18 giugno 2019

PROMEMORIA PER L'ITALIA

di ANTONIO SACCÀ

Non so quanto possa servire quel che ora scrivo ma ritengo che il nostro Paese stia in una condizione difficilissima e che qualche conseguenza non positiva avverrà e si ripercuoterà sulla popolazione. Il Paese è in condizioni economiche lugubri, c’è bisogno di denaro e non si sa da dove trarlo. Dico: trarlo perché non si compie l’atto più naturale, quello di accrescere il lavoro, produrre di più. La ricchezza deriva dalla collocazione appropriata dei capitali e dalla quantità di lavoro, i marchingegni monetaristi non accrescono la ricchezza, voglio dire che se si attuassero misure come ad esempio prendere qualche cosa dai conti bancari, dalle cassette di sicurezza questo non sarebbe un ampliamento di ricchezza anche se lo Stato riceverebbe del denaro. Fondamentale è aumentare la ricchezza e la ricchezza si aumenta lavorando maggiormente. Vi sono una infinità di modi per generare ricchezza, ad esempio, lavorare nelle case abbandonate dandole a chi le restaura, così le campagne, utilizzare i pensionati per assistere i bambini o altri anziani in difficoltà di salute, creare imprese di lavoratori proprietari dell’impresa a cui affidare imprese fallite o che fuggono all’estero, far lavorare i carcerati, stabilire un rapporto molto più attivo tra scuola e
lavoro, pulire le strade, disboscare, stabilire ampi rapporti di reciproco aiuto ad esempio uno è medico e fa il medico, una è casalinga e ripaga il medico lavorandogli in casa, utilizzare al massimo grado i mezzi privati a vantaggio degli altri, ad esempio se si viene a sapere che due persone vanno nello stesso luogo agli stessi orari utilizzare un solo mezzo, riutilizzare l’enorme quantità di rifiuti dei quali gran parte potrebbe essere ancora utile, appunto. Insomma, trasformare il Paese in una officina di lavoro, non risparmiarsi, lavorare anche in età, non oziare, è il lavoro che crea ricchezza. La popolazione deve essere convinta che è indispensabile liberarsi dal debito pubblico e non ha altra speranza e prospettiva che darsi a vere e proprie campagne di lavoro, donare allo Stato il proprio lavoro per scemare il debito. Tutte le altre prospettive sono esigue o addirittura controproducenti, non sarà abbassando le tasse o con la riforma delle pensioni, o dando un reddito provvisorio che si salverà il paese. È il lavoro che crea ricchezza, è la coscienza del contribuire al vantaggio sociale che crea ricchezza, ciascuno si deve impegnare il più possibile per fare fare fare.
Noi dobbiamo assolutamente liberarci dal debito, ossia produrre ricchezza, più lavoriamo più produciamo ricchezza, ad esempio pulire le spiagge, non usare la plastica, fumare di meno o non fumare, non ingrassare, la spesa sanitaria è enorme, i luoghi come gli ospedali, le cliniche stracolme di persone, l’impiego delle medicine abnorme, insomma dobbiamo riprendere la coscienza della salvezza, non ci rendiamo conto che potremmo realmente precipitare. Non vi è ancora una coscienza di morale sociale, la gente spreca il tempo e invece stiamo come in una guerra perduta, una classe politica senza il coraggio di attestare la gravità della situazione che finge ottimismo credendo di rassicurare e di ricevere consenso sarà giudicata in futuro come una classe politica di conigli in maschera, quella che viviamo è una carnevalata, un Paese che rischia di essere messo sotto accusa nel campo finanziario si debilita dinanzi al mondo ed il mondo non ha pietà e lacera e morde quando la preda è indebolita. Bisogna parlare netto alla Nazione e proclamare che occorre uno sforzo centuplicato da giovani adulti vecchi ciascuno come può e si potrebbero utilizzare immense risorse di gente inattiva ma in condizioni di operare. A pensare di cosa potrebbe essere l’Italia se si favorisse l’impiego di persone inattive per la manutenzione delle strade, dei parchi, per la pulizia, per la cura dei monumenti, le spiagge, i mari, e tutto ciò che ha bisogno di cura. Se non c’è questa insorgenza di lavoro senza risparmio non ci salveremo. L’economia è anche un cambiamento di mentalità. È inutile accusare dirigenti di una impresa che vogliono andare all’estero o licenziare. Si trovino i modi giuridici per consegnare l’impresa ai lavoratori e si cerchi il modo giuridico per non ricevere nel nostro Paese coloro che deliberatamente si sono messi in condizione di naufragare per essere salvati. Quest’ultimo è un assurdo, noi salviamo chi deliberatamente si mette in condizioni di naufragio. Questo non ha senso. Se un individuo sceglie il proprio male perché lo devo salvare io? Altro sarebbe se con navi regolari si stabilisse un flusso di immigrati ma in tal caso, ovviamente, verrebbe meno l’astuto ritrovato di fingersi naufraghi o di porre le condizioni per il naufragio in modo di costringerci a ricevere. In ogni caso, anche se è paradossale quel che dico, finché stanno da noi anche i clandestini devono lavorare. Non so se quel che manifesto varrebbe a salvarci sicuramente però credere di salvarci polemizzando con le istituzioni europee o sperando che nuovi soggetti che occuperanno tali istituzioni sarebbero più concessive è una illusione desolante e drammatica.
Il lavoro, solo il lavoro, il nostro lavoro ci salverà. Ed oggi con incredibili tecnologie ciascuno di noi può, deve farsi imprenditore.

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