10 febbraio 2016

Verso quale società

La relazione del Dott. Lee(1), precisa in modo molto interessante la concezione sulla società contemporanea e sul suo sviluppo ideale. Il seguente articolo riprende le idee generali di Lee esposte negli anni settanta, del secolo scorso(2)

Dott. Sung H. Lee
In ogni epoca, si è cercato di risolvere i problemi posti dal desiderio di realizzare una società in grado di assicurare il benessere a tutta l'umanità. In campo economico, l'ostacolo essenziale al conseguimento di quest’obiettivo, è il problema della povertà e della disparità di redditi.
Le diverse teorie elaborate per eliminare l'ingiustizia sociale, si sono evolute fino al punto di formare due sistemi di pensiero contrapposti. La democrazia si sforza di eliminare gli inconvenienti che le sono propri in modo graduale e in forma pacifica. Il comunismo sosteneva che una società libera e giusta si poteva attuare solamente con la distruzione del sistema capitalista. Sulla base d'applicazione dei due sistemi e considerandone i rispettivi risultati, possiamo trarre alcune conclusioni. 
Vantaggi del Capitalismo
Il principio fondamentale e stimolante dell'economia capitalista, basata sull'istituzione della proprietà privata, è il profitto individuale. Nonostante che il capitalismo, derivante dalla filosofia dell'individualismo e del liberalismo, abbia effettivamente favorito la ricerca d’interessi egoistici, il fatto che autorizzi il profitto individuale, ha comportato, sul piano dell'efficacia, vantaggi non certo trascurabili. Infatti, grazie al meccanismo del libero mercato, la domanda e l'offerta dei diversi prodotti regolarizza la distribuzione effettiva delle risorse e stimola lo sviluppo economico. Inoltre, alla libertà delle imprese di impegnarsi nella direzione che preferiscono, si aggiungono le libertà del lavoratore di scegliersi il suo impiego e del consumatore di selezionare i beni presenti sul mercato, possibilità entrambe sempre più reali in un giusto sviluppo economico. Infine, nelle nazioni in cui il capitalismo è stato applicato nel modo più efficace, la rapida espansione dell'economia ha permesso di risolvere quasi del tutto il problema della miseria e di assicurare un tenore di vita relativamente elevato all'insieme della popolazione. 
‘Comprendere la motivazione umana è la chiave a un buon governo. Gli incentivi che permettono alla gente di perseguire la vita, la libertà e la felicità, porta alla produttività economica e alla crescita.
… il perseguimento della felicità e dello sviluppo economico non è male in se stesso, lo è quando qualcuno lo persegue a discapito degli altri’(3).
Inconvenienti del Capitalismo
Evidentemente, però, il sistema capitalista è ben lungi dalla soluzione di tutti i problemi. In particolare, il fatto che il profitto ritorni inevitabilmente nelle mani del proprietario dei mezzi di produzione, rappresenta il maggiore ostacolo per ridurre le ineguaglianze economiche. La tendenza dei capitalisti di ignorare l'interesse della comunità, ad esclusivo vantaggio del loro profitto personale, annulla l'effetto regolatore del mercato sui prezzi e ritarda il progresso sociale. 
Di conseguenza, l'economia è periodicamente minacciata da fenomeni d'instabilità, quali l'inflazione, l'aumento dei prezzi, la disoccupazione, ecc. Qualsiasi governo che non permette ai suoi cittadini di raggiungere liberamente i loro obiettivi è un sistema che li forza a perseguire gli obiettivi di altri.
Una politica monetaria responsabile non è quella di rimuovere il governo dal processo, né di regolamentare l'industria in modo da bloccare l'economia, ma di trasformare il governo in un arbitro economico che impone buone regole che siano applicate a tutti su un piano di parità.
Inconvenienti del Socialismo
Parallelamente, anche l'economia socialista si è mostrata irrazionale e inapplicabile in diversi settori, e incapace, inoltre, di realizzare in pratica gli ideali della teoria centralizzata. Gli inconvenienti maggiori derivano dall'abbandono del profitto individuale e del sistema del libero mercato. Venendo meno la stimolazione del profitto, diminuisce il desiderio di produrre di chi lavora, con effetti negativi facilmente comprensibili per la produttività. Senza il libero mercato, che riflette la fluttuazione della domanda e dell'offerta, il consumatore non ha più voce in capitolo; i bisogni e i prezzi sono stabiliti artificialmente dal piano di produzione, elaborato dal potere centrale. Come conseguenza, si verificano accumuli eccessivi di riserve od enormi sprechi, parallelamente ad una deficienza cronica dei beni di consumo elementari. Come rimedio contro questa inefficienza congenita, si applicano diverse misure, quali un sistema di salario differenziato, l'assegnazione d'autorità ad un determinato impiego, l'introduzione forzata di ore di lavoro supplementari, ecc. 
