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Di Antonio Saccà
Partecipare a dei Convegni serve a scopi distinti, esprimere opinioni, ascoltare opinioni. È da tempo che mi si presentano in maniera martellante alcune opinioni, così insistenti da esigere un tentativo di comprensione, giacché non è pensabile che tanta insistenza avvenga senza motivo. La tematica presentata è precisabile in questi termini: Uno, Unione, Accoglienza, Dialogo, Apertura, l'Altro, Amore, Solidarietà, Amicizia... e, in capo a tutto, l'ossessiva presenza delle religioni, della loro comprensione e della comprensione tra di esse, come se da siffatto incontro comprensivo ne uscissero pace, benessere...
Al dunque, sono decenni che frequento i Convegni dell'UPF (Universal Peace Federation), in Italia ed all'estero, e sono decenni che mi imbatto negli stessi discorsi, altrui e miei. Di recente, a Palazzo San Macuto, in Roma, e nella sede di Colle Mattia, l'UPF, con il suo Presidente per l'Italia, Carlo Zonato, ed Elisabetta Nistri Calì, che presiede la Federazione delle Donne per la Pace (WFWP) si sono svolti due Convegni che unisco data la problematica. Il fondamento teologico, direi, dell'UPF, è l'esistenza di un Dio per l'intera umanità, dal che nascerebbero la fratellanza, la pace, giacché diversamente saremmo fratelli nemici, figli malnati di uno stesso Padre. Tutti gli elementi aggregativi: incontri, sport, viaggi tra popoli ostili, vengono esaltati per suscitare conoscenza, rispetto, unione, per tornare figli di un solo Padre. Nella descrizione che Carlo Zonato faceva di queste esperienze, aggiungendo la campagna per i diritti umani, la libertà religiosa, l'avversione alla droga, la ricostruzione della famiglia vi è sempre la sussistenza di questo Padre Uno ed Universale, che trovava empito sentito nel passato Presidente dell'UPF Italia, Giuseppe Calì, il quale sente ciò che dice in modo “spirituale”, un sentirsi uniti all'altro, un sentirsi figli e fratelli, non soltanto un concepire ma un vivere la fraternità e la figliolanza, un Dio in noi ed un noi in Dio... a queste concezioni essenziali si aggiungono, tesi al fine dell'unità, contributi estesissimi, e mondiali...
Torniamo alle relazioni, Elisabetta Nistri Calì mette in chiaro il ruolo delle donne nella società, qualità femminili che vengono esclusivamente dalle donne... la cattolica Bernadette Fraioli, la evangelica Dora Bognardi manifestavano l'urgenza del dialogo, dei punti di accordo, questa aspirazione all'unico Dio, che, ripeto, è l'essenza di tali convegni. Della stessa opinione, dialogo, accoglienza, Padre Torrito S.J. Nel terreno più sociale, in vista di questo bene comune, Maria Grazia De Angelis, Presidente AISLO (Associazione italiana di studio del Lavoro per lo Sviluppo Organizzativo) ribadiva le concezioni esposte nei suoi testi e nelle molteplici iniziative di cui è protagonista: che occorre un profitto non immoderato, un'organizzazione di impresa che valorizzi le competenze, una dirigenza che sappia stimolare le capacità, la De Angelis è particolarmente attenta all'organizzazione aziendale come strumento efficace per l'impresa utile socialmente e valorizzatrice delle personalità.
In tanta amicizia, apertura, fraternità, collaborazione, dialogo tra le religioni, vanno distinte opinioni convinte che bisogna aprirsi all'altro ma con qualche ritegno. E, paradossalmente, nei confronti dell'Islam, la più diffidente è stata un'islamica, Souad Sbai, che, nella riunione di San Macuto, manifestava il pericolo di una eccessiva fiducia, fino alla passività, dell’Europa, soprattutto dell'Italia, dagli effetti non rassicuranti. Cauto anche Giorgio Gasperoni, Direttore della rivista e del Blog “Voci di Pace”, organi dell'UPF, che rilevava l’esistenza di diversità da non sottovalutare e che il dialogo non può, anzi non deve occultarli, e Gasperoni riproponeva queste opinioni anche nell'incontro a Colle Mattia. In realtà questa ricerca di somiglianza può diventare negatrice delle diversità, perfino un'autonegazione pur di “venire incontro”. Ma ne dirò successivamente...
