14 marzo 2017

L’Umanità nel 21° secolo


di Giuseppe Calì
Non è facile “pensare positivo” di questi tempi. I telegiornali sono dei veri e propri bollettini di guerra. Dalle guerre a tutto campo provocate principalmente dal terrorismo, a quelle storiche senza soluzione di continuità, al punto che è difficile ricordare persino perché sono iniziate. Dalle guerre delle mafie e tra le mafie per il controllo del territorio, no agli omicidi familiari, sembra proprio che nessuno possa più sfuggire alla morsa della violenza e del dolore. A tutto ciò si aggiunge la “guerra dei poveri” tra popolazioni locali espropriate di diritti fondamentali e grandi masse di migranti senza più nulla, né terra né identità, non una guerra armata, perlomeno al momento, ma sconvolgente nella sua umana sofferenza.
Da non dimenticare affatto l’impoverimento della gran parte della popolazione mondiale. Le statistiche parlano chiaro. Ne ho lette tante, da quelle che dicono che sessanta famiglie detengono metà delle risorse mondiali, a quelle che dicono che l’1% della popolazione possiede il 90% della ricchezza.
Di fatto, il gap si sta allargando, piuttosto che restringersi, contrariamente alle previsioni e le speranze delle organizzazioni umanitarie e delle istituzioni internazionali, ONU in testa. L’Italia, non solo non è fuori da questi schemi, ma in un certo senso ne è una delle esemplificazioni più evidenti e clamorose, trattandosi di un paese sviluppato e occidentale. Siamo diventati un laboratorio dei fenomeni sociali dei tempi correnti e non per nostra volontà, nel quale tutti questi fenomeni trovano terreno fertile.
La speranza, però, si dice che sia l’ultima a morire, anche perché senza di essa saremmo già spacciati. Dove trovare speranza? Da dove ricominciare? Bisogna trovarla leggendo “tra le righe”. Tutto ciò che è positivo è sempre molto ben nascosto tra le pieghe, silenzioso, spesso inosservato, fino a che non diventi di proporzioni eclatanti, ed è proprio ciò che sta avvenendo in questi ultimi tempi. 
Il Rev. Moon, fondatore di diverse organizzazioni umanitarie e per la pace, tra cui l’UPF di cui Voci di Pace è portavoce, si è anche occupato in profondità di questioni religiose. Nel suo testo “Il Principio Divino” del 1954, ma comunque assolutamente attuale, parla dei tempi che stiamo vivendo descrivendoli come tempi di grandi sfide e difficoltà, ma anche tempi di “ricostruzione”, dall’individuo fino alla società umana globale. 
Dal capitolo sull’escatologia. Estratti da pag. 63-67: “Poi vidi un nuovo Cielo ed una nuova Terra, perché il primo Cielo e la prima Terra erano passati”, Ap. 21:1.
“Nell’epoca attuale, in cui l’uomo lotta per la libertà a prezzo della vita, l’impegno per diventare veramente liberi è al suo massimo. Ciò indica che stiamo entrando in una nuova era, in cui potremo conseguire la perfezione individuale, che per tanto tempo Satana ci ha negato, e andare liberamente a Dio. L’uomo ha perduto il suo valore con la Caduta. Nell’epoca attuale, col fiorire degli ideali democratici, i popoli hanno promosso l’emancipazione degli schiavi, la libertà delle minoranze razziali oppresse e l’indipendenza delle nazioni più piccole e deboli, invocando i diritti umani e l’uguaglianza tra i due sessi e fra tutti i popoli. Più di quanto sia mai accaduto prima, la gente è impegnata a rivalutare l’individuo e restituirlo al suo valore originale. Ciò dimostra che stiamo per raggiungere gli Ultimi Giorni, il tempo in cui l’uomo caduto può restaurare la prima benedizione di Dio. (vedi gen. 1:28). [...] 
