9 maggio 2025

L’intelligenza artificiale e la coscienza: una distinzione necessaria

di Giorgio Gasperoni

Nel dibattito sempre più acceso sull’intelligenza artificiale, emerge spesso una confusione tra ciò che le macchine sono in grado di fare e ciò che significa essere umani. La capacità dell’IA di elaborare enormi quantità di dati, generare linguaggio naturale, simulare emozioni o ragionamenti, affascina e inquieta. Ma vi è un punto su cui è urgente fare chiarezza: l’intelligenza artificiale non possiede né potrà mai possedere la coscienza.

La coscienza non è il prodotto di una quantità di calcolo, né un epifenomeno emergente della complessità. Essa è esperienza interiore, libertà, intenzionalità, e per molti anche apertura al trascendente. Le macchine, per quanto avanzate, non “sentono”, non “vogliono”, non “decidono”. Esse simulano comportamenti, ma non sono soggetti morali. Non hanno un “io”.

Questa distinzione non è solo filosofica: è etica, antropologica e spirituale. Se dimentichiamo che l’essere umano è insostituibile nella sua dignità, rischiamo di costruire società disumanizzate, in cui le persone sono ridotte a numeri e i criteri di giudizio a meri algoritmi. È compito della cultura, dell’educazione e anche della spiritualità, custodire questa differenza ontologica e non lasciarsi sedurre dalla mitologia tecnologica.

L’IA potrà essere un potente strumento al servizio dell’uomo, ma mai un sostituto della sua coscienza. La sfida etica del nostro tempo è proprio questa: utilizzare la tecnologia con intelligenza, ma vivere con coscienza.

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