Il Convegno tenutosi a Ronciglione, Villa Lina, aveva una caratteristica preziosa, il luogo dove si svolgeva era il Convegno, lo incarnava. Se non conoscete Villa Lina, meglio, conoscendola comprenderete che potrebbe essere la vita fuori dai modi in cui la viviamo. Da tempo la vita è nella Città, qualcuno ha vantato le caratteristiche accrescitive delle metropoli, scambi, conoscenze, teatri, conferenze, vita associativa: vero. Eppure, se tutto ciò avviene contro la Natura è un'amputazione mortale. Alberi ben radicati da centenaria esistenza, fronde diramate come nuvole verdi, cipressi, affusolati, stradine ammantate di cime che si toccano ombrative, spazi erbosi, fontane, e sotto i piedi terra argillosa, al dunque, Natura, colori, odori, sensi che respirano vita, e la Città appare da un diverso aspetto: rumori, disturbo, agitazione... Certo, limitarsi ad un'esistenza immedesimata nella Natura diminuirebbe ma diminuisce non stare nella Natura. Ecco la questione, l'unilateralità. Abbiamo perduto la Natura e non ce ne accorgiamo. Il Convegno di Ronciglione pone questa esigenza, animata da Maria Gabriella Lavorgna, che ha suscitato la Fondazione Il Mandir della Pace, ha collaborato la solerte Giovanna Canzano. Anche in tal caso si discute dell'io che si fa noi, della vicendevole responsabilità, del ritrovarsi nell'Uno e nell'Unione con fondamenta francescane e contributi di spiritualità musulmana, indiana, steineriana, e aspetti salutistici... Che l'Eros sia energia vitale coinvolgente, affermativa, come diceva la psicoterapeuta Maria Consiglia Santillo è certo, che bisogna ritrovare il legame dell’umanità con la Natura, è necessario, ne parlava Clara Orlandi, rifacendosi agli aborigeni. Del compiere riti celebrativi naturalistici che collegano l'uomo all'Universo, al modo pagano, parlava in prima persona Paola Igliori, “signora” di Villa Lina, la quale celebra i cambi di stagione, date significative, feste, un concreto rinascere dei culti; altre relazioni evidenziavano la fondamentalità dell’Arte, così Fiorella Capuano, mentre Eleonora Mingoia, proponeva anche tecniche armozzatrici dell’uomo con la Natura: respiro, movimenti... insomma, un inno alla Vita. Il Convegno di Roncigliore era soprattutto basato sulla “riconciliazione” dell'umanità con se stessa, il “Noi”, e dal Noi Umanità con la Natura in un afflato cosmico; i due convegni dell'UPF valorizzavano soprattutto la sintonia tra le religioni, come presupposto del riconoscimento dell'unico Dio. Molta prossimità. Scrivo ora quanto detto nei Convegni: questo Uno è caratterizzato nelle varie religioni o le sormonta? Che rapporto esiste tra l'Uno e il Dio di ciascuna religione? La religione dell'Uno è una nuova religione o che altro? Perché c'è un abisso tra le religioni che dialogano ciascuna con i suoi tratti, e la religione che prende gli elementi comuni e stabilisce una religione che ha un qualcosa di tutte ma non si specifica in alcuna! Al dunque, che sarebbe l'Uno? Sarebbe la comunità Cosmico Umana? Sia: Ma non esisterebbero differenze? Assurdo. Mi è difficile comprendere questo tremore per le differenze, quasi recassero conflitto. Il contrario, e l'io /tu che costituisce il rapporto, la relazione. L'identico, il “Noi”, l'Uno soffocano la diversità e suscitano il conflitto. D'altro canto è la biodiversità, opportunamente promossa ad esempio al Convegno di Ronciglione, a suggerire anche per la società umana