11 marzo 2015

IL MONDO ARABO TRA GRANDEZZA PASSATA E CRISI ATTUALE


Profondamente radicato nelle proprie tradizioni e alle spalle un glorioso passato, il mondo arabo, ora diviso in vari stati spesso in contrasto tra loro, rappresenta un’area in preda ad aspri conflitti

di Emilio Asti
Erede di un’antica civiltà che ha dato vita a magnifiche creazioni intellettuali ed artistiche e culla dell’Islam, attualmente la seconda religione mondiale, il mondo arabo, giudicato spesso in modo erroneo, appare difficilmente decifrabile ad un’osservazione superficiale.
Parlando dei paesi arabi, sui quali in questi ultimi tempi si è discusso molto, c’è il rischio di cedere a critiche immotivate o di coglierne un solo aspetto, trascurando altri fattori importanti. Nonostante la notevole abbondanza di studi e di dati il mondo arabo, rimane per diversi aspetti abbastanza ignoto. Da decenni oggetto di analisi, spesso condizionate da luoghi comuni, il mondo arabo, attraversato da dinamiche complesse e teatro di eventi bellici che continuano a riempire le pagine dei quotidiani e i notiziari televisivi, non cessa di attirare l’attenzione. La pretesa di interpretare tutto in chiave religiosa o politica ha impedito di coglierne le dinamiche profonde, spesso dettate da fattori che trascendono sia la dimensione politica che quella religiosa.
Un mondo quello arabo, che si estende su una vasta area geografica, lacerato da conflitti e carico di contraddizioni, ma che rivela una straordinaria ricchezza culturale e umana.
Di origine semita, gli Arabi, che possono vantare una storia molto antica, sono rimasti un popolo che, depositario di un ideale spirituale di carattere universale, si ritiene chiamato a un destino glorioso e ancor oggi, nonostante le molte dolorose vicissitudini storiche, non rinunciano a considerarsi investiti di una missione importante. Anche la scoperta del petrolio nella penisola arabica viene ritenuto un segno della benevolenza divina nei propri confronti. Il fasto degli imperi di Damasco e di Baghdad, con famose università e illustri scienziati e filosofi, che godevano di un elevato prestigio, rappresentano un importante patrimonio della cultura araba, ancora molto sentito.
Anche prima del profeta Muhammad, che riuscì a riunire tutte le tribù arabe attorno alla nuova rivelazione divina da lui ricevuta ed espressa nel Corano, esisteva tra gli Arabi una coscienza etnica, fondata sulla lingua e su diversi aspetti culturali comuni.
L’Islam, fenomeno che va ben oltre i confini geografici dei paesi arabi, oltre che come rivelazione religiosa viene vissuto come un valore nazionale arabo ed anche gli arabi cristiani considerano la missione del profeta Muhammad un avvenimento fondamentale nella storia araba. In Occidente spesso i termini arabo e musulmano tendono a confondersi, dimenticando che la maggioranza dei fedeli dell’Islam non è araba. Vi è inoltre una minoranza di arabi cristiani, appartenenti a diverse confessioni, che hanno apportato contributi significativi alla civiltà araba.
Attualmente gli Arabi sono cittadini di diversi stati, i cui governi attuano politiche tra loro molto diverse. Si dovrebbe, infatti, parlare di popoli arabi, non esistendo tra loro un’unità neppure a livello linguistico. La lingua araba presenta notevoli diversità da una zona all’altra, diverso è l’arabo parlato nel Maghreb da quello usato nella penisola arabica. Solo la lingua scritta, l’arabo classico, usata nel Corano e quindi considerata sacra, permette la reciproca comprensione.
