13 ottobre 2019

Capo carismatico ed economia

In questo articolo il prof. Saccà ci parla del valore, nella storia, del carisma di leader che hanno influenzato e modellato le società che hanno guidato. Naturalmente, questi personaggi avevano abbinato al carisma, anche carattere e competenza, indispensabili per la riuscita di un modello vincente nel loro particolare momento storico.

di Antonio Saccà
Nella società che definiamo pagana gli uomini erano uomini ma uomini cittadini, non esisteva l'uomo in generale o anche se esisteva aveva connotazioni precise, era un uomo ateniese, un uomo spartano, un uomo egiziano non quindi uomo e soltanto uomo, senza altra caratterizzazione. Inoltre l'ateniese teneva moltissimo ad essere ateniese, a onorare la sua città-patria, e così lo spartano, il tebano, lo stesso negli altri paesi. Gli antichi erano ospitalissimi ma nella diversità, senza commistione, ospitavano lo straniero come straniero. È vero che Alessandro Magno ed in parte Giulio Cesare ruppero questa mentalità cercando contaminazioni, Alessandro in parte riuscì a creare un amalgama tra le civiltà, ma Cesare fu ucciso anche per questa ragione, e nettamente fu annientato Antonio che si spingeva ad orientalizzare Roma.
Il cristianesimo apparentemente mutò la categoria dell'uomo - cittadino nella categoria dell'uomo universalizzato. Ma rimase un’astrazione, nella realtà storica il cristianesimo cattolico difese l'Occidente dai mussulmani, fu un cattolicesimo patriottico anche se non indifferente a prospettive universalistiche per le quali non esistevano la Patria ed il cittadino ma l'uomo universale figlio dappertutto di un solo ed unico Dio per tutti. Ciò è basilare per quanto diremo perché esistono eroi patriottici ed eroi santi, i primi si sacrificano per la Patria, i santi, di solito, per l'umanità ma anche per la fede cristiana, e quindi per l'Occidente, nel passato. Chiariremo.
Torniamo ai tempi in cui uomo e cittadino si connettevano, l'uomo nasceva cittadino, ateniese, spartano, egiziano, fenicio, romano... Nascendo egli conteneva valori identificativi, e tra i valori identificativi essenziali vi era l'amor patrio. Accrescere la fama, la gloria del luogo natio era una insorgenza naturale, l'individuo era individuo ma come individuo spartiva l'onere di tutelare ed accrescere con la sua forza individuale la Patria. Fare qualcosa di bello, grande, nobile per la Patria era un obbligo spontaneo, indubbio, così come essere vile, non combattere per la Patria, arrendersi, cedere allo straniero, venivano considerati infamia estrema, un parricidio. condannati pubblicamente e privatamente, parenti ed amici, la comunità non accettavano il vile, il perditempo, colui che non faticava per onorarsi ed onorare la Patria. Vigeva una stima sociale di suprema elezione in quelle società, in tal senso erano aristocratiche, nel porre in alto il giudizio sul valore. Gli ultimi erano ultimi ed i primi primi, la fede non sostituiva la conoscenza, se mai si univa alla conoscenza, certo la conoscenza non esaurisce la pulsione dell'uomo ma non bastava la fede.
Il greco si dibatteva tra l'eccesso e la misura ed attingeva ad entrambi. Era capace di vivere l'estremo senza farne vanto o strepito. Sacrifica la vita dominando il dolore e lo sforzo del sacrificio. Si straziava alla morte dei cari e tuttavia sembrava composto, misurato. Non sempre, ma spesso. La vertigine della passione e il dominio della passione, non l’annullamento della passione. Almeno nell'epoca “Classica”.
Di questa mentalità patriottica, aristocratica nel senso detto, annoteremo tre personaggi, a segno di ciò che l’uomo riesce a compiere se non si rilassa nel vivere per il non vivere.

MILZIADE
Milziade (550-489) è un personaggio celeberrimo come molti di coloro di cui diremo. Fu, quello antico, tempo epico, l'individuo veniva esaltato, le imprese osannate, il piccolo si considerava grande perché accadeva in una area ristretta, noi che abbiamo il mondo sotto lo sguardo svalutiamo gli eventi, sopra tutto perché non abbiamo il sentire dell'importanza del singolo. Milziade, ateniese, di famiglia aristocratica, padre di Cimone, che avrà un posto rilevante nell'Era di Pericle, è giustamente celebrato per la vittoria a Maratona sui persiani. Il 490, Dario, sovrano dei persiani, re dei re, di formidabile esercito si espande fino a pervenire alle sponde greche, i commerci, la indipendenza delle città-stato greche sono minacciati, si uniscono, combattono, fermano nella prima guerra contro la Persia il possibile dominio del Medio Oriente sull'Europa. Salvano l'Europa futura.

