29 dicembre 2017

Verso la soluzione di due stati

C’è un desiderio sincero tra i tanti di vedere il sogno della pace diventare realtà. Alcuni adottano l’impostazione di un impegno politico volto a portare le parti in con itto al tavolo delle trattative. Lì, attraverso un accurato processo di costruzione della fiducia reciproca nel trovare soluzioni razionali per questioni pratiche, i semi di pace saranno piantati, innaffiati e con la speranza che fioriscano nel tempo. Tale è l’approccio di legislatori illuminati come il vice-presidente del Knesset, On. Hilik Bar. 

Altri, che possono essere più inclini all’approccio di soft power (poteri morbidi), toccano i nervi molto sensibili di questioni come le credenze religiose. Non possiamo evitare di affrontare le emozioni profonde associate a religioni e ideologie se vogliamo seriamente sfidare il cammino della pace e della riconciliazione. Questo è il pensiero di Jocelyn Y. Hattab, MD, Membro del Forum di Gerusalemme per la comprensione e la cooperazione tra le Religioni, Israele. (Articolo precedente).

Questo articolo riassume una presentazione avutasi alla conferenza organizzata dalla UPF presso il palazzo di Westminster a Londra, in Inghilterra, dal 7 al 9 settembre 2016

On. Hilik Bar
Vicepresidente del Knesset* d’Israele

Prima di tutto, sono emozionato ad essere qui presso il Parlamento britannico per Parlare di pace. Non sto parlando per luoghi comuni, perché non è molto popolare discutere di pace tra noi e i Palestinesi - quantomeno non nella nostra regione, in Medio Oriente e in Israele - e certamente non in Parlamento. Quello che come UPF stiamo facendo qui presso il Parlamento Britannico è qualcosa di sorprendente: mettere la pace in cima alle nostre priorità. Sono altresì profondamente grato per la fondazione della Associazione Internazionale dei Parlamentari per la Pace, perché se c’è un gruppo che può davvero lavorare per la pace, legiferare per essa, promuoverla ed incoraggiare le persone al governo a fare qualcosa nel loro paese o altrove, questo è proprio quello dei parlamentari.
Questa è la ragione per la quale il sottoscritto, insieme ai colleghi del gruppo parlamentare per la risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, ha lavorato per oltre due anni per formulare la bozza che avrebbe suggerito come risolvere il conflitto tra Israele e Palestina. Le persone si sono ormai arrese e credono che questo conflitto sia irrisolvibile. Tuttavia, noi non ci siamo arresi. Risolvendo le ostilità con Giordania e Egitto, abbiamo dimostrato, come Israeliani, che potevamo risolvere i nostri conflitti. La pace con i palestinesi è diventata quindi non solo qualcosa di desiderabile, ma anche di possibile. 

