27 giugno 2015

Il ruolo della religione per la conquista della pace

Il supporto di persone impegnate nei diversi settori della società civile è cruciale per il lavoro dell’UPF e di altre organizzazioni ispirate da ideali religiosi. Sviluppare una relazione genuina con persone non religiose è il modo per spiegare il ruolo che le fedi hanno negli accadimenti mondiali. In questo articolo cercheremo di fare questo, oltre a spiegare che la cooperazione tra leader politici e religiosi è un modo per costruire la pace. 

di Thomas G. Walsh
Per miliardi di persone sulla terra la religione è una realtà rilevante e influente gli affari globali nonché le vite singole degli individui. Il grande sociologo tedesco, Max Weber, vedeva nel Protestantesimo, specificamente nel Calvinismo, la causa principale dello sviluppo nord europeo e la nascita della modernità. Per Weber, il modo in cui le società e le civiltà spiegano teologicamente la giustizia, come all’interno della teodicea, è assolutamente decisivo nel formare le loro visioni del mondo e i loro sistemi sociali. Weber, nel suo “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo”, sostiene che la dottrina del Karma, per esempio, influenza le persone verso una forma di fatalismo nei confronti della vita, risultando in una forza inibitoria alla modernizzazione e alla razionalizzazione.
Mettendo da parte il giudizio di Weber sul significato sociale di specifiche dottrine religiose, la sua tesi principale, ovvero che le idee religiose hanno conseguenze sociali importanti, è valida. Lo vediamo nella nostra era, dove uno dei più importanti sviluppi dei recenti decenni è stata la rinascita religiosa: da una parte espressa dalla nascita di varie forme di estremismi e fondamentalismi, dall’altra dallo svilupparsi di un movimento attento al dialogo religioso e alla reciproca comprensione.

La guerra fredda è stata un momento della storia nel quale l’ideologia era centrata su temi di libertà, uguaglianza e giustizia sociale. Le tensioni geopolitiche tra comunismo e democrazia riguardavano i dibattiti come socialismo versus capitalismo, o ancora liberismo versus società centralizzate. La religione era relegata alla sfera privata, non solo dai paesi comunisti, ma in parte anche dalle democrazie liberali. La religione era vista come un affare privato. Concetti quali separazione tra stato e chiesa o secolarizzazione erano dominanti. 
Il periodo successivo alla guerra fredda invece è stato testimone di una rinascita spirituale e della riaffermazione di fattori religiosi negli affari mondiali. L’esperienza scioccante degli attentati terroristici dell’11 settembre ha una dimensione religiosa. Certamente, vi si riconosce la visione distorta dei terroristi, ma alcuni aspetti di quell’azione crudele e vergognosa sono collegati alle differenze religiose, culturali e civili tra le persone - in questo caso musulmani e occidentali - differenze che trovano le loro radici nella religione, nonostante ne sia state traviate le idee.

Guardando a Mindanao nelle Filippine
Nell’isola di Mindanao la situazione è molto complessa perché i problemi d’integrazione sono dovuti alle differenze religiose e culturali intrecciate a fattori politici ed economici rilevanti. Per capire quello che sta succedendo laggiù non si può escludere la religione, così come altri fattori legati alla politica, l’economia, la storia e la cultura. Dal punto di vista sociale, scientifico o politico, la religione riveste una posizione centrale, assai rilevante e significativa.
Se ci spostiamo in India si nota che storicamente i partiti vincenti le elezioni sono stati quelli nati grazie alla fondazione e al collegamento con Mahatma Gandhi, la cui visione del mondo è sempre stata profondamente radicata nella religione. Il principale partito emergente in questo periodo, il BJP, è ispirato alla filosofia Hindutva, ovvero da un idealismo nazionalista Hindu. La religione è un chiaro fattore. Non è l’unico fattore, ma è un fattore importante qui come per altri affari mondiali, basti pensare alla primavera araba e al disastro in Siria. La Siria, come l’Iraq, è caratterizzata da divisione settarie tra Sunniti, Sciiti, Druzi, Curdi e Alawiti; inoltre ci sono divisioni tra cristiani, ortodossi, cattolici, maroniti, etc. Questa è la complessità che forma lo sfondo politico del paese. Non è possibile capirne il conflitto senza la conoscenza della dimensione religiosa. 