Divergenze e tensioni fra i vari paesi arabi, a motivo degli orientamenti politici interni di ciascun stato e delle differenti alleanze in campo internazionale, hanno assunto spesso toni molto aspri. In ogni paese arabo si è sviluppata una specifica coscienza nazionale che ha sempre impedito la formazione di una politica comune e i fattori di divisione hanno prevalso sull’aspirazione all’unità. I diversi tentativi di creare una sorta di unione a livello politico sono tutti naufragati e la stessa Lega Araba si è dimostrata incapace di promuovere iniziative unitarie. Un tentativo di unione panaraba fra Egitto e Siria, che dal 1958 al 1961 formarono la Repubblica Araba Unita, non resse poi alla prova dei fatti. Il sostegno alla causa palestinese e l’ostilità nei confronti di Israele e dell’Occidente in genere paiono gli unici fattori che, almeno apparentemente, uniscono tutti i paesi arabi, dal momento che la presenza di Israele, considerata un’entità politica strettamente vincolata all’Occidente, viene da loro percepita come una minaccia. Le rivendicazioni palestinesi incontrano una vasta risonanza in tutto il mondo arabo, in quanto Gerusalemme, chiamata in arabo Al Quds, che significa “La Santa”, dopo La Mecca e Medina è considerata dai credenti islamici la terza città santa. Purtroppo la causa palestinese è stata spesso strumentalizzata dai vari paesi arabi che, presentandosi come i difensori del popolo palestinese, in realtà cercavano solo di affermare il proprio prestigio. Il sogno dei Palestinesi di creare uno Stato indipendente per il quale hanno continuato a lottare sino ad oggi, non si è ancora realizzato. In diverse occasioni i rapporti fra i governi arabi e i palestinesi, che hanno sofferto molti anni di oppressione e di soprusi finalizzati a cancellarne l’identità, hanno conosciuto momenti altamente conflittuali.
Allo stato attuale delle cose la creazione di una comunità sovrannazionale araba appare difficile da realizzare, oltreché per le situazioni dei singoli paesi, alle prese con gravi questioni che rischiano di comprometterne l’unità nazionale, anche per le divisioni tribali che hanno sempre rappresentato un forte ostacolo agli sforzi per una più intensa interrelazione dei paesi arabi. Non va inoltre sottovalutato il peso del conflitto interno all’Islam fra la maggioranza sunnita e gli Sciti, a loro volta divisi in varie correnti e sostenuti dall’Iran; in diversi paesi arabi la presenza sciita, percepita come una minaccia, è mal tollerata. Anche alcuni tentativi di promuovere forme d’integrazione regionale come quella del Maghreb, sebbene in quella regione, zona abitata originariamente dai Berberi, poi arabizzata, sussistano forti aspirazioni all’unità, non hanno trovato attuazione, principalmente a causa della contrapposizione fra l’Algeria, già dilaniata da una lunga guerra civile, e il Marocco per la questione del Sahara Occidentale, che continua a dominare le relazioni fra questi due paesi. Tuttora gli abitanti di questo territorio, ex colonia spagnola, rimangono prigionieri della contesa che contrappone il Marocco all’Algeria, la quale sostiene il Fronte Polisario, da parecchi anni in lotta per l’indipendenza del popolo Saharawi, dopo aver proclamato la Repubblica Araba Saharawi Democratica, riconosciuta da diversi paesi, ma priva di sovranità effettiva.
Quale paese arabo più popoloso, l’Egitto, anche in virtù del suo illustre passato, nonostante i gravi problemi economici e sociali che lo affliggono, si atteggia al ruolo di centro regionale del mondo arabo e aspira a ritagliarsi una funzione nuova a livello internazionale. Al tempo di Nasser, l’Egitto, cui la nazionalizzazione del canale di Suez assicurò una posizione di primo piano all’interno del mondo arabo, aveva costituito un punto di riferimento importante per molti paesi in via di sviluppo, con i quali aveva forgiato profondi legami di solidarietà.
Tutta la storia dei popoli arabi pare percorsa da uno sforzo teso alla costruzione di una società ideale e alla ricerca di un modello politico valido. Sia il comunismo che la democrazia di stile occidentale sono forme di governo estranee alle società arabe, che rivendicano la loro specificità, rifiutando l’integrazione nel sistema capitalistico mondiale. Il nazionalismo arabo, alimentandosi spesso anche d’illusioni e di rancori, si accompagna all’idea di una società libera dalle ingiustizie, ponendo enfasi sulla lotta contro il materialismo e l’imperialismo, attualmente rappresentati soprattutto dall’Occidente. I rapporti tra mondo arabo, divenuto al tempo della guerra fredda teatro di confronto fra le superpotenze, e Occidente sono caratterizzati da una lunga storia di reciproche incomprensioni.
