28 aprile 2016

1° maggio: Festa del Lavoro

di Franco Previte

Nella sua totalità, anche se nel nuovo secolo viene la Festa troppo strumentalizzata sul piano politico/sociale, ancora oggi viene considerata e ricordata la “Festa del 1° maggio” come una reazione naturale, continua e logica ad una forma antiumana, antisociale, antiliberista.
Oltre a questo vi è da valutare anche il contenuto ed il concetto cristiano del lavoro, considerando non a quello che è l’attività prettamente materiale dell’uomo, ma entrare in quella che è l’essenza e la finalità della persona umana. Soltanto così possiamo avere chiaro il significato della Festa del Lavoro!
Nella concezione liberale del lavoro, l’essere umano diventa soltanto strumento dell’arricchimento, poiché deve sottostare alle comuni leggi economiche, ma il concetto ed il pensiero socialista considera il lavoro non essere soltanto una merce sfruttata e che il capitalista non ne paga tutto il prezzo, ma una sola parte.
Nella concezione cristiana il lavoro è un’attività umana che tocca non soltanto i fattori di energie, forze, sinergie, ma anche deve considerare i valori spirituali ed intellettuali, praticamente di tutta la personalità umana.
È proprio da questa partecipazione totale dell’essere umano che nasce l’idea profondamente cristiana che il lavoro non è soltanto un fatto individuale, ma una prestazione al bene comune, forse oggi 2016, molto lontano da una forma sociale, altruistica, solidale.
“Il lavoro deve tornare ad essere luogo umanizzante”, questo è il Messaggio che la CEI (Commissione Episcopale per i Problemi Sociali e il Lavoro) lancia in occasione della prossima Festa del 1° maggio, “puntando l’occhio alla crisi occupazionale che attraversa anche il n/s Paese”.
Con questo Messaggio i Vescovi lanciano un Appello affinché “scuola e lavoro siano due esperienze che s’intrecciano e interagiscono”, rinnovando l’invito a colmare il divario tra Nord e Sud, considerando che “senza un Meridione sottratto alla povertà, alla dittatura ed alla imposizione della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero”.
Quindi il lavoro trascende l’aspetto economico e materiale e tocca i valori psicologici ed etici e ne scaturisce la differenza essenziale tra lavoro umano, attività dell’animale e della macchina.
Il lavoro umano ha in sé l’espressione più profonda della nostra dignità, il timbro della sua originalità e della sua personalità, ma è proprio dal concetto cristiano che scaturiscono le finalità del lavoro, quando lo si considera sotto un aspetto più luminoso e nel significato più profondo che è nel senso teologico.
In breve, il lavoro non è ordinato solo ai bisogni elementari della persona, dove queste sono finalità da cui è spinta la massima parte degli uomini che vi ritrovano, giustamente, l’unica fonte del loro reddito, ma questo, però, non può esaurire il senso del lavoro.
 L’attività lavorativa, infatti, per i cristiani è ordinata non solo al perfezionamento morale, spirituale di ognuno, ma soprattutto alla promozione del bene comune e dell’intera società umana. È in questo il significato del 1° maggio per il cristiano, poiché il lavoro diventa, ripeto, un mezzo ed uno strumento di espressione di solidarietà umana, forse oggi quasi totalmente esclusa.
Ciò che costituisce l’essenzialità del lavoro, è il contributo di conoscenza, di responsabilità che ogni lavoratore, anche il più umile, dà al mantenimento di un ordinamento sociale dovuto allo sviluppo della società stessa.
Il lavoro non ha soltanto un carattere personale, individuale, ma anche sociale, in quanto comporta un ordinamento giuridico e quindi deve sussistere un legame tra capitale e lavoro, come sussiste la stessa unità tra anima e corpo.
Il lavoro ha in sé un’utilità sociale, dobbiamo anche dire che esso comporta un imperativo morale che impegna ogni uomo nel periodo delle proprie possibilità e capacità a sviluppare le proprie risorse umane, a perfezionare noi stessi ed a dare il contributo richiesto dalla collettività di cui siamo membri.
Ma quest’opera di perfezionamento non è possibile senza creare una rete di condizioni, una situazione generale di cui ciascuno agevolmente possa essere se stesso e seguire la propria singola vocazione: la civiltà, la vera civiltà, la grande civiltà è opera comune, è la creazione di tutti e non di pochi.
Una società tanto è più perfetta quanto più consentirà a ciascuno di noi di concorrere alla edificazione del bene comune secondo le proprie capacità ed aspirazioni dando il proprio contributo non solo materiale, ma anche sul piano dello spirito.
È solo attraverso questo senso di solidarietà e di fratellanza umana che ci accomuna tutti indistintamente al di fuori dei Continenti delle socialità e delle razze, che potremo costruire nella società odierna una vera pace universale, dove però il perdurare di una crisi economica mette in moto l’ordine sociale “compresso” da una disoccupazione spaventosa giovanile di ragazzi, ragazze ed anche persone adulte.
Sotto questa espressione, il Documento dei Vescovi ammonisce che “il lavoro che ci sia o meno, tracima ed invade le vite delle persone”, mentre oggi 2016 vi è bisogno di “educare al lavoro” e tornare ad essere “luogo umanizzante” e non di forzatura involontaria.
La differenza culturale, economica, geografica tra Nord e Sud è molto vasta, discussa, animata e continuata ferocemente negli anni e tale da far vedere una notevole differenza povera, sofferente e tale da far subire un’emigrazione quasi come quella attuale che apporta poco rispetto alla dignità umana. 

Il contenuto degli articoli dei collaboratori, esprimono il pensiero degli autori e non necessariamente rappresentano la linea editoriale che rimane autonoma e indipendente.

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