16 novembre 2024

ALFABETIZZAZIONE MEDIATICA: Una risorsa decisiva nella lotta alla disinformazione

“È un argomento di grande rilevanza e attualità che ci coinvolge tutti, evidenziando sia la necessità di acquisire le competenze per utilizzare correttamente i nuovi media, sia l’importanza d’individuare l’origine e gli scopi dei contenuti online per non essere vulnerabili alla disinformazione”.

di Carlo Zonato

Con queste parole, Vittorio Patanella, coordinatore dell’Associazione Internazionale Media per la Pace (IMAP-Italia), ha aperto il webinar “Alfabetizzazione mediatica: una sfida urgente per contrastare la disinformazione”, svoltosi martedì 2 luglio 2024. Organizzato da Universal Peace Federation (UPF-Italia) e da IMAP-Italia, per il format “Peace Forum”, nell’ambito del ciclo d’incontri “Essere costruttori di pace”, il webinar ha visto la partecipazione della dottoressa Maria Pia Rossignaud, direttrice di Media Duemila e vicepresidente dell’Osservatorio TuttiMedia, in veste d’intervistatrice e del professor Antonio Stango, politologo e presidente della FIDU, Federazione Italiana Diritti Umani. “Come s’intrecciano i diritti, la loro tutela e l’informazione, la quale dovrebbe salvaguardare entrambi e donare la consapevolezza di avere un diritto, in un contesto dove le macchine stanno arrivando all’apice dell’innovazione?” Con questa domanda di Rossignaud il webinar è entrato nel vivo.

Prendendo la parola, Stango ha spiegato che “nell’Atto finale della Conferenza di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, svoltasi tra il 1973 e il 1975, era indicato in particolare il diritto di conoscere i propri diritti e di agire per difenderli. Il ruolo dell’informazione già allora compariva in modo molto chiaro”. Ha proseguito evidenziando che con l’avvento dei social media molti non si preoccupano della validità delle fonti, men- tre le testate giornalistiche tradizionali, più o meno obiettive, garantivano un certo controllo contro le notizie false; e ha ammonito che se non si è in grado di discernere se un’informazione è basata su una fonte affidabile, si può cadere nella trappola della disinformazione. “Noi come FIDU abbiamo parlato di misinformazione e disinformazione in tre progetti svolti negli ultimi anni, anche con un contributo della Commissione Europea. Quando una notizia falsa è diffusa senza una volontà maligna, si tratta di misinformazione o cattiva informazione, mentre è disinformazione quando viene divulgata con la precisa volontà d’indurre determinati comportamenti in un gruppo di persone, anche vasto come un’intera collettività nazionale. Entrambe possono avere degli effetti gravissimi”. Questi dati falsi girano per tutto il mondo, ha ricordato, causando comportamenti che possono essere pericolosi e far prendere decisioni contro la salute propria e degli altri, come nel caso di una pandemia. “Si può arrivare addirittura a determinare il risultato di elezioni politiche. Per esempio, si possono proporre dei dati molto amplificati, esagerati, falsi- ficati sulle migrazioni”. Gli elettori britannici votarono per la Brexit anche perché fu fatto credere loro che con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea si sarebbero fermate le immigrazioni incontrollate dal resto d’Europa. “Naturalmente non era così, ma quella lieve differenza nel numero di elettori che decretò la vittoria del sì fu determinata sulla base di quella disinformazione”, ha evidenziato l’oratore. Chiede Rossignaud: “Si parla di un capitale cognitivo di ciascuno di noi che esce dalla mente per entrare nella macchina. Saremo sempre meno soggetti a prendere decisioni autonome?”. “C’è una tendenza a ricorrere all’intelligenza artificiale per scrivere testi, impostare progetti e altro, cosa che va benissimo finché siamo in grado di controllarla; sappiamo però che si rischia di essere presi in quel meccanismo”, spiega il professore. Imparare a usare l’intelligenza artificiale, ma già i social media e internet, è qualcosa che non deve essere scontato, non è così banale, soprattutto per categorie particolarmente vulnerabili, come bambini, persone con limitata cultura generale o anziani cui manchino, invece, competenze per muoversi con scioltezza nel mondo digitale. Ha proseguito spiegando che la FIDU e i suoi partner internazionali hanno elaborato con il progetto Media Literacy for Democracy delle pubblicazioni per orientarsi e non essere condizionati dai flussi di notizie spesso incontrollate, per fare attenzione alle fonti, ai segnali, alle frasi chiave che sono diffuse soprattutto da regimi autoritari per determinare un cambiamento nelle relazioni internazionali a loro vantaggio. Secondo Stango le campagne di politica internazionale impostate su concetti come ‘l’Occidente collettivo’ o ‘il Sud globale’ sono mirate a far intendere che esisterebbe un Occidente colonizzatore perfido che sottometterebbe i popoli del sud del pianeta – trascurando che tale ‘Occidente’ è semmai l’insieme degli Stati democratici, che includono anche il Giappone o la Corea del Sud, mentre i pretesi difensori del ‘Sud globale’ sono regimi dittatoriali o totalitari (basati peraltro nell’emisfero settentrionale) come quelli russo, cinese e iraniano. Rossignaud prosegue chiedendo: “A suo avviso si può fare qualcosa anche col Ministero dell’Istruzione?