Gli uomini d’oggi possono viaggiare e comunicare tra loro quasi come se vivessero nello stesso villaggio. Uomini di tutte le razze, dall’Oriente e dall’Occidente, possono facilmente incontrarsi, come se fossero membri di una stessa grande famiglia. Gli uomini di tutti i continenti attraversano gli oceani in cerca di amicizia e amore fraterno. Tuttavia, una famiglia può essere costituita soltanto quando ci sono un padre e una madre: soltanto allora può svilupparsi l’amore fraterno. Quando Cristo ritornerà come il Genitore dell’umanità tutti gli uomini si ritroveranno in un’unica grande famiglia e vivranno in armonia nel villaggio globale. Esaminando il progredire della storia nella provvidenza di restaurazione, scopriamo che ogni nuova provvidenza inizia un po’ prima della fine di quella precedente. Di conseguenza, l’inizio della nuova si sovrappone alla conclusione della vecchia; mentre il buio cala sulla vecchia storia, si profila già quella nuova. In tali periodi, le sovranità del bene e del male, che hanno avuto origine dallo stesso punto, ma hanno perseguito scopi opposti ed hanno prodotto ciascuna i propri frutti a livello mondiale, raggiungono il punto d’intersezione. Così, l’uomo che vive in questo tempo soffre interiormente per l’ansietà, la paura e la confusione prodotte dall’assenza di un’ideologia o una filosofia di riferimento, e soffre esteriormente per le guerre e i conflitti, combattuti con armi micidiali”. 
Al di là del taglio spiccatamente religioso di questo testo, ripeto del 1954, ciò che il Rev. Moon vuole dire all’uomo d’oggi è, parafrasando: “Le sofferenze di questi tempi sono uno dei segni del grande cambiamento che l’umanità sta attraversando, le doglie del parto del nuovo mondo” (Rom. 8:22), ma esistono anche una miriade di segni positivi ancora più potenti e significativi, espressione di processi evolutivi inarrestabili, verso un mondo di fratellanza, giustizia e condivisione”. 
Sta avvenendo qualcosa di rivoluzionario sotto i nostri occhi: i popoli della terra stanno esprimendo ovunque un forte desiderio di libertà ed autodeterminazione.
Le elezioni di Trump, prima ancora la Brexit, ora il risultato del referendum in Italia, ci dicono che il tentativo solito di controllare le masse, tramite soprattutto il potere mediatico, ma anche attraverso il potere finanziario, non funziona più, perlomeno con la stessa efficacia in cui funzionava prima. Nel caso di Trump, per esempio, c’erano 350 testate giornalistiche contro e soltanto 9 a favore. Tutto l’establishment, inclusa la potentissima Hollywood, si era schierato contro. Non sembrava avere nessuna chance, eppure ha vinto. Tutto ciò, senza esprimere nessun parere su quella che sarà la sua leadership, visto che è un’incognita che soltanto il tempo potrà rivelare. Vero è che la Clinton, apparentemente imbattibile e sostenuta da gran parte del mondo intero, era un “colosso d’argilla”, ma ciò è emerso soltanto perché il potere non può più controllare il flusso di informazioni. Nel caso della Brexit, tutti i profeti di sventura si erano scatenati per disinnescare il tentativo popolare di conquistare una maggiore indipendenza dall’Europa guidata dalla Germania ed anche lì non è andata come la leadership Britannica ed Europea avrebbero voluto. In Italia, nel caso del nostro referendum, è avvenuta la stessa cosa. Ci tengo a precisare, a scanso di equivoci, che a me non interessa schierarmi a favore o contro anche perché vedo limiti e carenze di visione da entrambe le parti in tutti questi casi. Voglio soltanto mettere in evidenza i segni di autonomia ed indipendenza che i popoli iniziano a mostrare nei confronti dell’establishment. 
Molti dicono che la gente ragiona con le proprie tasche, altri con lo stomaco, per giustificare le proprie sconfitte, secondo me non cogliendo il senso vero di questo fenomeno nuovo: la gente non vuole più essere controllata, non vuole più essere in balia di poteri forti che promettono giustizia e benessere, che chiedono sacrifici e ripagano con disservizi, miseria e corruzione. 