In conclusione, in entrambi i sistemi sono presenti contraddizioni e carenze, e nessuno dei due può risolvere in via definitiva la povertà e le ineguaglianze economiche. Per questo, entrambi si sforzano di attuare delle riforme e delle revisioni atte ad eliminarne gli inconvenienti.
Revisione del Capitalismo
Il sistema capitalista attuale è, in effetti, notevolmente differente dal sistema economico totalmente libero dei secoli XVIII' e XIX'. 
Si può dire che la sua fine si sia avuta quando il presidente Roosevelt, per combattere la grave depressione economica degli anni 1929-1933, diede l'avvio a quell'indirizzo d'intervento statale nell'economia, noto col nome di "New deal", (Nuovo corso). Questa concezione dei ruoli complementari dello stato e dell’impresa privata, si è oggi generalizzata a tutto il mondo capitalista; inoltre molti elementi di economia pianificata si sono inseriti nel sistema, che, attualmente, potrebbe essere definito come una forma di "capitalismo socializzato". Il potere dei padroni delle imprese è oggi limitato e controllato, non solo dal governo, ma anche dai sindacati dei lavoratori, il cui peso è sempre più crescente all'interno del sistema. Si attuano misure per limitare il potere dei monopoli, per rafforzare il meccanismo della previdenza sociale, per una più equa distribuzione della ricchezza. Il carattere pubblico dell'impresa privata s'è affermato al punto che il capitale e la gestione sono oggi trattati come due settori distinti all'interno dell'impresa. 
Però, malgrado tutte le innovazioni e i cambiamenti sociali ed economici, enormi problemi rimangono insoluti. L'ineguaglianza fra padroni e lavoratori non è stata affatto eliminata, ed il divario fra nazioni progredite e sottosviluppate tende ad aumentare. Inoltre, non esiste coordinazione efficace, a livello mondiale, sulle decisioni economiche. 
Può un governo essere buono? Possiamo dire, in generale, che uno Stato buono protegge i suoi cittadini dall’essere danneggiati, e uno Stato cattivo userà i suoi cittadini come mezzi per i suoi fini.
Revisione del Socialismo
Il sistema socialista, sviluppatosi a immagine dell’ex-Unione Sovietica, ha subito anch'esso una leggera evoluzione in senso opposto. Negli anni 60, la formula del profitto è stata parzialmente reintrodotta nell'economia sovietica, tollerando anche una limitata autonomia delle imprese, rispetto al potere centrale. Malgrado quella timida liberalizzazione, i problemi non furono risolti, poiché, in sostanza, l'insieme delle attività e dello sviluppo economico, era deciso ed imposto da una burocrazia gerarchica, istituita e controllata dal partito. Questo portava né più né meno a un nuovo tipo di società di classe, che potremmo definire come "capitalismo di monopolio". 
L’interesse privato guida tutte le persone, e la giustizia richiede che l’interesse personale sia fermato quando danneggia gli altri. È arrogante pensare che qualsiasi sistema di governo può raggiungere una giustizia perfetta solamente controllando l’interesse privato.
Problemi Insolubili
Da un punto di vista strettamente economico, i due sistemi, alla fine, sono andati verso una direzione comune, ossia, il capitalismo socializzandosi e il socialismo liberalizzandosi. Però, al di là delle innovazioni e degli sviluppi dell'economia, vi sono in entrambi i sistemi, dei problemi senza risposta. Problemi di ordine propriamente non economico, quali la decadenza morale, la criminalità; i conflitti fra gruppi etnici, razziali, tra differenti generazioni, e, più in generale, l'alienazione, presenti nella società capitalista. 
Il problema della soppressione di elementari diritti umani, della persecuzione religiosa e dei dissidenti, della continua pressione morale e mentale esercitata costantemente sulla popolazione, nella società di tipo socialista. 
