UPF e il Decennio ONU per il Ripristino degli Ecosistemi (2021–2030)
Fin dalle origini la UPF ha parlato di uno sviluppo integrale ed equilibrato. I fondatori, Dr.ssa Hak Ja Han e il compianto Dr. Sun Myung Moon, hanno ricordato in tutto il mondo che gli esseri umani non sono solo consumatori o produttori: siamo persone morali e spirituali, responsabili gli uni degli altri e del mondo naturale che ci sostiene. I principi guida della UPF lo esprimono con semplicità: l’umanità è un’unica famiglia sotto Dio; donne e uomini hanno una natura spirituale e morale; la famiglia è la prima scuola dell’amore; vivere per il bene degli altri apre la via alla riconciliazione; la cooperazione oltre i confini nazionali, religiosi e culturali è essenziale. Applicati all’ambiente, questi principi indicano una cultura in cui i genitori insegnano ai figli a prendersi cura di fiumi, foreste e campi come della propria casa, e in cui comunità di fede, autorità pubbliche e cittadini lavorano insieme per proteggere persone ed ecosistemi vulnerabili.
Molti sforzi in varie regioni già vanno nella direzione indicata dal Decennio ONU. Nel Sahel, la Grande Muraglia Verde, guidata dall’Unione Africana con il supporto di agenzie ONU e partner dello sviluppo, lavora per ripristinare terre degradate lungo una fascia di circa 8.000 km, con l’ambizione di riportare in produzione 100 milioni di ettari, stoccare quantità significative di carbonio e creare milioni di green jobs entro il 2030. Attraverso la Bonn Challenge, lanciata dal Governo tedesco e dall’IUCN, governi, regioni e attori privati si sono impegnati a ripristinare centinaia di milioni di ettari di foreste degradate entro il 2030, con la Forest Landscape Restoration per recuperare biodiversità, stabilizzare i suoli e assicurare l’acqua. In Kenya, il Green Belt Movement fondato da Wangari Maathai ha permesso alle comunità di piantare decine di milioni di alberi, proteggere le sorgenti e rafforzare il ruolo delle donne nella cura dell’ambiente locale. Istituzioni come il Global Environment Facility e l’IUCN aiutano i Paesi a progettare soluzioni basate sulla natura e progetti di ripristino guidati dalle comunità che rispondano ai bisogni reali sul terreno.
In questo contesto più ampio, la UPF e iniziative associate ai fondatori cercano di collegare visione spirituale e cura concreta di terra e acqua. Nelle zone umide del Pantanal in Sud America, il Progetto Leda a Puerto Leda (Paraguay) è iniziato a fine anni ’90 su un tratto di riva remoto: un’area abbandonata è stata trasformata gradualmente in un piccolo insediamento e centro didattico. Residenti, volontari e ricercatori vi hanno sviluppato metodi agricoli che proteggono i suoli delle zone umide, mantengono la copertura arborea e rispettano la fauna locale. Il progetto mostra come una comunità possa ridurre la pressione su un ecosistema fragile offrendo educazione, sicurezza alimentare e scopo comune.
All’altro capo del mondo, il Baikal Project nella regione di Irkutsk (Federazione Russa) porta ogni estate, dai primi anni 2000, gruppi di giovani volontari al Lago Bajkal: manutengono sentieri, supportano l’educazione ambientaledei visitatori, aiutano su tratti della storica Great Tea Road e raccolgono rifiuti lungo le rive più sensibili. L’ufficio UNEP Mosca ha inviato un messaggio di sostegno sottolineando come l’impegno dei cittadini possa integrare il lavoro scientifico e istituzionale a tutela di un Sito del Patrimonio Mondiale. Questo progetto di lunga data mostra come energia e idealismo dei giovani possano sostenere direttamente gli obiettivi del Decennio.