Per quanto questo sia, a mio avviso, un segno positivo dei tempi, c’è un problema: noi sappiamo da cosa vogliamo liberarci ma non sappiamo bene cosa vogliamo costruire, quale identità cercare. In questa fase, la globalizzazione tende a confonderci, a disorientarci, e non è facile trovare una nuova identità come umanità. Un esempio è quello della Primavera araba. Tra la confusione che si genera naturalmente nell’abbattere vecchi gioghi, si rischia di cadere dalla famosa padella nella brace, perché non si ha un progetto chiaro per il futuro, un modello di società nuova da adottare. Questo non può generarsi da sé, c’è bisogno di pescare nelle nostre radici più vere e di costruire un edificio nuovo che, come un albero sano, sia collegato ad esse. Nella parte più profonda troviamo la nostra vera umanità, il senso religioso più autentico, i nostri Principi e valori più veri. 
“Noi abbiamo delle radici; dobbiamo conservare il patrimonio umano e spirituale che ci ha modellati. Abbiamo un ruolo da svolgere, dal momento che tanti giovani sono eredi senza eredità e costruttori senza modello”. Card. Tauran 
Ecco dove le religioni possono e devono trovare il loro spazio nuovo. Nuovo? Certo, nonostante l’antichità del fenomeno religioso. La novità è anch’essa figlia degli aspetti migliori della globalizzazione. Quando una religione unica cerca di condizionare la vita delle persone in modo egemonico, si creano integralismi, ed è successo in passato anche da noi, con risultati drammatici. La soluzione non è abolire la religione, né tanto meno escluderla quindi dalle decisioni o ghettizzarla in un ambito esclusivamente intimo e personale, perché la religione è al cuore della socializzazione e della cultura dei popoli. La soluzione è promuovere le “religioni” al di sopra della “religione”. 
Abbiamo percentuali crescenti di presenza religiosa non cattolica anche in Italia. Cosa vogliamo fare? Ghettizzandole, promuoviamo, anche senza volerlo, i fondamentalismi. Non c’è cosa migliore per rafforzare una tendenza negativa che quella di reprimerla con la forza, piuttosto che attraverso la cultura e l’educazione. 
Ecco perché, la proposta fatta diversi anni fa dal Rev. Moon alle Nazioni Unite, ha un valore e un’attualità formidabili e cioè la creazione di un “alto consiglio interreligioso per la pace”. Si sono fatti molti tentativi, ma nessuno di questi è riuscito a essere rappresentativo. Si tratta di costruire un’istituzione nuova, dandole spessore, rappresentatività, voce, che si prenda cura di aspetti educativi e formativi a tutti i livelli, che promuova iniziative di mobilitazione sociale a favore di minoranze, a favore della giustizia sociale e della pace e che si carichi della responsabilità di guidare l’impegno di prevenzione ai fondamentalismi. Quanto servirebbe questo oggi in Italia? Quanto potrebbe essere di aiuto alla politica, all’economia e quindi alla pace sociale? Quanto potrebbe aiutarci a riequilibrare la follia nella quale siamo caduti, dove il conflitto e gli squilibri a tutti i livelli hanno preso il sopravvento? Quanto potrebbe contribuire a costruire un progetto nuovo di società che non neghi più la nostra vera natura e i nostri bisogni più veri? 
Il Santo Padre e i leader spirituali più illuminati stanno facendo tutto ciò che possono, ma devono riuscire a unirsi istituzionalmente, nominando rappresentanti prestigiosi e competenti che possano dialogare, piani care, redigere documenti comuni ed infine diventare una guida autorevole e globale per la costruzione dei modelli nuovi di cui la società ha estremo bisogno. Qualcuno tempo fa disse “la politica è una cosa troppo importante per lasciarla ai politici soltanto”. Io non voglio unirmi al coro dei detrattori dei politici, anche perché a volte è come sparare sull’ambulanza, come si suol dire. C’è tanta brava gente anche tra di loro, con un interesse sincero verso la gente. Credo, però, nella politica descritta da Kant, la politica che esiste per la felicità umana. Un’istituzione interreligiosa di altissimo profilo potrebbe portare luce nell’oscurità e fare da bussola in questo momento di grandi scelte epocali. Permetterebbe all’umanità di trovare un’identità nuova, come “un’unica famiglia sotto un unico Creatore”, pur rispettando i diversi approcci alla fede e le rispettive dottrine. 

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