1 febbraio 2007

MEPI - Iniziative di Pace in Medio Oriente

di Antonio Ciacciarelli

Dal alcuni anni la IIFWP-UPF organizza un pellegrinaggio di pace in Israele e Palestina chiamato “Middle East Peace Initiative”, in breve MEPI. Si sono svolte finora 18 MEPI, con la partecipazione, in ognuna di esse, di centinaia di partecipanti provenienti da quasi tutte le nazioni del mondo. Dal Maggio 2003, da quando questa iniziativa è partita, sono andati più di diecimila Ambasciatori di Pace in Terra Santa, non solo per visitare i luoghi sacri delle tre religioni monoteiste ma anche per incontrare leader politici e della società civile ed avere un confronto serio ed approfondito sul come portare pace alla regione.

Scopo di questi pellegrinaggi, ai quali partecipano, oltre che comuni cittadini, importanti esponenti di molte religioni e di vari campi della società civile, è portare un messaggio ed una testimonianza di pace sia alla leadership palestinese ed israeliana, che ai due popoli in conflitto.

Il messaggio fondamentale si riassume in una parola: riconciliazione. L’ultima iniziativa si è svolta dal 18 al 25 maggio 2006. Quest’ultima iniziativa che si è svolta lo scorso Maggio in Israele, Giordania e Palestina ha portato circa 300 delegati dalla Corea, Giappone, Stati Uniti ed Europa.

Le caratteristiche della MEPI
Possiamo dire con certezza che la MEPI è l’unica iniziativa di pace al mondo con due caratteristiche peculiari “esteriori”: quelle della internazionalità e della continuità, e due “interiori”: quelle della riconciliazione e della riaffermazione della necessità, perché si possa giungere alla pace in Medio Oriente, del riferimento all’unico Dio. Non dobbiamo infatti farci illusioni: queste peculiarità sono a mio avviso anche delle precondizioni, senza le quali la pace non si potrà mai realizzare. Si potranno fare dieci, cento, mille convegni; redigere dieci, cento, mille analisi storiche; stipulare dieci, cento, mille trattati, ma la pace sarà sempre fuori portata.

La ricerca della composizione della lotta in una situazione nella quale tutti i popoli coinvolti hanno, dal proprio punto di vista, tutte le ragioni, ed in cui anche una iniziativa di difesa passiva (il muro) è al centro di mille polemiche, non può non passare attraverso qualcosa che va oltre (pur non ignorandoli) il diritto e l’accademia, e che è il cuore. Il motto della serie di iniziative della MEPI è: “Heart to heart for peace”, e cioè “Cuore a cuore per la pace”; questo non è il titolo di una sdolcinata canzone o uno slogan adottato perché suggestivo; è invece allo stesso tempo una via ed un obiettivo. E’ una via perché indica nella realtà l’unica strada percorribile, quella che si basa sugli unici punti in comune tra tutti i contendenti: la loro umanità e la loro discendenza da un unico Dio, e prescinde quindi da diritti che, pur se reali ed innegabili, sono nella realtà inconciliabili. O meglio, sono conciliabili solo nel riconoscimento reciproco dell’umanità, della dignità umana e della divinità dell’altro.

E’ un obiettivo perché è inevitabile che le persone idealiste e di fede, come i partecipanti alla MEPI, incontrino nel percorso verso la pace, che per essi è assolutamente sincero e disinteressato, alcuni che cercano di deviare e di utilizzare a proprio vantaggio ciò a cui proclamano a gran voce di aderire spassionatamente e senza precondizioni.

E’ un obiettivo però anche e soprattutto perché è ciò che verrà realizzato alla fine. In una situazione senza via d’uscita apparente, l’unica soluzione è il ricorso ad un valore superiore sia ai contendenti, sia all’oggetto del contendere. Questo è il motivo profondo della MEPI, che sta mobilitando enormi risorse, sia della IIFWP che dei partecipanti, per raggiungere un obiettivo grandioso.

Perché in Terra Santa?
Ci si potrebbe chiedere perché si è dato il via ad una iniziativa di pace in quello che apparentemente è l’ultimo posto al mondo che potrebbe vederla, la pace; sarebbe stato molto più facile organizzare in altri luoghi una simile mobilitazione per raggiungere quasi sicuramente degli obiettivi più limitati ma importanti: non mancano certo conflitti nel mondo i cui protagonisti sarebbero pronti ad accogliere, dopo le reticenze necessarie a salvare la faccia, gli inviti alla pacificazione avanzati da tanti e così illustri personaggi, religiosi e politici.

La realtà è che la fine del conflitto israelo-palestinese è la chiave per la risoluzione di tutti gli altri conflitti. Se si sarà in grado di contribuire alla fine di questo odio che divide così profondamente i due popoli, allora per tutti gli altri conflitti sarà molto più semplice.

Non c’è infatti al mondo lotta più profonda, incondizionata e radicata, in cui tutte le motivazioni possibili sono coinvolte: religione, territorio, cultura, diritto internazionale, razza… di quello del quale stiamo parlando.

Il merito principale della MEPI consiste, secondo me, nell’aver individuato il cuore del problema: il conflitto religioso, sia attivo che passivo. Attivo quando dei sedicenti leaders religiosi attizzano il conflitto; passivo quando altri leaders religiosi nulla fanno per spegnere l’odio scatenato dai primi.

La pace in Medio Oriente, e poi nel mondo, passa attraverso la riconciliazione religiosa, e non semplicemente attraverso il “dialogo religioso”. La riconciliazione è molto più alta, nobile e difficile da realizzare del dialogo. Il quale è necessario, anzi, indispensabile, ma può portare frutti solo dopo una vera e profonda riconciliazione e dopo il perdono ed il servizio reciproci. Esattamente gli obiettivi che la MEPI sta perseguendo.

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