18 dicembre 2025

Giornata Mondiale dei Diritti Umani: principi universali per la pace tra i popoli

«Settantasei anni fa, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani pose al centro dell’ordinamento internazionale un principio semplice e rivoluzionario: ogni persona, in quanto tale, è titolare di diritti inviolabili. È questo il messaggio che la comunità internazionale volle affidare al futuro, traendo lezione dalle macerie morali e materiali dei conflitti mondiali. È un messaggio che continua a sollecitare la nostra coscienza collettiva».

Con la Dichiarazione del Presidente della Repubblica diffusa in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, da cui sono tratte queste parole, Sergio Mattarella ha ricordato che i diritti sono obiettivi da difendere e rinnovare ogni giorno, specialmente in tempi segnati da conflitti, disuguaglianze e nuove minacce alla convivenza pacifica.

Per celebrare questa ricorrenza, la Universal Peace Federation (UPF) e l’Associazione Interreligiosa per la Pace e lo Sviluppo (IAPD) hanno promosso il convegno “Libertà di Fede, Credo e Coscienza: Diritto fondamentale per la Convivenza e l’Integrazione Europea”, svoltosi giovedì 11 dicembre 2025 presso Esperienza Europa – David Sassoli a Roma.

Moderato da Gabriella Mieli, responsabile delle relazioni esterne di UPF Italia, l’incontro ha riunito esponenti del mondo istituzionale, accademico e giornalistico con l’obiettivo di sensibilizzare governi e opinione pubblica a favore di un ordine internazionale fondato sul rispetto dei diritti umani.

Il convegno si è aperto con i saluti istituzionali di Elena Grech, Vice Direttrice della Rappresentanza della Commissione Europea in Italia, che ha sottolineato come, per l’Unione Europea, i diritti umani costituiscano un fondamento essenziale dell’identità europea.

Richiamando l’importanza della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, ha rimarcato che la tutela dei diritti non si esaurisce entro i confini europei: l’UE impiega infatti anche strumenti finanziari e sanzionatori, come il regime globale di sanzioni adottato nel 2020, per colpire i responsabili di genocidi e torture a livello globale. Secondo Grech, la credibilità internazionale dell’Europa dipende dalla coerenza interna: per questo, il rapporto annuale sullo stato di diritto monitora nei 27 Stati membri aspetti cruciali come la libertà di stampa e l’autonomia del sistema giudiziario. In chiusura, ha paragonato i diritti umani alla luce: ci si accorge davvero della loro importanza quando “la luce si spegne” e ci si ritrova nell’oscurità.

Carlo Zonato, Presidente di UPF Italia, ha quindi aperto i lavori illustrando la visione della Fondazione per la Pace istituita dai coniugi Moon, evidenziando la dimensione spirituale dell’esistenza umana e paragonando il bisogno di nutrimento per il corpo alla necessità di verità e amore per lo spirito. Per l’oratore, la libertà di fede, credo e coscienza rappresenta il fondamento di tutti i diritti umani: quando questo principio è minacciato, tutte le altre libertà risultano più fragili. Ha poi presentato, con l’ausilio di un video, la IAPD, sottolineando che, pur nella diversità delle pratiche, le religioni condividono valori universali. Concludendo, ha ribadito un punto centrale: la libertà di culto non è un privilegio politico, ma un diritto essenziale per la dignità della persona.

Prima di presentare il relatore successivo, Gabriella Mieli ha letto un messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, che, richiamando la preoccupante riduzione dello spazio civico, ha riaffermato la responsabilità etica di proteggere i più deboli.

È quindi intervenuto Antonio Stango, Presidente della Federazione Italiana Diritti Umani, soffermandosi sul divario tra il diritto internazionale e la realtà contemporanea. Ha invitato a confrontare i principi dei trattati con le azioni violente compiute da numerosi Paesi membri delle Nazioni Unite, ed ha espresso dure critiche verso regimi da lui definiti “totalitari”, come l’Iran, che pretendono di imporre norme di condotta persino nella sfera più intima della coscienza.

Stango ha inoltre confutato la tesi secondo cui i diritti umani sarebbero un concetto occidentale non applicabile ad alcune tradizioni, citando l’esempio di Taiwan: una società di cultura cinese in cui le libertà religiose e democratiche sono garantite, a dimostrazione della compatibilità dei diritti universali con contesti culturali diversi.

