di Carlo Zonato
È stato molto illuminante quando in un suo recente intervento a una conferenza organizzata dalla Federazione Universale della Pace, la senatrice Albertina Soliani ha parlato del concetto di Diplomazia Civile come utilissima risorsa da salvaguardare e valorizzare di fronte alla frammentazione e al decadimento della politica nel suo ruolo sociale di garante del benessere e dell’armonia sociale (Intervento della senatrice Soliani, nella sezione Etica & Società di questo numero).
Chiariamo meglio i concetti: è stata definita Diplomazia Civile tutta quella rete di attività volontarie svolte sia da singoli sia da organizzazioni non governative volte a risolvere o semplicemente lenire l’infinita serie di disagi sociali determinati da divisioni e stato di conflitto tra persone o gruppi di persone.
In questo senso l’Italia è ricca di questa risorsa ma che troppo spesso non viene riconosciuta, valorizzata e sostenuta. Nonostante ciò questa forza valorosa aumenta sia pure lavorando e operando silenziosamente senza fare notizia. Si potrebbe definire come una sorta di Coscienza Sociale che malgrado le difficoltà, i non riconoscimenti e i pochi sostegni, tant’è che spesso si è costretti a pagare di tasca propria, continua ad operare e agire.
La prima ragione che ci motiva a trattare questa realtà è la gratitudine profonda verso tutte le persone e attività volontarie coinvolte in questo campo di cui la nostra nazione è ricca. Entrando in contatto con coloro che operano volontariamente e con grande altruismo per gli altri si percepisce subito la loro positività, felicità e senso di autorealizzazione, anche solo nel modo in cui affrontano i loro problemi personali. Eppure non ricevono compensi! Spesso ci si lamenta della realtà che ci circonda, sempre più difficile e complicata. Ci sentiamo sempre meno felici e sempre più in ansia; qualunque siano le ragioni, spesso rimaniamo inermi, fermi in attesa che qualcuno possa sanare questa nostra infelicità, sicuri che le cause di questa siano totalmente estranee a noi. Non ci rendiamo conto che siamo “il cane che si morde la coda”.
Per cambiare questo stato di cose possiamo per prima cosa assumere iniziativa e investire noi stessi verso l’insieme che ci circonda. Di possibilità ce ne sono molte: possiamo entrare a far parte anche noi di quella Diplomazia Civile di cui stiamo parlando. Vista sotto un altro aspetto questo termine dà un valore e significato ancora più concreto alle azioni e ai comportamenti che ognuno di noi può fare quotidianamente per costruire la pace, in casa propria o nella comunità in cui ognuno di noi vive.
La mia convinzione è che attraverso quest’attività silenziosa ma costante di Azione Civile noi possiamo ricostruire il senso di “essere umani” la cui peculiarità innata è quella di “esseri di relazione”. Dobbiamo rispondere in questo modo alla spinta consumistica che ci chiude sempre più in noi stessi portandoci ad avere o cercare sempre qualcosa in più per sanare i nostri vuoti relazionali ed affettivi. Meno relazioni costruiremo e più saremo infelici e insoddisfatti.
Quindi dedichiamoci un po’ di più agli altri, magari cominciando proprio dalle persone più vicine che ci circondano! Cerchiamo di pensare, parlare e agire in modo positivo, costruttivo. Prendendo queste abitudini ci accorgeremo di stare meglio, e ciò ci consentirà di dare il nostro meglio alle comunità dove viviamo. Sostituiamo il circolo vizioso con un circolo virtuoso.
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