24 ottobre 2012

Il Giappone scopre il nuovo El Dorado nei mercati di Myanmar

Meridiani Relazioni Internazionali
di Andrea Chiriu
Ricevuto da Burma News


Il Giappone è pronto a concedere nuovi prestiti al Myanmar a partire dal 2013. L’inaspettato annuncio interrompe un vuoto diplomatico che dura ormai da venticinque anni e che segue, a distanza di sei mesi, la decisione di eliminare parte del debito accumulato dalla ex Birmania nei confronti di Tokyo. Si tratta peraltro di un debito considerevole, circa 6 miliardi di dollari statunitensi, che in un colpo solo si è appena ridotto a meno della metà.
Finiti gli anni bui della giunta militare, il governo guidato da Thiein Shein ha inaugurato un nuovo corso: dopo un avvio timido, la sua apertura economica e politica ha via via acquisito maggiore incisività. Le recenti elezioni parziali del Parlamento, che hanno visto il Premio Nobel per la pace e leader dell’opposizione, Aug San Su Kyi, accaparrarsi un seggio, ne sono un segno. L’obiettivo principale di queste riforme, a detta di Thiein Shein, è riportare la democrazia nel paese e re-inserire il Myanmar nella comunità internazionale. Il governo di Naypyidaw non ha però le risorse necessarie per poter rilanciare autonomamente l’economia nazionale: per questo urgono capitali stranieri.
La Repubblica Popolare Cinese è stata per anni il principale partner economico e politico della ex colonia britannica ed è probabile che la Cina rimarrà ancora per molto tempo la maggiore fonte di investimenti dell’ex Birmania. L’attuale struttura economica del paese è troppo “Cina-dipendente” per poter pensare diversamente. Ciò non toglie che, dopo aver intrapreso l’impervio percorso verso la democrazia e la liberalizzazione, Myanmar possa cercare delle alternative o quantomeno dei partner complementari alla Cina.
Il Giappone, grazie alla democrazia consolidata e ad un’economia strutturalmente forte, ha tutte le credenziali per poter essere questo tipo di partner. È un paese asiatico, e non è poco: in un contesto fortemente nazionalista come quello del governo Shein, una credenziale  del genere potrebbe rivelarsi un’importante carta da giocare in politica interna. D’altra parte, Tokyo è alla ricerca di nuovi sbocchi per i propri prodotti. Dal dopoguerra in avanti, l’economia giapponese si è fondata sulle esportazioni e ha mantenuto il livello dei consumi interni relativamente basso. Una strategia che ha funzionato  bene fino ai primi anni Novanta, per poi entrare in una lunga stagnazione all’inizio del nuovo millennio.
Il modello commerciale giapponese si fonda sull’importazione di materie prime e sulle esportazioni di prodotti finiti, per lo più ad alto contenuto tecnologico. Il continuo rincaro di molte materie prime, l’entrata di nuovi paesi nel club degli esportatori di prodotti ad alta tecnologia, e il permanere di un elevatissimo debito pubblico, hanno sferrato duri colpi all’economia giapponese.
Soprattutto dopo che gli Usa avevano alleviato le sanzioni nei confronti di Naypyidaw, il Giappone ha compreso che il nuovo corso birmano aveva qualche chance di successo e ha deciso di inserirsi nel nuovo mercato.
Il Giappone è stato il primo fra i paesi sviluppati a ridurre il debito estero accumulato da Myanmar. Ora il recente annuncio relativo alla concessione di aiuti rappresenta un ulteriore passo all’interno della politica di riavvicinamento del governo di Shein. L’obiettivo finale di questo percorso, sia per il Giappone che per Myanmar, é però di tipo economico.
Fino ad oggi gli investimenti giapponesi nel paese sono stati risibili, ma ora sembra esserci l’intenzione di invertire il trend. L’ex Birmania, grazie alle enormi opportunità di investimento che offre, rappresenta un terreno praticamente vergine sugli investimenti, da cui il Giappone può estrarre alcune di quelle materie prime di cui è famelico. Non sorprende che il commercio bilaterale nell’ultimo anno fiscale 2011-12 sia quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente: si è passati da 493,8 milioni  a 822,5 milioni di dollari in soli 12 mesi.
Myanmar offre poi grandissime opportunità nel settore infrastrutturale. Una di queste è lo sviluppo del porto di Thilawa, situato nella periferia di Yangoon, la più grande città birmana (oltre 6 milioni di abitanti). Il governo intende costruirvi un grande parco industriale collegato al porto, con annessa una zona economica speciale.
Tre grandi gruppi industriali nipponici, Mitsubishi, Marubeni e Sumitomo, hanno siglato un contratto per lo sviluppo iniziale dell’area di 2400 ettari. Si tratta di un investimento del valore di 12,6 miliardi di dollari, tramite il quale i giapponesi deterranno il 49% di una joint venture con aziende pubbliche birmane. Entro il 2015 dovrà quindi essere completata la prima parte del parco industriale, grande 450 ettari.
I giapponesi hanno messo gli occhi anche sulla  zona limitrofa alla città di Dawei. Qui gli investimenti di Tokyo potrebbero essere effettuati in partnership con società thailandesi e riguarderebbero progetti infrastrutturali (strade, un porto, una centrale elettrica, un impianto petrolchimico e un’acciaieria). Non a caso, anche Dawei è una delle nuove zone economiche speciali istituite dal governo birmano, che ha suscitato l’interesse di numerosi investitori esteri tra cui l’Italia. Roma è stata coinvolta nel progetto di sviluppo del porto di Dawei attraverso la Italian-Thai Development Public Co. Ltd.
Sebbene i giapponesi non vi siano ancora stati coinvolti, altre aree su cui il governo birmano vuole scommettere in termini di sviluppo industriale ed economico sono Monywa (nel nord-est del paese), Kyauk Phyu e Sittway. Kyauk Phyu e Sittway, in particolare, si trovano nel difficile Stato di Rakhine, al confine con il Bangladesh, dove anche recentemente sono scoppiati scontri che hanno vista coinvolta la comunità musulmana rohingya.
Ad oggi molti progetti sono ancora sulla carta (i lavori sembrano essere iniziati solo a Dawei) ma le premesse per una partnership profittevole ci sono tutte. Dopo l’iniziale cautela politica di fronte ai primi segni di normalizzazione dati da Thiein Shein, Tokyo si è ora posta in prima linea nella corsa per accaparrarsi le opportunità economiche offerte dal Myanmar. Oggi più che mai i giapponesi sembrano essere i più determinati a fare della ex Birmania il nuovo Eldorado degli investimenti diretti esteri.

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