5 agosto 2025

Quando l’acqua manca: il volto umano della crisi climatica nel Sahel

La crisi climatica ha molte facce, ma poche sono così drammatiche come quella che si consuma ogni giorno nel Sahel. Qui, la sete non è solo fisica: è sete di giustizia, sviluppo, cooperazione. L’articolo che segue, a firma di Giorgio Gasperoni, ci accompagna in una delle aree più fragili del pianeta, dove la scarsità d’acqua alimenta conflitti, migrazioni e povertà. Ma ci sono anche semi di speranza: visioni, progetti e iniziative capaci di invertire la rotta. Perché l’acqua può dividere, ma anche unire. La scelta è nostra.

di Giorgio Gasperoni

L’acqua, fonte essenziale di vita, è oggi al centro di una crescente crisi globale. L’aumento della popolazione e i cambiamenti climatici rendono la scarsità idrica una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Secondo l’ONU, oltre 2 miliardi di persone vivono in aree con grave stress idrico, e la domanda globale potrebbe aumentare del 55% entro il 2050. Questo scenario minaccia non solo la sicurezza alimentare e sanitaria, ma alimenta anche conflitti e instabilità.

Conflitti globali legati all’acqua

In molte regioni del mondo, l’accesso limitato all’acqua ha generato forti tensioni:

• Medio Oriente: le risorse del Giordano e del Tigri-Eufrate sono al centro di contese tra Israele, Giordania, Siria e Iraq.

• Asia meridionale: il controllo dell’Indo è un nodo critico tra India e Pakistan.

• Africa settentrionale: la diga etiope GERD ha suscitato allarmi in Egitto e Sudan per la riduzione del flusso del Nilo.

Questi casi mostrano come la crisi idrica non sia solo ambientale, ma anche geopolitica. La contesa per l’acqua, spesso trascurata nelle agende diplomatiche, è diventata una delle nuove frontiere dei conflitti internazionali.

Il Sahel: una crisi nel cuore dell’Africa

Nel panorama globale, il Sahel si distingue per la drammaticità della sua crisi idrica. Situato tra il Sahara e le savane sudanesi, questa fascia semi-arida attraversa paesi come Senegal, Mali, Niger e Ciad. Qui, la scarsità d’acqua non causa solo conflitti, ma anche migrazioni forzate e crisi umanitarie.

Il clima semi-arido, con piogge brevi e irregolari, rende difficile l’agricoltura e l’allevamento. Il Lago Ciad, un tempo tra i più grandi bacini africani, si è ridotto da 25.000 a meno di 1.500 km². Le falde acquifere sono difficili da sfruttare per carenza di infrastrutture e governance.

Impatti sociali ed economici

La popolazione del Sahel dipende in gran parte dall’agricoltura pluviale. Le siccità ricorrenti compromettono i raccolti, aggravano la malnutrizione e scatenano conflitti tra agricoltori e pastori. Secondo l’UNICEF, nel 2020 quasi 5 milioni di persone erano a rischio di insicurezza alimentare nella sola regione centrale del Sahel.

La degradazione del suolo colpisce l’80% delle terre coltivabili. Questo porta a migrazioni interne e transfrontaliere, esacerbando le tensioni sociali e la pressione sulle aree urbane.

Di fronte a una tale vulnerabilità sociale ed ecologica, alcune iniziative stanno tentando di fornire risposte concrete e di lungo periodo.

Iniziative di resilienza: la Grande Muraglia Verde e il progetto Transaqua

La Grande Muraglia Verde, lanciata dall’Unione Africana nel 2007, punta a creare una fascia vegetale di 8.000 km dal Senegal all’Eritrea, per contrastare la desertificazione. L’obiettivo è il recupero di 100 milioni di ettari entro il 2030, creando fino a 10 milioni di posti di lavoro. Tuttavia, al 2022 solo il 20% è stato realizzato, rivelando la necessità di maggiore supporto internazionale.

Il progetto Transaqua, concepito dalla società italiana Bonifica, propone il trasferimento di 30 miliardi di m³ di acqua dal bacino del Congo al Lago Ciad, tramite un canale di 2.400 km. L’iniziativa mira a ripristinare il lago e creare una via commerciale tra l’Africa centrale e due porti oceanici, favorendo sviluppo e integrazione regionale. Le sfide restano notevoli: costi elevati, complessità tecnica e cooperazione internazionale.

Entrambi i progetti rappresentano esempi di come soluzioni visionarie possano contribuire alla resilienza ambientale e sociale del Sahel. Ma per essere efficaci, necessitano di volontà politica, stabilità istituzionale e un sostegno internazionale concreto e duraturo.

La dimensione etica: il diritto all’acqua

Nel 2010, l’ONU ha riconosciuto l’accesso all’acqua potabile come diritto umano fondamentale. Eppure, in molte aree del Sahel questo diritto resta inattuato. Le popolazioni più vulnerabili pagano il prezzo di una crisi che non hanno causato. Un diritto che implica responsabilità condivise, e che interpella la coscienza della comunità internazionale.

In questo senso, risulta particolarmente rilevante la recente relazione del presidente della Federazione Italiana Diritti Umani (FIDU), Antonio Stango, sul cambiamento climatico, elaborata per conto di Med-Or. In sintesi, la sua analisi delinea il complesso intreccio tra cambiamenti climatici, diritti umani e diritto internazionale, evidenziando i progressi compiuti nel riconoscimento del diritto a un ambiente sano. Tuttavia, sottolinea anche le sfide e le lentezze che ancora ostacolano la piena attuazione di questo diritto a livello globale.

Una prospettiva che rafforza l’urgenza di affrontare la crisi del Sahel non solo come questione ambientale, ma come priorità etica e giuridica.

Ostacoli alla cooperazione

La gestione condivisa dell’acqua richiede collaborazione tra Stati. Tuttavia, nel Sahel, differenze politiche, debolezze istituzionali e conflitti locali rendono difficile una governance efficace. Il fiume Niger, ad esempio, attraversa diversi paesi, ma la cooperazione resta insufficiente. Le tensioni tra comunità pastorali e agricole si aggravano per effetto del cambiamento climatico e della scarsità crescente.

Per superare questi ostacoli, è fondamentale promuovere una cultura della cooperazione idrica come bene comune, superando interessi settoriali e approcci miopi.

Verso soluzioni sostenibili

Per rispondere alla crisi, occorrono approcci integrati e partecipativi. La gestione integrata delle risorse idriche (IWRM) promuove l’uso coordinato di acqua, suolo e risorse naturali, coinvolgendo comunità locali, tecnologie appropriate e formazione ambientale.

Occorre anche rafforzare la cooperazione internazionale, sostenere le iniziative africane con fondi stabili e garantire che le popolazioni locali siano protagoniste del cambiamento.

In definitiva, garantire il diritto all’acqua nel Sahel significa affermare la dignità umana, difendere la pace e costruire giustizia là dove oggi regna la privazione. In un mondo diviso, l’acqua può ancora essere ciò che unisce. Dipende dalla nostra visione, dalla nostra volontà e dal coraggio di scegliere la pace.

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