Gli USA e i loro alleati, accusati di occupare e di depredare le terre dell’Islam, divengono spesso il bersaglio dell’odio delle masse arabe, la cui rabbia si dirige anche contro i propri governanti, accusati di complicità con l’imperialismo occidentale.
Il sentimento antioccidentale, alimentato in passato dal colonialismo europeo, ha trovato espressione in vari movimenti, animati dalla lotta contro l’oppressione e l’ingiustizia. Tali movimenti, motivati da una forte spinta ideale che attinge alle radici culturali e storiche dell’Islam, si sono fatti promotori di istanze che si pongono come obbiettivo la tutela dei più deboli, unita alla lotta contro ogni forma di corruzione, affinché i popoli arabi possano ritrovare il senso della propria missione storica. Uno dei più famosi è il movimento dei Fratelli Musulmani, confraternita panislamica, il cui slogan era: “La nostra costituzione è il Corano”. Fondato in Egitto nel 1928 per iniziativa di Hassan el-Benna e diffusosi poi anche in altri paesi islamici, questo movimento, attivo in campo educativo e umanitario, si proponeva di riportare l’Islam alla purezza originaria, opponendosi ai tentativi di secolarizzazione. Di carattere laico era invece il Partito Baath, fondato come “Partito della rinascita e del rinnovamento arabo”, d’impronta panaraba e socialista, che prese il potere in Siria ed in Irak, ma svuotato dei suoi contenuti originari, divenne poi strumento di un sistema fortemente repressivo.
Personaggi quali Gamal Nasser, Saddam Hussein e Muammar Ghaddafi, che pretendevano di inaugurare sotto la loro bandiera, una nuova epoca per il mondo arabo, persero poi credito agli occhi dei loro popoli e contribuirono a offuscare l’immagine dell’Islam. I loro regimi, che si proponevano la costruzione di un sistema socialista dalle caratteristiche arabe e neutralista in politica estera, avevano in comune l’uso della forza e la sistematica violazione dei diritti umani. L’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, che si proclamava “Difensore della nazione araba”, obbediva a questa logica. Non bisogna però dimenticare che con questi regimi dittatoriali i paesi occidentali concludevano vantaggiosi affari.
La cosiddetta “Primavera Araba”, che all’inizio aveva suscitato enormi aspettative e pareva aprire una nuova stagione di libertà, oggetto di giudizi contrastanti, non può essere valutata solo sulla base di ciò che si aspettava l’Occidente. Il cammino verso la libertà si è rivelato più lungo e complesso di quanto si potesse immaginare e il processo di democratizzazione si è scontrato con molteplici ostacoli, alcuni dei quali appaiono difficilmente superabili. Le speranze che all’inizio avevano animato le folle paiono essersi spente, anche se parecchi giovani non hanno intenzione di rimanere ancora succubi di un sistema oppressivo e si dichiarano nuovamente pronti alla lotta.
Dal Marocco allo Yemen è tutto un susseguirsi di situazioni esplosive, che rischiano di estendersi e di generare ulteriori conflitti. Paesi come Libia, Siria e Irak, sono divenuti campi di battaglia, dove gruppi fondamentalisti e milizie di vario tipo continuano a perpetrare eccidi e feroci attentati, seguiti da rappresaglie, in un crescendo di continua violenza. Su tutto il Medio Oriente incombe la minaccia del cosiddetto Stato Islamico, che proclama l’applicazione intransigente della legge coranica, interpretata in modo da legittimare l’uccisione d’innocenti e la distruzione dei luoghi di culto di altre religioni. Di fronte all’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico, che mira ad allargare la propria sfera d’influenza e può contare anche su combattenti giunti dall’estero, parecchia gente è stata costretta a fuggire.
