremazia indiscutibile, di monopolio della salvezza, in un mondo che sta cambiando strategie e metodi, non potrà più portare prosperità e sviluppo, ma piuttosto isolamento e perdita di forza interiore, con le conseguenze drammatiche che son sotto gli occhi di tutti. Non è una questione di numeri, per cui qualcuno si può permettere di usare la forza mediatica per fare la voce grossa e altri devono vivere nell’ombra. In un mondo che tende a massificare le anime, la qualità conterà sempre di più. Senza una vera apertura alla collettività intera e senza una vera collaborazione aperta, libera, onesta e alla pari, nessuno potrà vincere questa battaglia contro il nulla. Nessuna chiesa da sola potrà farlo, per quanto grande.
Così come nessuno controlla più la globalizzazione perché ancora si cerca la soluzione nei poteri forti, tra cui è da annoverare anche la Chiesa Cattolica, che allora deve farsi “piccola” in senso di umile, disponibile all’incontro e servire l’armonia generale.
Sarà l’uomo nuovo a costruire la società nuova: libero, aperto, alla ricerca della verità sia interiore sia esteriore, capace di unirsi nella buona volontà senza confini di religione o di appartenenza di qualunque tipo. Le istituzioni che non sapranno ricostruire le proprie mete e i propri metodi, ritornando a essere alla portata e al servizio degli uomini e delle donne di oggi, crolleranno come il colosso di Rodi. Sarà la qualità a salvarci non la grandezza esteriore: la qualità della fede, dell’amore per il prossimo e del sincero desiderio di vivere senza barriere per il mondo intero, al di là dei propri interessi di parte, religiosi o politici che siano.
Questo mio, non vuole essere un “giudizio” nei confronti della Chiesa Cattolica o di qualunque altra fede. Piuttosto un richiamo dettato dal rispetto amorevole che provo sinceramente nei confronti di chiunque e qualsiasi organizzazione che professi un credo, affinché si possa costruire insieme un futuro migliore, cercando di evitare che i limiti e le deviazioni attuali possano generare nuova sofferenza alle generazioni che vengono.
Tutti noi dell’UPF operiamo e lottiamo strenuamente per il buon governo e per l’armonia tra le religioni, animati dall’amore per il prossimo, ma anche noi dobbiamo essere coscienti, che non siamo esenti dall’unico vero giudizio che conti: quello di Dio.

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