In questa sede non posso discutere l’intera bozza diplomatica perché è un testo di più di 30 pagine. Vorrei però presentarvi brevemente 5 punti che possono aiutare a portare una risoluzione pacifica al conflitto. Cercherò di condividere l’entusiasmo del gruppo parlamentare circa il raggiungimento della pace in Medio Oriente perché il successo di questa attività è la chiave di volta per la risoluzione di altri conflitti. Ci sono persone in Israele e in Palestina che credono che questo conflitto non sia recuperabile, ma solamente gestibile. Noi siamo contrari a questa assunzione. Abbiamo gestito questo situazione per già troppo tempo e se gestire il conflitto significa migliaia di razzi nel sud di Israele, bombardamenti su Gaza, ragazzi che si accoltellano tra di loro e terroristi ad ogni angolo della strada, allora i responsabili di questa gestione dovrebbero essere licenziati in tronco! Io credo che come leader dovremmo parlare in modo chiaro e fermo: i conflitti non possono essere gestiti; devono essere risolti. Punto. Questa è la prima assunzione.
La seconda assunzione è questa: l’unica soluzione al conflitto è la creazione di due stati. Non fatevi abbindolare da chi, da posizioni estremiste sia in Israele sia in Palestina, proclama che sia possibile avere la pace in un unico stato. Semplicemente non lo è. Stare sotto un’unica bandiera ucciderebbe il desiderio palestinese di avere un proprio stato e anche il sogno sionista di aver trovato la terra promessa, uno stato per gli ebrei. Sapere che la maggioranza (parliamo del 70%-80%) di israeliani e palestinesi creda nella soluzione è due stati è di grande sollievo. È pertanto vitale che questa soluzione stia sempre sul tavolo delle trattative.
Le persone in Palestina e in Israele tendono a dire che si dovrebbe risolvere la situazione, anche se il problema è “l’altro” partner. Questa affermazione è vera per entrambi i gruppi: per gli israeliani, i palestinesi non sono il partner perfetto e viceversa. Io chiedo al Primo Ministro Netanyahu e alle Autorità palestinesi “perché state aspettando per il partner perfetto?”. Siamo nemici, e generalmente in guerra o nei conflitti non si troverà mai il partner perfetto. Neppure l’Egitto o la Giordania erano partner perfetti, eppure Israele ha trovato un accordo di pace. Chiedo al Primo Ministro Netanyahu se non stia aspettando di trovare un presidente palestinese che sia un grande sionista e abbia la bandiera di Israele sulle pareti del suo ufficio. Non ci sarà mai un tale partner. La verità è che abbiamo un partner problematico al quale non piacciamo, ma questa è esattamente la ragione per la quale dobbiamo trovare la pace con questo interlocutore. Noi non abbiamo bisogno di trovare un accordo di pace con il presidente dell’UPF Thomas Walsh perché non abbiamo nessun problema con lui! Ma con i Palestinesi abbiamo dei problemi e loro sono i nostri unici partner, problematici o meno. Vero è anche l’esatto contrario. Quindi, la terza assunzione è questa: il partner per Israele è la leadership Palestinese guidata da Mahmoud Abbas, perché lui è il leader eletto leader per i palestinesi.
La quarta assunzione è per me molto dolorosa, perché più che un’assunzione è una presa di coscienza della situazione: l’accordo tra Israele e Palestina non è solo possibile, ma il 90% di esso è già stato scritto in una infinità di accordi, piani e documenti: documenti americani, documenti arabi, documenti israeliani. C’è solo la necessità di una regolazione che vada a limare gli spigoli per il 5-10% dei problemi e delle dispute che ancora esistono. Ma per fare questo passo abbiamo bisogno di una leadership coraggiosa e forte. Riconoscere che serve solo del “carattere” per implementare un tale accordo è una presa di coscienza piuttosto dolorosa, almeno per me.
La quinta assunzione è creare un contesto favorevole alla soluzione a due stati, non aspettare che arrivi da sé. Questa è la ragione per la quale, Presidente Walsh, Sig.ra Moon, rendo onore a quello che state facendo. Circa il nostro conflitto, generalmente, se ne parla per un mese o due per poi non dare seguito a niente e rimanere fermi per anni. Quello che state facendo qui è creare un momentum positivo verso la pace, pertanto sottoscrivo il vostro operato e vi ringrazio.
L’ultimo punto della mia presentazione è il seguente: l’approccio che dobbiamo avere non deve essere solamente rivolto al conflitto tra Israele e Palestina. È necessaria una visione più ampia. Tredici anni fa, è stata offerta ad Israele una iniziativa di pace araba da parte di 22 paesi arabi e 57 paesi musulmani. Israele non ha mai risposto e credo che questo sia stato un grande errore. Ho riferito al Primo Ministro Netanyahu che si può rispondere anche negativamente a questa iniziativa oppure positivamente, chiedendo eventuali modifiche al trattato. Invece, non rispondere a una tale iniziativa fatta da così tanti paesi non è solo un errore, ma è anche un comportamento poco educato.
Quello che suggerisco è di dividere i mondi palestinese, arabo e musulmano in due distinte questioni. La prima riguarda di chi vuole vivere vicino a noi. Con loro abbiamo l’obbligo di parlare di pace. La seconda riguarda chi vuole vivere qui al posto nostro, e con loro, non solo Israele, ma l’intero mondo libero, incluso Regno Unito, Francia, Malta, Italia e gli stati arabi devono creare un fronte unico perché, come ha detto uno dei nostri speakers, ci sono due opzioni: o combattere per la pace oppure arrendersi al male. Ci sono purtroppo forze buie e barbariche che stanno minacciano non solo Israele e l’Europa, ma anche molti paesi arabi e musulmani che vogliono vivere in pace gli uni con gli altri. Nei confronti di tali forze il fronte deve essere unico.
Io chiedo ai parlamentari e ai leader del mondo di lavorare nei propri parlamenti e nei diversi circoli di influenza affinché la parola pace sia presente in tutte le agende, perché la pace non è un privilegio, ma è una necessità. Tutto ciò è nelle nostre mani.

* Knesset (in ebraico: הַכְּנֶסֶת [haˈkneset]) è il parlamento monocamerale di Israele.
On. Hilik Bar è il vicepresidente delle pubbliche relazioni del Knesset (parlamento israeliano) ed è un membro del partito laburista dove attualmente è il Segretario Generale. L’on. Bar presiede altresì il gruppo parlamentare per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano (anche conosciuto come il Gruppo della soluzione a due stati), e il Caucus Knesset per il miglioramento delle relazioni tra Israele e l’Europa.


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