7 aprile 2025

«A tutti gli uomini di buona volontà»

Pacem in Terris e il sogno di una pace universale

di Giorgio Gasperoni

Nel cuore della Guerra Fredda, Papa Giovanni XXIII si rivolge all’intera famiglia umana. La sua enciclica del 1963, rivolta a tutti gli uomini di buona volontà, resta un faro per chi crede che la pace sia una vocazione condivisa. Una riflessione attuale alla luce della visione unificazionista.

«La pace sulla terra, suprema aspirazione di tutta l’umanità, non può essere stabilita e consolidata se non nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.»

— Giovanni XXIII, Pacem in Terris, 1963

Un messaggio per il mondo intero

Quando l’11 aprile 1963 Giovanni XXIII firmò Pacem in Terris, scelse un destinatario inedito: non solo i cattolici, non solo il clero o i credenti, ma tutti gli uomini di buona volontà. In un’epoca segnata dalla paura nucleare e dalle divisioni ideologiche, l’enciclica si propose come un appello universale alla coscienza umana.

Una pace costruita sulla verità

Il Papa descrisse la pace come un edificio fondato su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà. Senza questi elementi, nessun accordo può essere duraturo, nessuna sicurezza può essere vera. È un linguaggio che non parla solo ai cristiani, ma a ogni persona che desidera costruire un mondo più giusto.

«Ogni essere umano è persona, soggetto di diritti e doveri inalienabili.»

— Pacem in Terris

Il valore universale della dignità umana

L’enciclica richiama con forza il principio che ogni uomo e donna possiede una dignità inviolabile. Questa dignità non nasce da concessioni dello Stato, né da privilegi religiosi: è iscritta nella natura stessa della persona, creata da Dio. In questo riconoscimento, la visione di Giovanni XXIII entra in dialogo con il cuore della spiritualità unificazionista.

Nella prospettiva della Federazione per la Pace Universale, ogni individuo è figlio di Dio, portatore di un valore eterno. La pace non si costruisce con strategie geopolitiche, ma comincia quando riconosciamo l’altro come fratello, non come nemico.

Un’enciclica che parla anche oggi

Il messaggio di Pacem in Terris è più attuale che mai. La guerra in Ucraina, i conflitti in Medio Oriente, la crisi climatica e la disuguaglianza globale ci interrogano. Dove stiamo andando? Su quali fondamenti si costruisce il futuro?

La risposta che ci offre Giovanni XXIII è coraggiosa: solo con un ordine fondato su giustizia e amore si può parlare di pace vera. Non è un’utopia, ma una chiamata alla responsabilità personale e collettiva.

«La pace è un’opera da costruire ogni giorno, con la mente e con il cuore.»

— Interpretazione unificazionista

La visione unificazionista: pace come armonia globale

Nel pensiero del Reverendo Moon, fondatore del Movimento dell’Unificazione, la pace si realizza quando l’armonia verticale con Dio si riflette in relazioni orizzontali di amore e responsabilità. Questo si manifesta nella famiglia, nella società, nelle istituzioni.

Questo dialoga profondamente con la visione del Papa: anche Pacem in Terris afferma la necessità di un nuovo ordine internazionale, fondato non su equilibri di potere, ma su valori etici condivisi. È un’idea profetica che anticipa la visione di una famiglia globale centrata su Dio, capace di superare le barriere di religione, nazione e ideologia.

Una chiamata che interpella ogni coscienza

Oggi, più che mai, siamo chiamati a essere artigiani di pace. Non basta condannare la guerra; serve costruire attivamente la pace: nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni.

Come ricorda anche Pacem in Terris, non c’è pace senza giustizia, e non c’è giustizia senza verità e amore. Per chi crede nella spiritualità dell’unità, questa enciclica non è solo un documento storico, ma una bussola per orientarsi nel presente.

Conclusione: la pace come vocazione condivisa

Pacem in Terris ci ricorda che la pace non si eredita: si costruisce. È un cammino che chiede coraggio, visione e fede. È un’opera collettiva che inizia nel cuore di ciascuno.

È il compito degli uomini e delle donne di buona volontà — oggi come ieri — credere nella dignità dell’altro, agire con giustizia, parlare con verità, amare con coraggio. Solo così potremo costruire un mondo che meriti il nome di famiglia umana.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.» 

(Matteo 5:9)

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