10 agosto 2021

Il ruolo dei leader religiosi: quale tipo di leadership? Per quale mondo?

Estratto di un intervento tenuto al Summit Mondiale nel febbraio 2020 a Seul, Corea del Sud 

Rev. Dr. William A. McComish*


Qual è il ruolo di un ministro religioso? 

Giunsi alla conclusione che è qualcosa di simile alla stella che Mercedes usa come logo: una stella che brilla in tre diverse direzioni. La prima direzione è
la fede personale; la seconda è la comunità per la quale offri servizio e, alla quale, in un certo senso, devi lealtà; la terza è rivolta infine verso la comunità mondiale. Se manca una di queste direzioni, non state realmente svolgendo il vostro ruolo di clero. 

Ritengo che dovremmo essere chiari: se non siete leader, non siete clero, in quanto quest’ultimo ha il ruolo di guidare le proprie comunità. Esso può avere svariate forme: c’è la figura del sacerdote, il quale rappresenta una sorta d’intermediario tra le persone e Dio. C’è la figura del ministro della religione, come me, un presbiteriano, che è perlopiù un insegnante, un rabbino, come un imam. Questo è un ruolo diverso, ma i due risultano essere complementari. Si tratta di due figure riconosciute in diverse varianti della Chiesa cristiana. Tuttavia, ovunque nelle Chiese cristiane, così come nel resto delle religioni, il clero rappresenta la leadership della comunità, ed essa la riconosce come tale. Anche nell’Europa moderna, dove le istituzioni religiose non sono più così apprezzate come lo erano cinquant’anni fa, la gente è ancora religiosa e mantiene un enorme rispetto verso il ministro ordinato. Leadership dunque. Che tipo di leadership? Che tipo di mondo? 

Ho riflettuto a lungo qualche anno fa, quando feci un tour di conferenze rivolte a studenti di teologia in Hanil, Honam, Busan e in molti altri posti della Corea del Sud. Fu in quel momento che, come ministro presbiteriano, iniziai a mettere in discussione la mia identità: qual è il ruolo di un ministro religioso? Giunsi alla conclusione che è qualcosa di simile alla stella che Mercedes usa come logo: una stella che brilla in tre diverse direzioni. La prima direzione è la fede personale; la seconda è la comunità per la quale offri servizio e alla quale in un certo senso, devi lealtà; la terza è rivolta infine verso la comunità mondiale. Se manca una di queste direzioni non state realmente svolgendo il vostro ruolo di clero. Certamente non state adempiendo al vostro ruolo di leader. Dovete coltivare una fede personale. Dovete possedere una relazione con una particolare comunità. Dovete avere un rapporto con il mondo esterno con un messaggio e un’identità. Dovete sviluppare la capacità di offrire valori ad una più ampia comunità. Questi tre elementi sono essenziali. 


COMODITÀ CONTRO RESPONSABILITÀ 

Agli inizi le Chiese cristiane non avevano un clero organizzato. Si sviluppò quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’Impero Romano. Molti dei termini che ancora oggi utilizziamo quali vescovo, diacono, e sacerdote non erano affatto dei termini religiosi, bensì gradi dell’amministrazione secolare dell’Impero Romano. Ma il clero come leader... pensiamo al mondo in cui ci troviamo. 

Proprio questa mattina l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite ha espresso la sua preoccupazione per l’attuale condizione del mondo e la sua paura per l’immediato futuro con lo sviluppo delle guerre in corso, e il timore per l’eventualità di una guerra nucleare. 

Questo è il mondo in cui viviamo oggi e noi come clero siamo diventati, forse, troppo rilassati. Viviamo in condizioni di comodità. Abbiamo uno stipendio regolare. La comunità ci rispetta. Abbiamo un ruolo da svolgere. Ma questo non è abbastanza perché viviamo in un mondo d’ingiustizia e crudeltà, di male e di violenza. Come possiamo vivere comodamente in un mondo con quindici milioni di rifugiati? Come possiamo vivere comodamente quando ogni giorno ci sono guerre e ogni giorno altre persone vengono uccise? Con quanta intensità abbiamo pregato per la pace in Siria e nello Yemen? Con quanta intensità abbiamo pregato per la pace tra gli Stati Uniti e l’Iran? Spero abbiamo pregato intensamente per l’unificazione della Corea. 

Quest’ultimo è un problema molto grande, ma con tutto il rispetto per un paese che amo e che conosco molto bene, non è l’unico problema internazionale nel mondo oggi. 


COMPASSIONE PER I RIFUGIATI 

Dobbiamo proclamare la tolleranza. Ma ci sono cose di fronte alle quali non possiamo essere tolleranti. Non dovremmo essere clementi nei confronti dell’ingiustizia o della corruzione. Dobbiamo proclamare la giustizia, e non solo come una sorta di meraviglioso concetto astratto. La giustizia per i rifugiati è per me una questione importante a livello personale, perché nel diciottesimo secolo la mia famiglia fu massacrata in Scozia. Le donne e i bambini furono costretti a morire di freddo nella neve e fu una persona a giungere in Irlanda come rifugiata. Quindi credo che i rifugiati non siano criminali.