Inoltre, poiché tanto le nazioni del mondo capitalista, quanto quelle del mondo a regime centralizzato, lottano per la loro supremazia, non è possibile evitare i conflitti internazionali, causati da questi contrasti d'interesse, né tanto meno colmare il divario fra nazioni progredite e nazioni sottosviluppate. Quindi, il problema della coesistenza pacifica fra sistemi autoritari o centralizzati e sistemi democratici, è molto acuto. Sul piano economico, quest’obiettivo, come abbiamo visto, si potrebbe anche raggiungere, a lungo termine. In generale, però, i vari sistemi si trovano su posizioni molto distanti, per cui ogni accordo non può essere, al momento, che provvisorio e artificioso. Di conseguenza, per superare i limiti propri di ciascuna società, deve essere scoperta e applicata una soluzione comune, che le inglobi e, nello stesso tempo, le trascenda. 
Il ruolo principale del governo è di fornire un ambiente che protegge i cittadini nella loro ricerca della vita, della libertà e della felicità. Ciò richiede non solo la difesa contro eserciti invasori, ma anche l'eliminazione di tutti i consolidamenti della vita politica, economica, o di potere delle informazioni che permetteranno a chi detiene un tale potere, da utilizzare per il proprio beneficio personale a scapito dei cittadini.
Un punto di vista Culturale
Secondo il punto di vista storico e culturale proprio del Pensiero dell’Unificazione, tutti i problemi della società contemporanea sono l'effetto della crisi culturale che ha colpito il XX' secolo e si sta ancora protraendosi anche nel secolo attuale. Secondo quest'ipotesi, la storia umana si ricollega essenzialmente alla storia delle civiltà. A questo riguardo, è interessante costatare che, all'origine di qualsiasi civiltà, troviamo una religione principale: l'Induismo in India, l'Islam per la civiltà araba, il Cristianesimo per quella occidentale moderna, ecc. In effetti, anche se la religione interessa principalmente la vita interiore, essa produce, per così dire, lungo la sua scia, le più profonde rivoluzioni culturali. Ogni religione ha una certa concezione di Dio, dell'uomo, del mondo, vale a dire un'ideologia intrinseca; questa ideologia si trasferisce gradualmente nei costumi e nella vita pubblica, formando così una sfera culturale. 
Si può così osservare che, quando la religione, o l'ideologia, su cui è basata una civiltà, non fa più presa sugli spiriti degli uomini che la formano, essa decade e scompare, poiché vengono a mancare i valori su cui si reggeva. Lo sviluppo e la decadenza delle civiltà greca e romana confermano questa tesi. Per quanto riguarda la civiltà occidentale, che ha ancora oggi (fino a quando?) un ruolo predominante sul nostro globo, essa deriva dalla cultura cristiana del Medio Evo, sconvolta e completata dalla Riforma e dal Rinascimento. In questo modo, la cultura occidentale contiene, nello stesso tempo, degli elementi del Cristianesimo, che ne hanno diretto la vita spirituale e morale, e del materialismo, che ha ispirato lo sviluppo delle scienze, della tecnica e della economia. La storia della civiltà occidentale dopo il Rinascimento si riassume nell'antagonismo fra due concezioni opposte: una, centrata su Dio, del Cristianesimo, l'altra, centrata sull'uomo, del materialismo. Dopo la Rivoluzione industriale, il Cristianesimo è stato sommerso gradualmente dalle ideologie materialiste, culminate alla fine nel marxismo, che rappresentava il sistema di pensiero anti-cristiano per eccellenza. 
Vi era quindi una netta distinzione fra il materialismo liberale, o umanesimo, che predominava nelle società di tipo capitalista e tollerava l'esistenza del cristianesimo, pur non accordandogli una posizione di primo piano, e il materialismo comunista, presente nella società socialista, che rigettava violentemente il cristianesimo. Di conseguenza, tutto il mondo della cultura si è forgiato nell’ideologia materialista, e la religione stessa è capitolata di fronte all'avanzata del materialismo, cedendo la sua posizione di preminenza. A dispetto dei benefici che ne sono derivati sul piano pratico, il materialismo ha provocato lo sgretolamento dei valori tradizionali e un generale senso d'alienazione. 
Per questo la cultura contemporanea per tutto il secolo scorso fino al momento attuale, può essere definita "materialista" o " tecnologica", e i sistemi capitalisti e socialisti si basano, in fin dei conti, su questa medesima cultura, nonostante le evidenti differenze politiche, economiche e sociali. 