LEONIDA
Leonida, spartano, re di quella città-stato, anche egli è eroe per eccellenza dell'epica greca e dell'epica europea se non universale. Gli spartani formavano la gioventù alla guerra, non arte, non filosofia o una filosofia messa in atto come devozione totale alla città-stato, non vi era famiglia o proprietà che dessero legami privati, lo spartano era soltanto un cittadino. Quando l'immane esercito dell'impero persiano si espandeva al grado di attingere le isole greche e la Grecia, la Grecia, pur costituita da città-stato autonome e indipendenti, si unì, e una prima volta, con Milziade, a Maratona frenò la Persia. Successivamente tra coloro che fermarono l'imperatore persiano successore di Dario, Serse, fu Leonida, nel famosissimo passo delle Termopili, stretto, che impediva a Dario di spaziare con l'esercito. Leonida sapeva di morire ed anche l'esercito sapeva di morire contra tanti persiani, ma impegnò e dissanguò l'esercito persiano. A Platea e, con l’eroico Temistocle, a Salamina, i greci annientarono i persiani, originando la civiltà occidentale e consentendo l'Età di Pericle.

ETÀ DI PERICLE
Pericle, sconfitta la Persia, stabilì una democrazia aristocratica o forse, meglio, una autocrazia democratica. Fondando il suo potere sul consenso del popolo, cercando, ottenendo il consenso del popolo con decisioni a favore del popolo, poi, sempre con il favore del popolo lo induceva a compimenti aristocratici. È quanto faranno taluni Sovrani, taluni Signori del Rinascimento e taluni Pontefici e Cardinali del Cattolicesimo nel tempo in cui otteneva il consenso delle masse con la speranza della salvezza ed impiegava il contributo delle masse per somme opere nell'al di qua. In Pericle tutto era finalizzato alla CIVILTÀ, ad opere memorabili, anche se la memorabilità è un motivo, un'aspirazione dominante dell'antichità e propria di un sentire aristocratico. Chi crede e sente di valere vuole eternizzarsi. Pericle ne è cosciente, ha questo scopo limpidamente.
Stratega, uomo politico, amico di artisti e filosofi, determinatissimo a rendere Atene e se stesso immortali, coglie che tali fini può ottenerli con la democrazia, con il consenso del popolo, ed attua disposizioni che giovano al popolo, lo fa entrare senza costo negli spettacoli, ed erano spettacoli  elevatissimi,  tragedie o commedie  che dominano le scene da millenni, Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane... Fa pagare uno stipendio a chi assume cariche, fa pagare anche  i rematori, attua opere pubbliche per suscitare occupazione, consente pure a chi è di bassa condizione  di avere migliore condizione, ma sopra tutto usa il denaro, anche talvolta con distorsione dai fini, per accrescere Atene di opere tra le più ammirabili dell'arte, è il signore dell'Arte Classica, l'Imprenditore dell'Arte Classica. Come stratega ebbe vicende positive e meno fortunate, come politico disputò a lungo con l'aristocratico Cimone, riuscì a scacciarlo, quindi ebbero un certo accordo. Ebbe processi, accuse, anche la sua compagna Aspasia, Pericle aveva lasciato la moglie. Morì nel 429, era nato nel 495 a.C. da una famiglia di rango superiore, il padre, Santippo, fu uomo politico, la madre di eccellente origine, gli Alemenoidi, di nome Agareste, assai ricca, e imparentata con Clistene, uno dei massini legislatore di Atene. La morte lo colse nella tremenda peste di Atene, in guerra con Sparta, durante le Guerre tra le Città Greche (Peloponnesiache). Pericle evitava una battaglia campale, forse temendo l'esercito spartano. Alla sua morte cessò l'egemonia ateniese e succedette quella di Sparta. Ma la civiltà greca è la civiltà di Atene, e la civiltà di Atene è la civiltà dell'Era di Pericle. Nessuno ebbe chiaro come Lui il senso alto della democrazia come elevazione del maggior numero e adesione a scopi di altissimo valore artistico. La politica al servizio della cultura con uomini che individualmente e comunitariamente intendeva autostimarsi in se stessi e con altri stimabili. Fu legato a Fidia e ad Anassagora.
Anche se attualizzare il passato è sognare ad occhi aperti, qualche considerazione è possibile. Innanzi tutto, le epoche difficili di solito esigono un capo carismatico ed un gruppo di persone esemplari le quali attraggono il popolo. È l'unione carismatica tra popolo e capi (capo) che fa emergere dalla crisi, le fazioni distruggono i popoli. Inoltre, occorre una grande meta, il popolo è disposto ad enormi sacrifici se lotta per un grande scopo. Pericle per dare lavoro al popolo rese Atene quel capolavoro che è, Traiano, similmente, faceva lavorare per dare un salario ma per abbellire Roma, anche il cattolicesimo del passato ed i signori rinascimentali e molti sovrani suscitarono opere eterne, gli egizi per primi, dando lavoro. Credo che sono esempi utili ancora oggi, con il misurino ed il calcolatore non si procede. Carisma/popolo, grandi fini, e la gente rifà il cielo, non un lavoro da schiavi, all'opposto, un lavoro amato per il fine che arrecava e per la veemenza di chi lo proponeva.

Nessun commento:

Posta un commento