Quando i popoli s’incontrano in nome dell’amicizia,
nasce la diplomazia civile.
di Albertina Soliani
L’Associazione per l’Amicizia Italia-Birmania porta
nel nome il significato della sua ragione costitutiva e del suo modo di essere.
Quando Carlo Chierico di Monza e Giuseppe Malpeli di Parma costituiscono
l’Associazione, anni fa, già erano iniziati i rapporti profondi tra le persone,
dell’Italia e della Birmania. Di Giuseppe con Lucky, con la sua famiglia, con
Aung San Suu Kyi, con i leader di Generazione 88, con Phyu Phyu Thin appena
uscita dal carcere, con U Tin Oo della NLD, con il Vescovo Charles Bo di
Rangoon, diventato di recente Cardinale, uno dei Cardinali delle periferie del
mondo di Papa Francesco, il primo della Birmania. E soprattutto con la gente
comune, con i bambini sulle strade e intorno alle scuole.
La stessa parola, amicizia, è richiamata nel nome
dell’Associazione Parlamentare “Amici della Birmania” che ho costituito nel
Parlamento italiano negli stessi anni. È in nome dell’amicizia tra l’Italia e
la Birmania che l’azione parlamentare ha stimolato la politica nazionale e
internazionale perché la Birmania non fosse sola, sotto la dittatura dei
militari, perché si avviasse la transizione democratica. E questo lavoro
continua.
Amicizia è la parola antica che secondo Aristotele
definisce la politica e oggi è la parola nuova, densa di significati, che
costruisce la dimensione umana nel mondo globale. Diversi e uniti, solo
l’amicizia può costruire ponti di dialogo e di intesa.
Lo dice bene Aung San Suu Kyi in un suo messaggio
agli studenti di Parma: “Spero che ci incontreremo altre volte, e che la gente di Parma e
dell’Italia possa entrare sempre più in contatto con la gente del mio Paese.
Spero che voi possiate diventare un esempio di come due Paesi diversi, due
popoli diversi possano essere così grandi amici: diventare esempi viventi non
solo di ‘cittadinanza globale’, come si dice adesso, ma di umana amicizia”.
Gli Stati si parlano attraverso il servizio diplomatico,
aprono o chiudono le relazioni tra i Paesi, sviluppano la collaborazione nei
vari campi. Tengono conto prevalentemente dell’esistente, dei governi di turno,
ma i Paesi democratici debbono sempre sostenere le ragioni della democrazia e i
diritti umani, soprattutto là dove essi non sono rispettati. Come in Birmania,
ancora.
Siamo stati in Birmania, a fine dicembre 2014, con
un gruppo di quaranta persone. Un viaggio promosso dall’Associazione per
l’Amicizia Italia-Birmania, di cui ero capo-delegazione insieme con Giuseppe
Malpeli.
Abbiamo vissuto concretamente l’esperienza della
diplomazia civile, che coltiva relazioni e realizza progetti di collaborazione.
Non solo turismo per conoscere un Paese bellissimo, ma l’incontro con le
persone e con un intero popolo per condividerne la vita, la sofferenza, la
speranza. Per sostenere la loro fiducia nella democrazia e il loro impegno per
il futuro politico della Birmania. A Rangoon abbiamo reso omaggio al Mausoleo
dei Martiri in ricordo del Padre della Patria Aung San, padre di Aung San Suu
Kyi, e dei suoi compagni uccisi il 19 luglio 1947, cantando il nostro inno
nazionale.
Su questa base il rapporto è sempre reciproco.
Nell’incontro con loro comprendiamo meglio la situazione politica del nostro
Paese, ci sentiamo stimolati a vivere con intensità e determinazione qui da noi
i valori democratici. Ne ha bisogno l’Italia, ne ha bisogno la Birmania. Dalla
Birmania viene a noi la grande testimonianza di eroismo per conquistare la
libertà e la democrazia, a prezzo molto alto. È un patrimonio universale che dà
nuova forza al nostro impegno per la democrazia, in quest’area del mondo dove
essa è nata duemilacinquecento anni fa. Nell’incontro con Aung San Suu Kyi
abbiamo raccolto un messaggio immediato: l’Europa, i Paesi europei vedano
quello che c’è veramente in Birmania, non quel che sembra. Si interessino non
solo al business ma alla politica e alla democrazia. Un messaggio che
restituiamo all’Italia.
In Birmania abbiamo vissuto l’esperienza intensa
della partecipazione alle vicende della storia. Esserci, sentirsi partecipi
come cittadini democratici, consapevoli che rappresentiamo l’Italia, il suo
sentimento profondo, la sua vocazione umana, culturale, civile, democratica.
Esserci con le proprie competenze e capacità, per sostenere e portare
solidarietà. Non si va per aiutare, si va per condividere. Non con la forza
dell’organizzazione economica ma con la disponibilità a mettere in gioco le
nostre energie, a dare e a ricevere, gli uni accanto agli altri.
La diplomazia civile come riconoscimento reciproco,
del compito che ci attende, di un cammino da condividere.
Gli amici si scambiano le visite, per sentirsi
vicini. Aung San Suu Kyi è venuta in Italia e a Parma e così Phyu Phyu Thin e
altri amici birmani. Noi siamo andati là, e torneremo.
Nel nostro gruppo c’erano anche bambini. Sono parte
anch’essi della diplomazia civile, incontrano altri popoli, altri bambini. Nel
tempo tragico in cui molti bambini e bambine, anche in Myanmar, sono impiegati
nei conflitti, i nostri bambini possono realizzare legami di pace.
La diplomazia civile è interlocutore del nostro
Governo e del nostro Parlamento, ci è riservata una speciale attenzione. Ad
essi chiediamo di valorizzare l’esperienza delle associazioni della società
civile nel rapporto di amicizia con il Myanmar. Abbiamo relazioni con
l’opinione pubblica, in Italia e in Birmania. Promuoviamo e sosteniamo
l’iniziativa delle istituzioni, delle città, delle università, della cultura,
delle imprese, delle associazioni di categoria, della cooperazione e del
volontariato.
Nel recente viaggio in Birmania abbiamo vissuto
tutto questo: la condivisione, l’amicizia personale, la visione del futuro, la
corresponsabilità nel cammino della democrazia.
Così continueremo, con passione civile e con
determinazione. Con la libertà che nasce dall’assenza di vincoli, di calcolo,
di condizionamenti.
Oggi siamo impegnati nella Petizione internazionale
perché le Autorità del Myanmar procedano al cambiamento della Costituzione non
democratica e discriminatoria. Si può firmare entrando nel sito www.amiciziaitaliabirmania.it L’azione
di molti cambia le cose e la pressione dell’opinione pubblica mondiale può
mettere in discussione l’autosufficienza dei più forti. Questo può fare la
diplomazia civile, riconoscendo l’autorità di coloro che soffrono, mettendo in
scacco il potere.
Lo ha fatto Aung San Suu Kyi nei lunghi anni della
sua prigionia, continua a farlo oggi nel suo ruolo di leader dell’opposizione
per il cambiamento politico della Birmania, per un’autentica democrazia in
Myanmar.
Noi siamo con Lei e con il suo popolo, consapevoli
di essere ambasciatori dell’amicizia tra l’Italia e la Birmania nel segno della
democrazia.
Niente di meno ci è chiesto per vivere nel mondo di
oggi, per vivere la democrazia in Italia, in Europa, negli altri Paesi.
La diplomazia civile: un modo di essere
protagonisti, nel tempo della grande disaffezione verso la politica, un modo
per rispondere alla nostra vocazione umana.
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