29 dicembre 2017

Riflessione su UN CALCIO PER LA PACE

di Andrea Valgoi

Ricordo i lunedì mattina alle scuole superiori. Entravo in classe alle 7:30 e trovavo i miei compagni già immersi in complicate discussioni sulla giornata di campionato appena trascorsa. Io, con un fare un po’ timido, cercavo di inserirmici, ma l’esito era drammatico: subito diventava palese che non avevo seguito la giornata precedente e che parlavo solo per cercare di “entrare” nel gruppo. Immancabilmente e inesorabilmente venivo zittito e allontanato. Insomma il calcio non faceva per me… e da allora il mio rapporto con il mondo del pallone è stato molto superficiale e in linea di massima critico.
Ora però tutto è cambiato, la mia visione del gioco del calcio è stata completamente capovolta grazie al progretto “Un Calcio Per la Pace” organizzato dall’UPF di San Marino, in collaborazione con la Federazione Sammarinese Giuoco Calcio.
L’idea dietro al progetto è qualcosa di molto semplice: far giocare insieme ragazzi ebrei e ragazzi palestinesi. Ed è proprio la semplicità dell’idea che la rende forte e vincente. Eames, nel film Inception, pronuncia queste parole: [..] l'idea deve essere semplice per svilupparsi naturalmente nella mente del soggetto. [..], e così è stato per me. La forza di questa idea mi ha stravolto e cambiato. Sempre citando Inception, questa volta Dom Cobb: Il seme che pianteremo nella mente di quell'uomo, diventerà un'idea che lo condizionerà per sempre. Potrebbe cambiarlo... può arrivare a cambiarlo radicalmente. 

E così tutto è iniziato su un campo da calcio, il 1 settembre 2017 quando ho raggiunto il gruppo di ragazzi, formato da 8 ragazzini ebrei e 8 arabi israeliani. Non sapevo ancora cosa avrei dovuto fare esattamente e come il gruppo mi avrebbe accolto e così il primo momento è stato di brainstorming insieme agli ideatori del progetto, Giorgio Gasperoni e Hod Ben Zvi, e insieme al mio compagno di avventure David Gasperoni, figlio di Giorgio e mio grande amico. 
Gran parte del programma era già stato definito, il ruolo di me e David era quello di riempire alcuni buchi e fare in modo che tutte le attività programmate interagissero perfettamente, un po’ come degli ingranaggi che necessitavano al massimo un po’ di olio. Ecco, io e David eravamo l’olio.
Ed è stato proprio grazie alle attività e ai giochi fatti con i ragazzi, agli allenamenti coordinati dalla Federazione Giuoco Calcio, alle escursioni in montagna, allo shopping, alla gita in piscina e a tutti i momenti passati insieme che il gruppo ha iniziato ad avvicinarsi. Ah, dimenticavo! I ragazzi parlavano due lingue diverse, gli ebrei israeliano, gli arabi arabo, io e David parlavamo italiano e inglese, gli insegnanti dei due gruppi parlavano la loro rispettiva lingua e un po’ di inglese. Ma si sa, il gioco non ha bisogno di lingue ed è capace di unire e creare amicizie. Così, grazie al calcio questi ragazzi si sono avvicinati e hanno iniziato a conoscersi e a guardarsi e vedersi come semplici ragazzi, o in altre parole, per quello che sono.
Ed è proprio grazie alle fondamenta costruite durante la giornata che io e David ci siamo permessi, nei giochi la sera, di creare squadre miste per vedere come si sarebbero comportati.
Con il gruppo c’era anche un parlamentare arabo Israeliano che ha visto e seguito i ragazzi tutti i giorni. Ha visto che la pace è possibile e sono convinto sia tornato a casa ispirato e motivato a perseguire nelle sedi istituzionali più opportune il processo di pace tra ebrei e arabi.
Io sono davvero grato a Giorgio e Hod, nonché alla Federazione Giuoco Calcio Sammarinese e David, per avermi permesso di essere una piccola pedina in questo progetto che è stato capace di cambiare radicalmente le menti di tutti coloro che ne hanno preso parte. Il momento più bello per me? Quando i ragazzi mi hanno regalato una maglietta firmata da tutti i loro nomi. Li ho capito che il gruppo era diventato uno solo!

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