 

SE NON SI È IN GRADO DI DISCERNERE SE UN’INFORMAZIONE È BASATA SU UNA FONTE AFFIDABILE, SI PUÒ CADERE NELLA TRAPPOLA DELLA DISINFORMAZIONE.

 

Perché immagino che sia fondamentale che la scuola intervenga in questo contesto, perché nel mondo dell’intelligenza artificiale generativa la capacità di fare domande diventa fondamentale per avere delle risposte più consone e più utili alla vita”. “Credo senz’altro di sì, in collaborazione con l’Unione Europea”, ha affermato il professore, osservando che molta disinformazione è stata fatta sistematicamente proprio contro l’Unione Europea, presentata da molti come il nostro nemico, che vorrebbe imporci delle cose assurde. Per l’oratore l’Unione Europea fa molto sulla questione della disinformazione, anche insieme con i Paesi membri. Esistono l’European Digital Media Observatory (EDMO), un progetto che aiuta la comunità a combattere la disinformazione, e il DisinfoLab che è un’organizzazione indipendente, no profit, collegata con le istituzioni comunitarie. “Anche in Italia abbiamo degli istituti con cui collaboriamo che lavorano per analizzare la disinformazione e mettere in guardia il pubblico su questo problema.” Si è poi soffermato sulle cose gravissime che si possono realizzare con l’intelligenza artificiale, come riuscire a sostituire in un filmato il volto di una persona che sta commettendo una rapina o addirittura un omicidio. La stessa cosa accade con guerre e conflitti, dove molto spesso le parti in lotta presentano filmati e dati falsificati. “Bisogna che le istituzioni, nel nostro Paese e a livello europeo, si dotino di meccanismi per studiare e arginare questo fenomeno”.

Rossignaud, osservando che nel cyberspazio si possono nascondere tanti pericoli utilizzabili dalle dittature, che magari hanno un’arma invisibile pronta in questo spazio, chiede: “Perché mai dovrebbero dircelo se non è possibile vederla e come costruire la pace in questo contesto sempre più difficile d’invisibilità?”. Stango, dopo aver ripetuto che l’attenzione a tutte queste problematiche deve essere costante, ha citato l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), “che ha svolto un’opera importante di autoregolamentazione per monitorare e contrastare la disinformazione online”. Ha continuato raccontando un’esperienza personale: “Avevo il telefonino su un tavolo, distante un paio di metri da me e stavo parlando con un’amica di una determinata problematica. A un certo punto il cellulare ha cominciato a suggerirmi in voce delle letture su quella materia. Non ho idea di come si sia attivato, ma devo dire che è stato piuttosto inquietante. Il problema è che se l’apparecchio suggerisce delle letture fuorvianti ed io non ho la preparazione di base per accorgermene, la cosa diventa particolarmente grave e questo è un altro degli elementi da prendere in considerazione”. Parlando del rapporto tra meccanismi di controllo e libertà di parola ha rilevato che “siamo tutti liberi di dire, per esempio, che la terra è piatta e nessuno vuole impedirlo. Se però diventa una campagna di disinformazione con l’obiettivo di fuorviare grandi categorie o masse di persone, direi che bisogna contrastarla. Si può fare con delle campagne d’informazione basate su fatti e dati scientifici”. Alla domanda se ci fossero differenze tra le vicende di Assange e di Navalny, ha risposto che il giornalista australiano ha effettivamente commesso dei reati, ha messo in pericolo la vita di diverse persone, ha compiuto delle attività sostanzialmente di spionaggio vietate in qualsiasi Paese. “Se le avesse svolte in Cina, in Russia o in Iran, avrebbe fatto una bruttissima fine. Invece ha potuto attivare tutti i meccanismi legali per opporsi all’estradizione, fino a concordare una pena limitata che, considerata di fatto già scontata, gli ha permesso di essere libero”. All’osservazione di Rossignaud che “l’Europa è sempre il miglior continente in cui vivere, la patria dei diritti”, Stango ha ricordato che “per ora è così, ma spero che i continui attacchi all’Europa e in ultima analisi alla democrazia non ci facciano compiere dei passi indietro”. “Noi giornalisti quindi dobbiamo stare molto attenti e cercare di continuare a essere baluardo e difesa della democrazia”, ha commentato Rossignaud. È seguita la sessione delle domande dal pubblico, una delle quali ha riguardato la guerra d’invasione condotta dal regime di Putin contro l’Ucraina. Da parte russa, si è evidenziato, è un conflitto contro tutto il sistema dell’organizzazione e del diritto internazionali ed è basato su campagne propagandistiche infondate. Una per tutte, che la NATO avrebbe circondato la Russia: chiunque guardi una cartina della Russia sa che è impossibile circondarla. Alle domande finali sulla possibilità di una guerra nucleare si è escluso che possa verificarsi, e sull’uso del termine ‘democrazia’ si è detto che molto spesso è abusato dai regimi autoritari, come la ‘Repubblica Popolare Democratica’ della Corea del Nord, il Paese meno democratico che esista; mentre in senso proprio indica un sistema in cui l’opposizione di oggi può pacificamente divenire maggioranza di governo domani, c’è equilibrio fra i poteri dello Stato legislativo, esecutivo e giudiziario e in generale sono garantiti tutti i diritti civili e politici.

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