I popoli arabi, che si sentono circondati da ostilità e incomprensioni, paiono spesso in preda all’inquietudine e incapaci di sottrarsi a un’attitudine fatalistica. Come scrisse in un suo libro Samir Kassir, famoso storico e giornalista libanese, assassinato nel 2005, molti arabi sono divenuti prigionieri dell’ideologia del vittimismo, accompagnato da una perenne insoddisfazione che impedisce loro di nutrire fiducia in se stessi. Fatalisti e orgogliosi al tempo stesso, di frequente in preda a passioni violente, gli Arabi, disposti molte volte al sacrificio in vista del conseguimento di un alto ideale, generalmente si nutrono di rimpianti che hanno contribuito a creare in loro un senso d’impotenza, da cui pare non riescano a liberarsi. Sulle società arabe pesa ancora il ricordo di un passato fatto di umiliazioni e di occasioni perdute.
All’interno del mondo arabo appare forte il contrasto fra zone che vivono ancora in condizioni molto precarie, con un alto tasso di mortalità infantile e di analfabetismo, e altre che nel giro di pochi anni hanno raggiunto un alto livello di sviluppo.
A differenza del mondo occidentale che ha conosciuto la separazione tra fede religiosa e potere politico, presso gli Arabi la religione, intesa come sottomissione e obbedienza ad Allah, unico e onnipotente, è anche legge e ideale politico e orienta anche la vita economica e culturale. La difesa dell’Islam e dei suoi valori viene intesa come un dovere che non ammette eccezioni. La dimensione religiosa è presente in tutti gli aspetti della vita e in quest’ottica anche le faccende profane assumono una dimensione spirituale. Alla luce delle prescrizioni contenute nel Corano e nella Sunna, netta è la divisione tra ciò che è lecito e quanto invece è proibito.
Nella società araba tradizionale, nella quale l’obbedienza all’antico codice morale è la norma alla quale ognuno deve attenersi, l’onore della famiglia, che ha a che fare con la purezza dei costumi, deve essere gelosamente preservato. In tale contesto l’individuo conta solo in quanto membro della famiglia e della tribù, e i matrimoni vengono in genere combinati dalle famiglie. Tradizionalmente il ruolo delle donne, sotto la tutela dei parenti maschi e generalmente relegate a una posizione subalterna, è quello di essere spose e madri, anche se sono sempre più numerose le donne presenti in ambito lavorativo. Sotto la superficie diverse cose sono cambiate e inizia a farsi strada, soprattutto fra i più giovani, che rappresentano una parte molto consistente della popolazione e reclamano una maggiore autonomia, una mentalità più aperta. Si notano vari segnali di una nuova consapevolezza che, anche se con difficoltà, si va facendo strada.
Tra i paesi della penisola arabica, culla degli Arabi e dell’Islam, l’Arabia Saudita, che s’impone come modello dell’autentica morale islamica, è il più vasto. Meta di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo islamico i due luoghi più sacri dell’Islam, La Mecca, in direzione della quale ogni musulmano deve pregare, e dove ha l’obbligo di recarsi in pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, e Medina, che custodisce la tomba del Profeta, si trovano in questa nazione. Grazie agli enormi profitti derivati dal petrolio la monarchia saudita, alleata dell’Occidente, ha realizzato la modernizzazione del paese, senza però modificare il proprio sistema sociale e indebolire il ruolo della religione islamica, all’infuori della quale non sono permesse altre forme di culto e l’abiura della quale è punita con la pena capitale. Le autorità sono pronte a condannare come empio ogni atteggiamento non conforme alla tradizione vigente e rimane proibito esporre simboli di altre religioni, nonostante risiedano in quel paese centinaia di migliaia d’immigrati cristiani e di altre fedi. L’Arabia Saudita pare immune, almeno per ora, a scosse di violenza, ma fermenti di ribellione si sono manifestati anche qui. Il potere resta saldamente nelle mani di un’unica famiglia, quella dei Saud, la dinastia regnante che ha dato il proprio nome al paese; il re dell’Arabia Saudita, riceve il titolo di “Custode delle Due Sante Moschee”. Non esiste un parlamento e le più alte cariche politiche sono occupate dai membri più influenti della famiglia reale. La recente morte del re Abdullah, deceduto il 23 Gennaio di quest’anno, al quale è succeduto il suo fratellastro Salman, non ha provocato traumi nel regno saudita. Appena dopo la sua ascesa al trono, il nuovo re ha effettuato un rimpasto di governo ed eliminato alcuni organismi, all’insegna della continuità con la politica dei suoi predecessori, che si fa paladina dell’unità araba, centrata sulla propria supremazia spirituale.
