di Albertina Soliani,
Quello del 1945. Quello che ha aperto il mondo nuovo: delle democrazie, delle Costituzioni, del diritto internazionale, della convivenza pacifica dopo le macerie della seconda guerra mondiale, dopo la sconfitta storica del nazifascismo, nella consapevolezza del limite invalicabile dopo Hiroshima. Dopo il trionfo dell'umanità sulla disumanità. L'umanità al potere, non più la disumanità al potere. Quaranta giorni fa, il mondo nato da quel 25 aprile è stato travolto dall'aggressione della Russia di Putin all'Ucraina. Sul suolo europeo, all'inizio del secondo decennio del XXI secolo. Per questo, il nostro sgomento incredulo, per questo, la nostra nuova Resistenza. Con tutti i mezzi possibili della non-violenza, della politica, della diplomazia, con la più grande solidarietà con i popoli che resistono. Perché la sfida è radicale, morale, umana: si deve resistere contro la disumanità al potere oggi. Come allora, per sempre antifascisti, per sempre resistenti. Come si diceva un tempo: ora e sempre resistenza. Con il popolo dell'Ucraina, con il popolo del Myanmar, con il popolo curdo, con il popolo Sahrawi, con i popoli di tante altre terre martoriate. Resistere vuol dire sognare un mondo diverso per la nostra vita, per la vita umana, per la vita delle nuove generazioni. Si resiste per difendere la Patria, sacro dovere del cittadino (art. 52 della Costituzione).
Resistere è dovere sacro, come ci ricorda Liliana Segre. Come resistere, se con le armi o no, con quali mezzi, nell'epoca tecnologica, delle comunicazioni e della propaganda, è tema di discussione. Ma resistere è categoria fondamentale della coscienza, dentro la storia. Viene sempre l'ora della Resistenza. Questa è l'ora della nostra consapevolezza e della nostra responsabilità. Per questo, oggi, non basta festeggiare quel 25 aprile. Un altro 25 aprile è davanti a noi, ed è tutto da conquistare. Quello di una nuova liberazione dalla guerra, dalla violenza del potere, dal dominio dei più forti. Oggi. Tra quel 25 aprile 1945 e il prossimo, che è ora nelle mani di questa generazione, c'è il tesoro della democrazia, conquistata a così caro prezzo. Con l'unità antifascista. Un tesoro tutto da difendere e da consolidare. Le democrazie sono sotto pressione in tutto il mondo, e indebolite, specialmente in occidente. Solo con la resistenza, e con la conquista continua e quotidiana della democrazia, pur con tutte le sue fragilità, è possibile costruire processi di pace globali e duraturi. Cioè più avanzate conquiste di libertà, di uguaglianza, di rispetto della dignità della persona e dei diritti umani fondamentali, di giustizia per tutti. Processi di pace, esigenti e faticosi, non solo dichiarazioni o manifestazioni che invocano la pace, pur indispensabili. Con un po' più di ragione e di fantasia, dopo la costruzione dell'ONU subito dopo il 1945, e dentro la sua attuale insignificanza, ci sarà da costruire un nuovo assetto internazionale che esprima pienamente la prorompente volontà di pace dell'umanità. Con la politica, che governi sfide, tensioni, interessi; con l'azione diplomatica che costruisca soluzioni ai problemi, con la diplomazia civile dei cittadini, delle città, delle istituzioni, delle associazioni e dei movimenti. A Casa Cervi, davanti alla loro vita e al loro impegno, i sette Fratelli Cervi avevano posto il mappamondo. Sognavano di spazzare via dal suo orizzonte ogni dittatura, ogni ingiustizia, ogni guerra. Diceva Aldo: pane e pace. Tra il buio della storia e la luce di un futuro diverso, hanno messo la loro vita, i loro corpi e la loro iniziativa. Hanno retto l'urto della storia e hanno vinto. In questa lotta titanica, che si ripresenta oggi sotto i nostri occhi in modo così esplicito, anche se in condizioni diverse, noi abbiamo da assumere la nostra responsabilità. Di fronte alle sfide globali che sono davanti a noi, a noi compete la responsabilità di costruire l'Unione Europea, una unione politica, economica, sociale, solidale, accogliente. Con tutte le sue culture. Con una difesa comune che protegga questi valori, con una prospettiva politica di disarmo che trasformi le lance e le spade in falci e aratri. Il trattore che porta nei campi il mappamondo. Campi non più percorsi dai carri armati, non più violati dalle mine, non più profanati dalle fosse comuni. Un'Unione Europea capace di offrire al mondo un soggetto democratico che costruisca e faccia crescere multilateralità e pace. È la nostra responsabilità, come europei. Tocca a noi, nessuno lo farà al posto nostro. È questa Europa, fondata sull'unità delle diversità, in varietate concordia, sul diritto, sul rispetto di ogni persona, sulla solidarietà, che oggi il mondo attende. Questa è l'Europa che dobbiamo costruire oggi. Il messaggio di Ventotene arriva potente fino a noi, è davanti a noi. Non possiamo festeggiare il 77° anniversario del 25 aprile se non ci assumiamo l'impegno di determinare il nuovo 25 aprile di liberazione. Con la fine di questa guerra, con l'immediato cessate il fuoco, con la fine dei tanti conflitti nel mondo, con nuove relazioni internazionali di pace. Il grande popolo di Casa Cervi sa che il 25 aprile è per sempre, sa che ogni fase della storia dell'umanità ha sempre bisogno di un 25 aprile. L'umanità di oggi, l'Italia, l'Europa di oggi, hanno bisogno di un nostro nuovo 25 aprile. L'Ucraina, il Myanmar, tutti i popoli che nel mondo soffrono guerre e aggressioni, stanno resistendo per il loro nuovo 25 aprile. Noi resistiamo con loro, e con l'umanità intera che sogna e vuole cieli nuovi e una terra nuova. Ne ha diritto. Secondo l'ispirazione di Papa Francesco: Fratelli tutti. Mettiamo a disposizione ciò che è nella nostra libertà: la nostra vita. Come i partigiani, come i sette Fratelli Cervi.
1 Presidente dell'Istituto Alcide Cervi
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