Pensiero Strategico
Sempre di più, scienziati politici rilevano che nel campo delle relazioni internazionali, laddove non c’era spazio per le religioni, ora si trova l’esigenza di integrare le agende di discussione con questo tema. Il fondatore dell’Istituto Internazionale per la Diplomazia e la Religione, Dr. Douglas Johnston, ha pubblicato un volume intitolato “Religion, the Missing Dimension of Statecraft” (Religione, la dimensione mancante dell’arte di governare), di cui Jimmy Carter ne ha scritto l’introduzione. Inoltre, Madeleine Albrigh, ex Segretario di Stato Americano, è uscita con un libro intitolato “The Mighty and the Almighty, talking about faith, politics and the United States of America” (Il grande e l’onnipotente, discorso sulla fede, la politica e gli Stati Uniti d’America) che invita fortemente ad una maggiore consapevolezza e conoscenza religiosa sia tra gli accademici sia tra gli officiali di governo.
Questo orientamento non prevede che tutti diventino religiosi, si uniscano ad una religione oppure cambino la propria religione. Non è questo il problema. L’obiettivo è quello di imparare a guardare il mondo per quello che è, capendo ciò che realmente succede. Solo così si potrà constatare che oggettivamente la religione è una forza molto potente nel mondo. Se vogliamo capire per esempio la crisi in Siria, non possiamo considerare solo il conflitto geopolitico. Dobbiamo invece considerare anche il fattore religioso, etnico e culturale. Questa realtà è diventata evidente nell’ex-Iugoslavia, dopo il crollo dell’URSS. Le nazioni che si sono formate – Bosnia, Croazia, Serbia, Montenegro, Macedonia, Slovenia e Kosovo – si sono definite in accordo alla propria religione e identità etnica. La religione è spesso tramandata dalla famiglia e non è comune che le persone abbandonino la fede ricevuta con la nascita; così anche l’etnia viene tramandata dalla propria famiglia. Si comprende quindi come religione ed etnia siano spesso legate insieme. Le persone infatti si identificano per l’etnia – Serbi, Kosovari – e queste identità hanno dimensioni che sono formate da chi siamo culturalmente, civilmente e religiosamente.
Tutto ciò sta avendo un impatto sulle Nazioni Unite. Il fondatore del UPF, Dr. Sun Myung Moon, già nel 2000 si è rivolto a quest’ultime affinché comprendessero e apprezzassero maggiormente il ruolo della religione, e istituissero al loro interno un Consiglio Interreligioso. Dr. Moon è riuscito a vedere in anticipo un problema emergente del 21° secolo, ovvero, che la geopolitica sta diventando sempre più complicata, quando la sfera religiosa, la sfera della società civile e la sfera della sovranità nazionale si intrecciano a vicenda su scala mondiale. Non si tratta più solo di una partita giocata dagli stati o dai governi. Oggigiorno ci sono molti attori non statali, come le religioni e le società civili, attori che i governi non possono controllare né perlomeno ignorare.
Per questa ragione, l’importanza dell’educazione religiosa tra gli scienziati politici e i cittadini è sempre più importante, come è d’altra parte fondamentale, la comprensione reciproca, rispettosa e mutuale tra i credenti delle molteplici fedi. Dobbiamo studiarci non solo geo-politicamente, ma ad maggiore profondità. Questa è la ragione per cui il dialogo è importante. Molteplici istituzioni iniziano a sottolineare il dialogo, la comprensione reciproca e il rispetto reciproco.
Come risposta alla tesi presentata da Huntington nel suo “clash of civilizations” (Lo scontro di Civiltà) troviamo “Dialogue of Civilizations” (Dialogo di civiltà). Il Dr. Vladimir Rakunin (Russia) e il Dr. Walter Schwimmer (Austria), ex segretario generale del Consiglio d’Europa, hanno presieduto il forum mondiale “Dialogue Among Civilizations” (Dialogo tra civiltà), con due quartier generali uno a Vienna e uno a Mosca, dedicandosi a promuovere il dialogo tra persone che servono l’ideale della pace. Le Nazioni Unite dal canto loro hanno un programma chiamato “Alleanza di Civiltà”, guidato dall’alto rappresentante, ambasciatore Nassir Abdulaziz Al Nasser, ex presidente dell’Assemblea Generale.
Nell’area delle relazioni interreligiose, ci sono molte organizzazioni che promuovo il dialogo, il rispetto reciproco e la cooperazione. Queste includono Religions for Peace 
(http://www.religionsforpeace.org/,
http://www.religioniperlapaceitalia.org/), World Congress of Faiths (http://www.worldfaiths.org/), The Parliament of the World’s Religions (http://www.parliamentofreligions.org/), e la Universal Peace Federation (http://www.upf.org/, http://italia.upf.org/). 
Il “Dialogue among civilizations” (Dialogo tra civiltà) è cruciale in questo tempo. Dobbiamo cercare di capire il cuore e l’anima delle nazioni e i valori principali delle persone. Il Dr. Moon ha identificato questo bisogno di dialogo che rimpiazzi la dialettica del conflitto in uso. I problemi esistenti devono essere risolti attraverso il rispetto, la costruzione della fiducia reciproca e il dialogo costruttivo. Il modo per raggiunger la pace è attraverso un processo di dialogo. Questo era il messaggio che il Dr. Moon ha portato a Kim Il Sung nel 1991, e a Mihail Gorbačëv nel 1990. Solo promuovendo il dialogo tra le nazioni, i governi e le persone ci possiamo muovere verso la pace. Questo non deve meramente avere luogo tra i governi, ma tra le persone, tra le donne, tra i giovani, tra gli artisti e gli sportivi, gli studenti e gli accademici, etc. Mentre lavoriamo per la pace, dobbiamo sempre dare la giusta e dovuta attenzione a questo dialogo più ampio che include non solo i rappresentanti dei governi, o la diplomazia ufficiale, ma il dialogo tra le persone nella loro ricchezza delle loro identità e visioni del mondo, della loro cultura, religione e etnia. La UPF (Universal Peace Federation – Federazione universale per la pace) è impegnata a supportare questo sforzo continuo per il bene della pace.


Dr. Walsh è il presidente della UPF International

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