Marco Respinti, direttore di Bitter Winter e giornalista, ha osservato in modo provocatorio di provare una certa “allergia” per le “giornate mondiali”, soprattutto quando rischiano di ridursi a cerimonie commemorative che diventano un alibi per trascurare i diritti nel resto dell’anno. Per Respinti, i diritti umani non sono “creati” dalle leggi, ma appartengono alla natura umana: negarli significa, in ultima analisi, disumanizzare la persona. La libertà religiosa, intesa in senso non clericale, sarebbe il “diritto politico fondamentale”, perché implica la libertà di determinare il significato ultimo della propria esistenza. Ha infine richiamato il fatto che violazioni e restrizioni non avvengono solo nei regimi totalitari, ma talvolta anche nelle democrazie occidentali, citando casi discussi in Francia e in Canada.

Nella sua relazione, Raffaella Di Marzio, fondatrice e direttrice del Centro Studi LIREC, ha posto l’attenzione sulle violazioni che colpiscono le minoranze religiose, spesso etichettate in modo dispregiativo come “sette”, evidenziando come alcuni media possano contribuire a fomentare ostilità e discriminazioni. Ha richiamato due fenomeni particolarmente preoccupanti e ancora poco discussi: da un lato, forme di collusione tra religioni dominanti e Stato nel limitare gruppi minoritari (come nel caso della Chiesa ortodossa russa nei confronti dei Testimoni di Geova); dall’altro, la “deprogrammazione”, pratica segnalata in Giappone, Corea del Sud e Italia, che può includere rapimenti e coercizioni psicologiche e fisiche volte a costringere persone a rinunciare alla propria fede. Secondo Di Marzio, la risposta passa dall’educazione delle nuove generazioni e dalla promozione di una comprensione reciproca capace di superare i pregiudizi.

È intervenuto poi Angelo Lucarella, esperto in diritto costituzionale e questioni europee, osservando che, anche dove la libertà religiosa è formalmente riconosciuta nelle costituzioni di Stati ritenuti autoritari (come Cina e Iran), la sua attuazione concreta dipende dal sistema vigente e dalla relazione tra individuo, autorità statale e potere religioso. Ha aggiunto che i diritti non sono sempre presentati in modo esaustivo e vincolante nelle costituzioni, e richiedono spesso un lavoro interpretativo. In conclusione, ha individuato in populismo e fondamentalismo due dinamiche diverse ma convergenti nel mettere a rischio le libertà, sottolineando la necessità di un’educazione globale ai diritti umani che vada oltre la semplice enunciazione di principi.

Riccardo Burigana, Direttore del Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia, ha tracciato l’evoluzione storica della Chiesa cattolica: dalla posizione secondo cui “l’errore non ha diritti” fino alla dichiarazione Dignitatis Humanae del Concilio Vaticano II, che riconosce la libertà religiosa come diritto fondamentale. Ha menzionato l’impegno di Paolo VI e Giovanni Paolo II e ha richiamato le nuove frontiere del dialogo interreligioso, non orientato alla conversione ma alla conoscenza reciproca e alla pace, in continuità con lo “Spirito di Assisi” avviato nel 1986. Ha infine ricordato alcune sfide attuali, inclusi i dibattiti sui diritti legati all’orientamento sessuale, ribadendo l’impegno delle chiese cristiane europee nella tutela dei diritti umani.

L’ultimo intervento è stato quello di Matteo Luigi Napolitano, storico dell’Università del Molise e diplomatico, che ha richiamato l’attenzione sulle sfide diplomatiche emergenti, osservando che la democrazia non può negoziare con il suo opposto assoluto, come rappresentato dall’Isis. Il punto centrale della sua relazione ha riguardato l’esistenza di una “seconda carta dei diritti”, la Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam (1990), che subordina i diritti alla Sharia e pone un conflitto concettuale e pratico con la Dichiarazione Universale del 1948. Napolitano ha spiegato che questo dualismo genera difficoltà diplomatiche e che i tentativi di individuare un punto d’incontro tra le due visioni sono ancora in corso, con possibili ripercussioni su dossier sensibili, tra cui la questione palestinese.

In chiusura, Carlo Zonato ha conferito il titolo di Ambasciatore per la Pace al giovane filantropo Francesco Pio Piccolo e al professor Gianni Cara, che ha ritirato il riconoscimento tramite un delegato, in segno di apprezzamento per il loro impegno sociale e umanitario.

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