Gli altri paesi del Golfo, all’avanguardia in parecchi settori e molto attivi sul mercato finanziario internazionale, continuano a stupire per il loro dinamismo. Caratterizzati da un’atmosfera cosmopolita, ma retti da regimi autoritari basati sula stretta osservanza dei dettami islamici, sono meta di una massiccia immigrazione. Molti immigrati stranieri, parecchi dei quali provenienti da altri paesi islamici, vi hanno trovato lavoro, anche se in parecchi casi sono vittime di abusi e alla mercé quasi totale dei loro datori di lavoro. Finora le manifestazioni di protesta, sulla cui portata le autorità hanno steso un velo di silenzio, non hanno messo a rischio la stabilità politica di questi paesi, che devono confrontarsi con vari gruppi fondamentalisti, i quali contestano la presenza dei militari statunitensi sul suolo arabo.
Nei tempi antichi noto come “Arabia Felix”, lo Yemen, il più povero tra gli stati della penisola arabica, è l’unico retto da un regime repubblicano. Una volta diviso in due stati con differente sistema politico, poi riunificatisi, è ora teatro di scontri e di attività di gruppi fondamentalisti. Diverse zone del paese sfuggono al controllo del governo centrale, il cui esercito si trova impegnato nel combattere la guerriglia fondamentalista, appoggiata da forze esterne.
Non si può avere una comprensione esauriente dei popoli arabi senza considerare i beduini, disseminati in varie parti del mondo arabo. Descritti da famosi viaggiatori e studiosi i Beduini, popolo indigeno del deserto, tra i quali permangono credenze preislamiche, si considerano i “Veri Arabi”, legati profondamente alla loro tribù e rimasti tenacemente legati alle proprie usanze ancor oggi, sebbene molti di loro usino i fuoristrada al posto dei cammelli. Fieri e ospitali, capaci di sopravvivere in un ambiente ostile, un tempo abituati a spostarsi liberamente, tuttora non riconoscono i confini. Fortemente condizionati da sistemi politici ed economici estranei alle loro tradizioni, molti di loro si sono sedentarizzati e sono stati costretti ad adattarsi a un diverso stile di vita.
Al di là di tutte le congetture e le analisi ciò che appare certo è che il mondo arabo, alla ricerca di un nuovo ruolo, si trova ora in un momento cruciale per disegnare il proprio futuro. Anche se la pace e la stabilità appaiono ancora lontane, diversi elementi paiono indicare che il quadro della situazione è destinato a mutare. Non si può certamente negare che l’Occidente e il mondo arabo rappresentino due sistemi culturali molto diversi tra loro, ma considerando i molti e importanti legami che intercorrono tra l’Occidente e i paesi arabi, l’Europa dovrebbe cercare di prestare ascolto alle istanze provenienti da questi ultimi, impostando su basi nuove le relazioni con essi, anche al fine di aprire nuovi scenari di cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo. Da ciò può dipendere lo stabilirsi di un clima di reciproca fiducia, che può allontanare i rischi di una contrapposizione che si alimenta d’incomprensioni reciproche. L’Occidente non può continuare a considerare il mondo arabo, il cui coinvolgimento nella costruzione di un nuovo ordine mondiale appare indispensabile, solo in base ai propri parametri di giudizio, dettati spesso da interessi materiali. Da entrambe le parti occorre una maggior disponibilità al confronto, attraverso uno sforzo sincero, teso a superare i contrasti del passato e a risolvere pacificamente le questioni ancora aperte.
A tal fine possono svolgere un ruolo importante, le iniziative di dialogo interreligioso all’insegna del comune obiettivo della pace mondiale.

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