6 giugno 2022

Albertina Soliani parla del Myanmar

Cari Amici, vi scrivo nel giorno di Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua.

È la venuta dello Spirito Santo. Il meglio che c’è in giro, si direbbe.

Si creda o no, evoca il cambiamento.

“Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”, Salmo 103.

E l’antica Sequenza ripete:

“Nella fatica, riposo,

  nella calura, riparo,

  nel pianto, conforto”.

Questo giugno vedrà ancora fatica e pianto, a quando il riposo?

Sono molto in pena per il popolo birmano e per Aung San Suu Kyi. Sono soli, sottoposti a ogni violenza e oppressione, affidati soprattutto a sé stessi. Vale soltanto la scelta della loro coscienza, la loro forza interiore, la loro integrità, la loro fedeltà. Virtù personali e collettive. Questo è oggi il Myanmar. Aung San Suu Kyi e il suo popolo sono dei giganti in questo. E’ così difficile riconoscerlo? La comunità internazionale sembra impotente, come anche la guerra in Ucraina dimostra.

Il Myanmar resiste, e muore. Nei giorni scorsi sono stati condannati a morte per impiccagione 4 persone, tra cui Zayer Thaw, un deputato dell’NLD, e Ko Jimmy, che ho conosciuto con Giuseppe, leader degli studenti nel 1988.Non sappiamo quando la sentenza sarà eseguita, sarebbe la prima dagli anni ‘90.

Ormai misuriamo la storia con il termometro dell’umanità o della disumanità, e tutto ciò ci riguarda. L’autorità di coloro che soffrono dovrebbe essere la bussola per la convivenza umana. Il dato sconvolgente è che, a fronte di una consapevolezza universale su ciò che è umanamente accettabile e ciò che non lo è, non vi sono organismi politici globali in grado di difendere il valore umano minacciato. La coscienza umana globale è molto più in là della politica.

La stagione dei diritti umani universali, nata settant’anni fa, delle Costituzioni democratiche, delle Nazioni Unite e dei loro strumenti sembra al tramonto.

Si resiste alla disumanità da soli, di fronte al mondo che vede, sa e tace. È disumana anche l’indifferenza.

Cambieranno le cose? Penso di sì, non so come né quando ma so che cambieranno.

Perché chi resiste sta aprendo nuove vie, con il suo sogno, con la sua speranza, con la sua tenacia. Con la sua vita. Così è in Myanmar, così è per Aung San Suu Kyi.

Compirà 77 anni il prossimo 19 giugno. La festeggeremo, con il dolore nel cuore e con la fiducia che la sua lunga semina non sarà vana.

Dopo 17 mesi di isolamento dal mondo, non so come possano reggere il corpo e lo spirito. Confido che lei regga. Due avvocati sono stati incaricati dai suoi famigliari di presentare reclamo a un organismo dell’ONU contro la detenzione arbitraria. Il team internazionale degli avvocati, che

abbiamo incaricato, sta per pubblicare il report sul processo a Naypyidaw, assurdo e tragico, al quale lei partecipa ogni settimana. Nell’ultima udienza uno dei testimoni dell’accusa, per corruzione, ha smontato l’accusa, si è messo per terra davanti a lei e l’ha salutata a mani giunte, come si fa in oriente.

Aung San Suu Kyi è la luce nel buio, e i militari, che amano le tenebre, ne hanno una grande paura. Sabato 18 giugno, vigilia del suo compleanno, la festeggeremo a Parma con una iniziativa promossa congiuntamente dall’Associazione Libertà Parmigiana e dall’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania Giuseppe Malpeli. Alcuni giorni fa la

Gazzetta di Parma ha pubblicato un importante articolo su Aung San Suu Kyi e Parma, di Pino Agnetti, Presidente di Libertà Parmigiana.

L’iniziativa avrà luogo presso il Circolo di Lettura e Conversazione, in via Macedonio Melloni 4, alle ore 11. Abbiamo invitato l’Ambasciatrice d’Italia in Myanmar Alessandra Schiavo, che oggi a Roma al Ministero degli Esteri dirige il Dipartimento Asia Pacifico.

Accompagneremo con la musica la nostra vicinanza ad Aung San Suu Kyi, la musica che lei ama. Anche a Saronno diverse associazioni parleranno di lei e del Myanmar.

Albertina Soliani, Presidente Istituto Alcide Cervi

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