26 giugno 2015

La rilevanza della “Soft Power” religiosa

Il numero di Voci di Pace appena uscito, tratta questo importante tema

di Giorgio Gasperoni


Uno degli argomenti principali del 2° numero del nostro quadrimestrale “Voci di Pace”, appena uscito, tratta un argomento molto importante per quanto riguarda la risoluzioni dei conflitti nelle aree più calde e complesse del mondo. 
Nel Gennaio 2014 si tenne la conferenza Ginevra II sulla Siria. Nello stesso tempo dall’altro lato del lago di Ginevra si tenne una conferenza “Track 2” di organizzazioni della società civile e di quelle basate su una fede religiosa. L’intento era chiaramente un approccio “Soft Power”, disegnato per complementare e sostenere lo sforzo di vitale importanza di “Hard Power”. È stata una conferenza con interventi molto variegati che includeva la voce delle donne, dei giovani, guide religiose, rappresentanti di ONG e in generale della società civile. 
Hanno parlato di come fermare la violenza nell’Irlanda del Nord, di organizzazioni di donne che insegnano la non violenza dentro e fuori la Siria e dello sforzo dell’UNICEF per la protezione dei bambini. Si è potuto studiare le differenti prospettive alla pace. Il primo giorno, 23 gennaio la conferenza si è svolta alle Nazioni Unite di Ginevra mentre il 24 si è tenuta presso il Centro Internazionale di Ginevra grazie a sponsor importanti come il Fribourg Peace Forum, l'Inter-Knowing Foundation, Il GILA e la Women’s Federation for World Peace.
Naturalmente, come abbiamo potuto costatare, in quest’anno e mezzo il disastro della guerra civile in Siria è continuato e si è ampliato con l’insorgere dell’ISIS. Ma il concetto fondamentale rimane: siamo di fronte ad una crisi enorme e spaventosa, però abbiamo anche importanti opportunità di agire come ha affermato Padre Pizzaballa, il Custode Francescano di Terra Santa l’1 ottobre 2014 a San Marino: È importante una presa di coscienza comune, Oriente e Occidente, per fermare la barbarie in corso soprattutto in Siria e Iraq. Se necessario, come già affermato in passato da altre persone più autorevoli, si deve ricorrere all’uso della forza. Essa tuttavia, se non collocata in un contesto di prospettiva politica di ricostruzione a tutti i livelli di quelle popolazioni e di quei Paesi, resterà un ennesimo approccio parziale al problema e non potrà costituire una soluzione stabile. Oltre a fermare l’aggressore, bisogna aver chiaro come (ri)costruire la vita di quei popoli, evitando ogni forma di strumentalizzazione. Senza una visione integrale, si lascia spazio libero all’integralismo. Le opportunità: questa drammatica situazione, tuttavia, può anche diventare un’incredibile opportunità. Le tensioni, la guerra e le tragedie che ci coinvolgono ci obbligano a prendere una posizione comune (religiosi delle diverse fedi, politici, intellettuali) e a reagire insieme in maniera nuova…”.
Abbiamo scelto di pubblicare la relazione del Rev. Dott. William McComish tenuta in occasione della conferenza di Ginevra nel gennaio 2014. Le sue riflessioni sono così attuali e importanti che meritano attenzione. Inoltre, in questa stessa sessione pubblichiamo il contributo del presidente dell’Universal Peace Federation international, Thomas Walsh, sul ruolo della religione per la conquista della pace.

(vedi il PDF di voci di pace qui)

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