12 giugno 2016

RIFORMISMO, RIVOLUZIONE O REAZIONE

di Antonio Saccà
Stiamo perdendo la pazienza? O no? Di sicuro nei dialoghi la pazienza l'abbiamo perduta. Fatto sbalorditivo: si discute di economia più spesso di quanto si discute di calcio o di spettacoli visivi. Lamentele, più che altro ma è una indicazione di insopportabilità. Reputare segno di pessimismo dannoso questa insopportabilità è da falsificatori della realtà. Non si tratta di sfiducia immotivata, si tratta del non potere stabilire fiducia. La volontà esiste, altrimenti saremmo già perduti, ma non riesce a conquistare mete rassicuranti, tutt'altro. In questi anni di crisi, quale risultato abbiamo messo in salvo?
L'occupazione dei giovani? No. Pensioni migliorate? No. Età pensionabile accorciata? No. Età pensionabile accorciata con una pensione non sminuita? No. Attenuata pressione fiscale? No. Attività meno incombente delle agenzie fiscali? No. Una giustizia più rapida e.… giusta? No. Una immigrazione contenuta? No. In compenso otteniamo: l'accrescimento del debito pubblico, l'impoverimento di milioni di persone, la catastrofe dei ceti medi, il disfacimento delle abitazioni con svendite mefitiche, fallimenti a non contare, lavoro nero illimitato, criminalità senza argini, accresciuta presenza di stranieri che rimediano il nostro denatalizzarci, evento temibile, alla lunga distruttivo... le Banche, poi, sempre rifornite e sempre da rifornire. L'enorme liquidità della Banca Centrale Europea non è servita a salvarci positivamente ma a turare le falle, che si riaprono...
È dissennato far questioni sull'ottimismo e sul pessimismo. Non stiamo con il naso in aria immobili. Cerchiamo di operare. Ma resta che dal momento della crisi ad oggi, nessuno può dichiarare che la crisi è finita, che il futuro sarà migliore del presente, e quei Paesi, rari, come la Germania, che tengono, sono, appunto, rari, e reggono per varie circostanze: una antica potenza produttiva nel campo dei prodotti tecnici di uso civile, una collaborazione radicale dell'impresa con le maestranze, un atavico sentimento di vittoria. Sia che sia, l'Europa, come insieme, barcolla, gli Stati Uniti pure, pure la Russia, oggi, pure la Cina, pure il Giappone... alcuni paesi asiatici avanzano, anche in Africa, i minimi salari servono, ma è il Primo Mondo inficiato e non c'è stata soluzione. Quel che non viene avvertito è il mutamento cruciale del capitalismo. Se dei paesi sottosviluppati si sviluppano, sommergono i paesi avanzati con merci a basso costo. È una delle ragioni della nostra difficoltà a risorgere. Del resto ci roviniamo volendo questo fenomeno. Crediamo di essere scaltri con il ricevere merci a basso costo e fingere che siano nazionali. O le produciamo altrove, sovente spostando le imprese. L'idea che il capitalismo è internazionale e bada soltanto al profitto, contribuisce all'evento. Ciò significa che quando si concepisce lo sviluppo dei paesi arretrati, questo può determinare un’ulteriore difficoltà per noi, in quanto, appunto, gli altri producono a minor costo. Certo, si favorisce un mercato davvero mondiale e quindi vie di sfogo vicendevoli. Ma è pur sempre la competitività che prevale e vince non solo la qualità ma anche il minor costo. Al dunque, lo sviluppo onnilaterale non garantisce la soluzione alla crisi, la quale dipende anche da una circostanza tellurica: l'esasperata produttività a mezzo delle tecnologie robotiche e dell'intelligenza artificiale, un Robot intelligente, insomma, capace di lavorare ben oltre i limiti umani e sostitutivo dell'uomo. Ne scrivo da anni, in ogni mio libro, da ultimo in “Tramonto dell'alba ed eclissi dell'io”, che da ultimo, ho presentato a Messina nell'Associazione “Amici della Sapienza”, Onlus, diretta efficacemente da Teresa Rizzo, ne ha parlato Aristide Casucci.  Ormai, però, ne scrivono in molti, ma pochissimi colgono lo sfacelo che avverrà nei sistemi produttivi. Se, infatti, i Robot intelligenti sostituiscono i lavoratori e gli uomini come vivranno questi ultimi? Non troveranno lavoro! Ecco il punto catastrofico! Non sarà come nel passato, quando le macchine suscitavano lavoro ciascuna nel suo campo. Una delle cause, e nel tempo la causa decisiva della impossibilità dei sistemi economici odierni a continuare come nel presente, è la negazione organica di suscitare occupazione. I nostri sistemi economici disoccuperanno masse. A tale stadio i sistemi produttivi non potranno vivere per il profitto, il quale disoccupa o sott’occupa, vacui saranno rimediucci come il pensionamento anticipato, la licenziabilità, siamo attanagliati da sistemi produttivi che producono a minor costo e dai nostri sistemi produttivi che usano i Robot al posto dell'uomo, fenomeno che si diffonderà planetariamente. Allora? Non è tempo di riformette ma di rivoluzione o di restaurazione. La Restaurazione consiste in un dominio di pochi ricchissimi padroni di Entità Mondiali che si impongono e che passano sopra milioni e milioni di persone ridotte a sopravvivere, al massimo. La Rivoluzione consiste in una redistribuzione della ricchezza sociale e nel tener conto di chi non ha lavoro integrandolo comunque nella spartizione della ricchezza sociale. Ed anche: nella diminuzione dell'orario di lavoro; nell'impresa di lavoratori per mantenersi, lavorando quanto necessario; nell'impresa che ha per scopo l'occupazione non il profitto. Da tenere in conto che se davvero giungeremo a fonti di energia come la fusione nucleare, il lavoro non avrà senso d'essere. Dovremo, saremo obbligati a dare agli uomini quanto prodotto senza gli uomini. Sembrano fantasie. Me lo dicevano anche quando sostenevo che i Robot prevarranno sugli uomini. Oggi lo dicono quotidianamente in tanti. È tempo di rivoluzione. E sia chiaro: quanto compiamo per salvare l'economia è risibile. O dannoso, come avviene con l'importazione a valanga di straniere per scemare il costo del lavoro, creando maree di sottoccupati e di marginalizzati senza lavoro, pronti a tutto.

Il contenuto degli articoli dei collaboratori, esprimono il pensiero degli autori e non necessariamente rappresentano la linea editoriale che rimane autonoma e indipendente.

Nessun commento:

Posta un commento