Altre attività promosse dai fondatori hanno unito peacebuilding e cura di fiumi e spazi urbani. In Africa orientale, coalizioni civiche, governative e religiose hanno aiutato a pulire tratti del Nairobi River, collegando tali sforzi a programmi continuativi chiamati Rivers of Peace. In Giappone e in Brasile, giovani e famiglie hanno partecipato a clean-up lungo l’Arakawa a Tokyo e lungo un torrente urbano a Itu (Stato di San Paolo). Bambini e adulti raccolgono rifiuti, fanno raccolta differenziata e dialogano con i vicini sullo stato delle acque. In Mali, la UPF e partner giovanili hanno piantato alberi attorno ai cimiteri di Bamako e organizzato la pulizia dei canali per tutelare insieme luoghi sacri, salute pubblica e ambiente.
Il Sunhak Peace Prize, istituito dalla Dr.ssa Hak Ja Han per onorare persone e organizzazioni che fanno avanzare sviluppo umano, riconciliazione e cura del pianeta, evidenzia il legame tra integrità ecologica e sicurezza umana. Anote Tong, già presidente di Kiribati e primo laureato Sunhak, ha richiamato l’attenzione mondiale sulla minaccia esistenziale dell’innalzamento dei mari per gli Stati insulari bassi e ha promosso la politica della “migrazione con dignità” per i popoli costretti a trasferirsi. In un ciclo più recente, il Premio ha riconosciuto il lavoro di Wanjira Mathai (Kenya): attraverso iniziative come AFR100 e il Green Belt Movement ha mostrato come riforestazione, organizzazione comunitaria e leadership femminile possano rigenerare i paesaggi africani e rafforzare i mezzi di sussistenza.
Anche il Leadership and Good Governance Award della UPF, conferito a leader pubblici che praticano una governance etica e compassionevole, ha messo in luce esempi di leadership ambientale. Tra i premiati figura Pawan Chamling, già Chief Minister dello Stato indiano del Sikkim: il suo governo ha introdotto politiche che hanno reso il Sikkim il primo Stato interamente biologico dell’India, eliminando gradualmente fertilizzanti e pesticidi sintetici. Questa esperienza mostra che una leadership chiara e responsabile può proteggere suolo, acqua e salute dei cittadini creando al contempo nuove opportunità economiche. Altri premiati hanno lavorato per costruire quadri di governance in cui ministeri dell’ambiente, scienziati e società civile abbiano voce nei processi decisionali.
Guardando a questi sforzi—dalle partnership di ripristino su larga scala alle pulizie di fiumi e zone umide—emerge una verità semplice: il ripristino non è solo un compito tecnico; è anche un percorso sociale e spirituale. Richiede di ricostruire la fiducia, riscoprire una responsabilità condivisa e sanare la relazione fra comunità umane e mondo naturale. I fondatori della UPF hanno spesso affermato che, quando le persone si vedono fratelli e sorelle e scelgono di vivere per il bene degli altri, cominciano naturalmente a prendersi cura di terra, acqua e creature viventi. In termini pratici, ciò significa sostenere agricoltori che adottano pratiche rigenerative, comunità indigene il cui sapere è insostituibile, giovani che chiedono città più verdi e imprese disposte a investire in nuovi modelli.
Entrando nella seconda metà del Decennio, la UPF chiama i propri Ambasciatori di Pace, insieme a governi, autorità locali, comunità religiose, capi tradizionali, scienziati, educatori, professionisti dei media, imprese e giovani, a fare del ripristino una priorità chiara nelle politiche, nei programmi e nelle scelte quotidiane. Ciò include proteggere gli ecosistemi ancora intatti, ripristinare terre e acque degradate, integrare l’educazione ambientale nelle scuole e nelle attività giovanili, rafforzare la cooperazione interreligiosa nella cura del creato e garantire che popoli indigeni, donne e comunità emarginate abbiano voce quando si prendono decisioni. La UPF si impegna a collaborare con Nazioni Unite, governi, società civile e tutte le persone di buona volontà affinché il Decennio per il Ripristino degli Ecosistemi diventi un punto di svolta nel modo in cui la famiglia umana tratta terra, acqua e comunità vulnerabili.
Dr. Tageldin Hamad. Presidente, Universal Peace Federation
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