la... biodiversità. Altrimenti, rischiamo la cancellazione delle differenze (Gasperoni, Saccà, Souad Sbai), ma soprattutto di coartarle in una violentata unità ed essere impreparati quando le differenze emergono. È il punto essenziale: che fare quando ci troviamo di fronte al nemico, all'ostilità, alla prepotenza, al male, insomma? Noi possiamo predicare e praticare il Bene, ma se qualcuno ci è avverso con determinazione virulenta. Che facciamo? Il singolo può decidere di subire, anche il martirio, ma i popoli? Né vale a proposito San Francesco, né Gandhi. Gli inglesi non massacrarono milioni di persone... Ciascun individuo creda in un Dio a suo modo, purché conviva con gli altri “Dio”. Insomma, non l'Uno, ma gli Uno, mi sia consentita l'espressione. Ed ancora, che posto hanno i non credenti? Talvolta sembrerebbe che se non si è credenti si è tagliati fuori della comunità umana o non si hanno “valori”. Al dunque, non bisogna temere che le differenze suscitino conflitto, e snaturarci per essere come l'altro, non bisogna perdere la coscienza che l'altro può non esserci amico. Detto questo, esaltiamo l'Eros, preferisco il termine della Santillo, i riti sacrali, Igliori, l'arte, Capuano, l'immedesimazione nella Natura, Orlandi, il sentire il divino in noi, Giuseppe Calì, chi lo sente, ferme le differenze (Gasperoni, Saccà), e addirittura la possibilità di fronteggiare l'avversione (Souad Sbai).
Ma vorrei concludere in maniera prosaica. Viviamo la situazione peggiore economicamente e, in connessione, sociale, di ogni altra epoca, oso dirlo perché non vi sono élite qualitative, aristocrazie. Non basta dirsi spirituali, non basta celebrare la famiglia, non basta Dio, non basta l'Uno, per costituire una civiltà qualitativa. Anzi, può stabilirsi l'inclusione indifferenziata, l'ammucchiata planetaria, la Torre di Babele. Rischiamo la condiscendenza al basso, per timore di dire “no”. Il sistema capitalistico, almeno in Occidente, è mortale, non crea occupazione, accentua le diseguaglianze, investe in tecnologia che elimina lavoro, importa immigrati per pagarli meno, è malata di speculazione finanziaria. Nel Convegno a Colle Mattia, Maria Grazia De Angelis ed Evaldo Cavallaro hanno ricordato Muhammad Yunus e la Grameen Bank, il credito minimo a chi intraprende, hanno ricordato le cooperative, hanno opportunamente criticato i modi in cui viene dato il denaro a governi di paesi poveri, corrotti, dissipando somme ingenti. Nel Convegno a Villa Lina ho parlato della mia concezione dell'impresa per l'occupazione. Nella stessa occasione anche Domenico Cavaliere sosteneva il punto mortale del capitalismo, perfino ipotizzando una moderna schiavitù. In un Convegno presso l'Ambasciata Indiana a Roma, si discuteva del BRICS, e dell'eventualità che il XXI secolo sia il “secolo indiano”, ne discutevano Pier Ferdinando Casini, Fabrizio Cicchitto, Benedetto della Vedova, tra gli altri. I dati forniti dalla relatrice, Emaluela Scridel, che ha pubblicato un saggio sulla economia indiana nella Rivista di studi politici internazionali ed un volume sulle modalità dello sviluppo di quel Paese, sono terrorizzanti, noi siamo in decadenza assoluta. Una crisi economica radicale può vanificare ogni concezione unitaria dell'umanità. Dedicarsi all'economia e tentare di salvarci anche materialmente è un'esigenza imperiosa. Un suggerimento.
L'articolo uscirà su "Il Borghese" di novembre
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