di Renato Piccioni
Sulle volute di filo spinato
che sovrasta la recinzione,
la pioggia, gelando, ha ricamato
trine di ghiaccio.
Quell’ornamento non vale
a ingentilire l’orrida visione
che ricorda, qual lugubre testimone,
quell’Olocausto efferato
che in Auschwitz fu consumato
da orripilante “belva umana”.
Memento alle generazioni a venire
i tetri e silenti capannoni
che stanno ancora in ordinate file
e, quando, tra loro il vento passa sibilando,
rinnova ancora le urla di terrore
che tanti martiri, esalando, diedero.
Martiri immolati dalla follia
e gettati nei forni a consumar
l’ultimo ignobile disfregio.
Oggi, quei forni,
le bocche spalancate,
hanno incancrenito
l’acre odore delle carni arse.
Camminate, uomini,
e percorrete quei viali
come novella “Via Crucis”
con, nel cuore, il pianto della pietà.
Auschwitz è cenotafio
di tante vittime
dell’insana, folle furia,
dell’onnipotenza dei pochi,
sui più, solo se deboli.
Muta ed eloquente insieme
il luogo vale testimonianza
e monito a chi sarà dopo di noi
perché mai più si ripeta l’orrore.
Ma profondo è il timore
che il tempo cancelli le memorie.
E questo è da evitare.
Sulle volute di filo spinato
che sovrasta la recinzione,
la pioggia, gelando, ha ricamato
trine di ghiaccio.
Quell’ornamento non vale
a ingentilire l’orrida visione
che ricorda, qual lugubre testimone,
quell’Olocausto efferato
che in Auschwitz fu consumato
da orripilante “belva umana”.
Memento alle generazioni a venire
i tetri e silenti capannoni
che stanno ancora in ordinate file
e, quando, tra loro il vento passa sibilando,
rinnova ancora le urla di terrore
che tanti martiri, esalando, diedero.
Martiri immolati dalla follia
e gettati nei forni a consumar
l’ultimo ignobile disfregio.
Oggi, quei forni,
le bocche spalancate,
hanno incancrenito
l’acre odore delle carni arse.
Camminate, uomini,
e percorrete quei viali
come novella “Via Crucis”
con, nel cuore, il pianto della pietà.
Auschwitz è cenotafio
di tante vittime
dell’insana, folle furia,
dell’onnipotenza dei pochi,
sui più, solo se deboli.
Muta ed eloquente insieme
il luogo vale testimonianza
e monito a chi sarà dopo di noi
perché mai più si ripeta l’orrore.
Ma profondo è il timore
che il tempo cancelli le memorie.
E questo è da evitare.
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