Il mondo moderno è nato quando la sussidiarietà è diventata un principio tacitamente accettato nella ricerca della libertà personale e della felicità. Si crea un problema, tuttavia, se la parte del sistema che ha il maggior potere comincia a controllare le altre parti dello stesso. Questo è ciò che accade con il potere incontrollato e il malgoverno. È la fine della sussidiarietà. Le istituzioni sociali hanno bisogno di controlli e contrappesi sul potere e sull'educazione morale al fine di evitare di consolidamento che alla fine porta al collasso politico o economico.
La Nuova Cultura 
La cultura contemporanea, a causa del suo punto di vista materialista, è quindi inadatta a risolvere i problemi non strettamente economici del nostro mondo. Il declino morale e spirituale che si manifesta in Occidente, è il segno dell'abbandono dei valori fondamentali. Nello stesso tempo, la dissidenza in atto nei paesi autoritari dimostra la ribellione naturale e spontanea di uomini avviliti al rango di strumenti economici. I conflitti d'interesse nazionale e il fossato che separa le nazioni ricche da quelle sottosviluppate, derivano da meschini egoismi nazionalistici. Tutti questi problemi non potranno mai essere risolti con metodi materiali o tecnologici, poiché il fattore che li ha generati è spirituale e morale, e corrisponde al declino o alla mancanza di uno standard di valore. Questi problemi sono il frutto della cultura contemporanea materialista, che rinnega la dimensione spirituale propria dell'uomo. La confusione e l'instabilità del nostro mondo non possono, in effetti, che aggravarsi, senza la genesi di una nuova cultura, che derivi da una concezione spirituale dell'uomo e che abbia il potere, per l'universalità della sua visione, di risolvere la crisi culturale della nostra epoca. 
Il ruolo della religione(4) nei conflitti di questa prima parte del 21° secolo è molto più profondo di quello attribuitogli dalla tradizionale scienza politica o dalle teorie di risoluzione dei conflitti. Conseguentemente, gli approcci di mediazione laica statale e di dialogo internazionale si trovano su vicoli ciechi in molti dei conflitti moderni. La fragilità di numerosi stati si trasforma in terreno fertile per gli estremismi, gli approcci diplomatici esistenti e le soluzioni proposte hanno grandi limitazioni, e le strategie basate sulla forza sembrano solo produrre altre sfide e maggiore violenza nel medio e nel lungo termine.
In un mondo di conflitti complicati, dove vi è un aumento della paura e del senso di alienazione, non esistono soluzioni semplici. Le Nazioni Unite, e tutti coloro che cercano di dare un contributo positivo alla pace, necessitano di espandere le loro competenze di mediazione e di dialogo al fine di adattarsi meglio al ruolo che la religione ha nei conflitti.
La Universal Peace Federation(5), il cui stato consultivo speciale presso l’ECOSOC si basa sulla sua esperienza nel campo del dialogo interreligioso, ha sempre sostenuto la necessità di una più ampia valorizzazione del dialogo interreligioso, in quanto essenziale per la pace e lo sviluppo umano.
Quest’affermazione si basa sulle seguenti premesse:
1. La religione rimane una forza vitale nella vita della maggioranza della popolazione mondiale.
2. Nonostante il processo di modernizzazione e secolarizzazione si sia ampiamente diffuso per diversi secoli, esso non è stato assorbito tanto quanto ci si sarebbe aspettati. In realtà, per molti versi, la religione ha vissuto una marcata e robusta rinascita in molte parti del mondo.
3. Le idee religiose e di fede non hanno semplicemente a che fare con questioni ultraterrene, ma sono direttamente collegate alla società e alla vita di questo mondo. Come ogni sociologo o antropologo ci confermerebbe idee e credenze religiose hanno un ruolo determinante nella vita di persone, famiglie, società e nazioni.
4. La religione svolge molte funzioni mondane positive, alcune delle quali sono: a) fornire un quadro di significato; b) fornire una base per l’etica e le pratiche come pazienza, moderazione, servizio agli altri, e non violenza; e c) promuovere la donazione attiva e il servizio ai bisognosi, attraverso la filantropia, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, ecc.
5. Religioni socialmente impegnate, è ormai un dato di fatto, sono ampiamente praticate da credenti di tutte le tradizioni.