E quando Viktor Orbän [Primo Ministro Ungherese], che ho incontrato nella cattedrale di Ginevra, erige un muro contro i rifugiati e dice che sta difendendo la civiltà cristiana, metto in dubbio il suo giudizio, perché Gesù stesso era un rifugiato, e nella Bibbia riceviamo l’ordine specifico di accogliere lo straniero come accogliamo i senza padre, le vedove e gli orfani. E noi dobbiamo, in qualità di leader, incoraggiare il dialogo. 

Ora questo diventa più difficile con alcuni gruppi religiosi. Se c’è un tipo di nuovo centro religioso di persone che possono pregare insieme, che hanno valori simili e che sarebbero felici di adorare insieme, ci sono anche persone che sentono di non voler avere niente a che fare con altre persone. 

Questa è una delle tristezze della mia vita e del nostro tempo - che in qualche modo i crepacci stanno diventando più ampi e profondi e dobbiamo ammetterlo.
Ci sono movimenti come la Universal Peace Federation e altri che riuniscono le persone insieme. Grazie a Dio. Ma ci sono anche persone che vogliono costringere l’umanità a separarsi. Noi dobbiamo proclamare la giustizia sociale. Siamo una religione in cui non vi è né schiavo né libero, né donna né uomo, né nero né bianco. Questo è ciò che dobbiamo proclamare, ciò per cui dobbiamo lavorare. 


PREGA E SII ATTIVO 

Penso sia giusto ammettere che c’è tanto male nel mondo. Sento, invecchiando, che nel nostro mondo ci sono persone che formano l’opinione pubblica e lo fanno in modo malvagio. Anche dopo aver trascorso la mia vita nelle Chiese protestanti francesi sono molto interessato al mondo anglofono, perché sono cresciuto in Irlanda, nella Chiesa presbiteriana. 

Sono inorridito dai leader del mondo anglofono di oggi... vedo gente volgare, vedo gente che mente, gente sessista, e gente razzista. Ritengo che questo sia il tipo di atteggiamento che sta avvelenando le menti del mondo. Questo è il nostro nemico, e se siamo leader, questo è ciò che dovremmo opporre - non mettendoci seduti a non far niente, ma pregando ed essendo attivi. 

Tempo fa, per la giornata delle Nazioni Unite nel 1999, quando ero decano della Cattedrale di Ginevra, l’ambasciatore svizzero delle Nazioni Unite ci chiese di fare qualcosa per l’occorrenza. Così radunai alcuni dei miei amici nel mio ufficio alla cattedrale. Cosa si fa in occasione del raduno di un gruppo di ecclesiastici del clero? Si scrive un testo, ed io penso che lo abbiamo scritto particolarmente bene. Intorno al tavolo non eravamo solo protestanti. C’erano cattolici, ortodossi, Baha’i. C’erano cattolici, musulmani ed ebrei tradizionali, e persone che non erano molto sicure. E insieme abbiamo scritto un testo; un testo scritto per l’occasione, ma che divenne, direi, di validità generale. Si chiamava “L’Appello Spirituale di Ginevra”. Perché è diventato importante? Divenne importante perché non era un testo new-age. Non racchiudeva dei bei sentimenti. Enunciava tre cose che non potevamo accettare, si tratta di tre negatività profetiche che risiedono ancora oggi nel cuore della gente. Concluderò leggendo a voi il seguente estratto. 


L’appello spirituale di Ginevra 

Poiché le nostre convinzioni personali o le religioni a cui siamo fedeli hanno in comune il rispetto per l’integrità dell’umanità, poiché esse stesse hanno in comune il rigetto per l’odio e la violenza, così come la speranza per un mondo migliore e più giusto, in rappresentanza delle comunità religiose e delle società civili, facciamo appello ai leader di questo mondo, qualunque sia il loro campo d’influenza, affinché aderiscano fermamente ai tre principi seguenti: 

• il rifiuto d’invocare un potere religioso o spirituale per giustificare la violenza di qualsiasi tipo; 

• il rifiuto di invocare una fonte religiosa o spirituale per giustificare la discriminazione e l’esclusione; 

• il rifiuto di sfruttare o dominare gli altri tramite la forza, la capacità intellettuale o la persuasione spirituale, il benessere o lo stato sociale; 

Che Dio vi benedica tutti. 


*Decano emerito della Cattedrale di San Pietro, Presidente del “Geneva Spiritual Appeal” 

Professore di Storia delle Religioni all’università di Oxford, l’esperienza del
Dr. McComish nella mediazione e nel dialogo interreligioso lo ha portato ad agire in regioni di conflitto in Africa e in Asia. È tra gli autori del “Geneva Spiritual Appeal”. 

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