6. La religione ha anche il suo lato oscuro, e in questo senso è simile ai governi, agli Stati nazionali, e alle corporazioni del settore privato. La religione è troppo spesso complice di forme di nazionalismo, etnocentrismo, estremismo, divisioni e lotte settarie, e violenza, contribuendo così all’instabilità delle società e delle nazioni. Tuttavia, piuttosto che evitare, ignorare, o semplicemente “giudicare” la religione, si dovrebbe:
a. Offrire sbocchi costruttivi per la religione;
b. Portare la religione nella sfera pubblica affinché assuma le proprie responsabilità.
Il dialogo interreligioso aiuta a raggiungere questi obiettivi.
Per ognuna di queste ragioni, il dialogo interreligioso è importante, anche se non come fine in se stesso. Il dialogo interreligioso ha i suoi scopi e conseguenze, sia intenzionali che involontari.
Prima di tutto, il dialogo si occupa dello scambio tra almeno due interlocutori: come Martin Buber li chiama, “io” e “tu”. Noi non dialoghiamo da soli.
Ancora più importante, il dialogo autentico comporta non solo parlare, ma ascoltare. Un atteggiamento di ascolto sincero tende a dare origine alla comprensione dell’altro, e poi alla fine all’apprezzamento e al rispetto, e, infine, alla cooperazione. L’obiettivo del dialogo non è il sincretismo o la conversione.
Per questo motivo il dialogo interreligioso, in linea generale, promuove e porta a certi risultati, come maggiore fiducia, superamento delle barriere, aumento della familiarità, un maggiore apprezzamento per l’altro, a volte l’amicizia, a volte un risveglio a nuove intuizioni.
Tali risultati sono utili per l’umanità, e contribuiscono alla pace e allo sviluppo umano.
Si potrebbe suggerire due modi attraverso cui la religione e il dialogo interreligioso possono contribuire al perseguimento degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile) dopo il 2015:
In primo luogo molte religioni già sostengono e promuovono una buona parte degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile).
In secondo luogo, nella misura in cui il dialogo interreligioso aiuta a prevenire o risolvere alcuni dei fattori che contribuiscono ai conflitti e all’instabilità all’interno e tra le società, ha un impatto positivo sull’ambiente sociale, culturale, spirituale ed etico dell’insieme o delle infrastrutture.
In terzo luogo, le religioni sono tra i più potenti fattori in gioco nelle forze sociali e storiche delle vicende umane, ed hanno accesso diretto alla stragrande maggioranza della popolazione umana a livello individuale e a livello di comunità.
In quarto luogo, le religioni possono essere partner dell’ONU nel contribuire a raggiungere gli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile).
In conclusione, le religioni e il dialogo interreligioso dovrebbero essere inclusi e integrati come partner a pieno titolo, insieme con i governi, la società civile e il settore privato, in partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.
Principi Direttivi
Tale concezione universale deve essere in grado di procurarci una scala di valori accettabile da tutti. Ciò che è definito "bene" dagli uni deve esserlo, anche per gli altri, ciò che è considerato "vero" dalla nuova generazione deve esserlo anche per la precedente, ciò che è considerato come "profitto", nelle relazioni internazionali, per una nazione deve esserlo, anche per tutte le altre, e così via. 
Tale visione non può d'altronde essere esclusivamente spirituale. Infatti, il punto di vista spirituale tende ad essere indifferente agli sviluppi della scienza e della tecnica (ad es. la lunga stagnazione delle civiltà orientali è stata determinata in gran parte dal disprezzo degli uomini religiosi per la cultura scientifica), così come il punto di vista materialista ignora troppo facilmente l'eredità spirituale di una civiltà (ad es. la rivoluzione culturale cinese ha rigettato completamente il confucianesimo tradizionale). Solamente l’idea filosofica che saprà rispettare degnamente l'eredità spirituale dell'umanità, stabilendo, nello stesso tempo, una nuova cultura unificatrice, basata sull'armonia fra spirito e materia, potrà risolvere la crisi culturale del mondo contemporaneo. Solo allora emergerà la vera società del benessere, cui tutti gli uomini aspirano.

1. di Sung H. Lee, direttore dell'istituto del ‘Pensiero di 'Unificazione’
2. Articolo rielaborato da Giorgio Gasperoni
3. Gordon Anderson - “Life, Liberty and the pursuit of Happiness, version 4.0”
4. Antti Pentikäinen  -  Coordinatrice del “Network for Religious and Traditional Peace”
5. Thomas Walsh è il presidente dell’Universal Peace Federation, una ONG con un stato consultivo speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, e con sedi e programmi in oltre 100 nazioni.

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