6 marzo 2017

Siria: Apertura di linee di comunicazione per approccio di Soft Power per la Pace

Larnaca, Cipro 17-19 dicembre 2016 

di David Fraser Harris 
La conferenza è stata programmata a partire da un contesto di incredulità e disperazione globale, quando veniva annunciata la distruzione di Aleppo. L’UPF si è posta degli obiettivi modesti, consapevole che l’alternativa sarebbe stata quella di creare false aspettative. Da qui il titolo, “Linee di apertura di comunicazione”, e l’invito a contrastare la realtà della guerra con le esigenze della pace: “Affinché le persone possano vivere in pace, le diverse fazioni hanno bisogno di trovare il modo di capire, accogliere e anche rispettare l’altro”. La speranza è quella di creare un ambiente in cui gli ordini del giorno - politici, religiosi ed economici - siano messi da parte, per dare spazio all’ascolto e alla comunicazione”.
Costruire dei ponti di comunicazione
L’elemento caratterizzante di questa conferenza è stata la partecipazione di tutte le parti coinvolte nel
conflitto, in un clima di dialogo rispettoso. Mohammed Habash era un membro del parlamento siriano quando ha lanciato l’iniziativa di pace siriana nella fase iniziale della crisi, come parte dei suoi sforzi per trovare una “terza via”. Come co-conduttore di questa conferenza, ci ha detto: “Cinque anni di incontri tra l’opposizione e il regime hanno portato solo recriminazione reciproca. Credo che questa possa essere considerata la prima volta che una organizzazione internazionale abbia riunito i rappresentanti sia del regime sia dell’opposizione”. I partecipanti: siriani che ora vivono all’estero incluso un ex ambasciatore in Gran Bretagna, un ex consigliere economico del primo ministro e l’ex presidente dell’Università di Damasco, una variegata lista di oppositori da moderati a radicali; dalla Siria è venuto un membro del parlamento e un rappresentante del ministero del governo di riconciliazione. I partecipanti internazionali: un esperto delle Nazioni Unite che ha scritto 4 libri sulla Siria, un ex ministro della Difesa, due ex ambasciatori, giornalisti provenienti dal Libano e dall’Austria e il capo di un gruppo di esperti dalla Francia.
Le voci siriane
I temi delle sessioni hanno affrontato il passato, con una spinta rivolta al futuro: “Voci siriane - le paure, le speranze e le visioni di diverse comunità della Siria”; Diplomazia; Ricostruire la fiducia; Approcci politici; e “Ri-immaginare la Siria - idee per i cambiamenti che mantengano l’anima della Siria”. Le voci che abbiamo ascoltato erano forti, chiare e variegate. Bachir Khoury, un giornalista libanese ci ha parlato degli oltre 250.000 bambini siriani in Libano che non hanno nessuna possibilità di andare la scuola. Ma Hussein Ragheb del parlamento siriano ci ha ricordato che entrambe le parti stanno soffrendo: “Dovreste vedere la sofferenza di coloro che in Siria sono torturati da Daesh (ISIS)”. Alaa Tabbab, redattore capo di un giornale di opposizione con sede in Turchia, ha detto che anche un osservatore neutrale deve ammettere che il governo siriano ha ucciso il popolo siriano, che il regime deve assumersi la responsabilità di salvare il popolo siriano rispondendo alla chiamata nazionale per il cambiamento. Si è poi rivolto alle persone di buona volontà che lavorano nel governo - aggiungendo che in realtà ce ne sono di queste persone in entrambi gli schieramenti, nonostante lo scenario terribile. Feras Nadim, vice presidente del Partito democratico in Siria, ci ha detto che ciò che è accaduto in Siria è il risultato di 40 anni di oppressione, corruzione e ignoranza e la conseguenza del dominio di un partito unico al governo. Il governo ha ignorato il peggioramento della situazione e ora il paese è minacciato dalla intrusione di idee sospette non democratiche che gettano i semi dell’estremismo di tutti i tipi. “Crediamo che la riconciliazione è la spina dorsale di qualsiasi soluzione politica in Siria”. 
Le radici della divisione
Per Mohammed Nafissa, originario della Ghouta, la questione centrale in Siria e nel mondo arabo è quella culturale. “Le nostre società non sono ancora sufficientemente consapevoli dello stato di diritto. Interessi etnici, tribali e religiosi continuano a dominare, e la maggior parte delle persone considerano ancora la legge come un libro imposto dall’esterno; un libro che, a differenza del libro sacro, si sentono giustificati d’ignorare, piegare e violare senza vergogna”. Per decenni tutte le attività della società civile sono state represse mentre era dato libero sfogo a tutti i tipi di sette religiose. In questo modo si sono formate enclave religiose che giustificano la violenza contro gli altri in nome di Dio. Come la Germania nel seconodo dopo guerra, in Siria oggi c’è la possibilità di ricostruire il Paese. Mohamed Neam afferma che alle varie denominazioni in Siria è stato permesso di scivolare nel settarismo, principalmente per effetto della manipolazione delle loro differenze ad opera dei leader politici. A ciò si aggiunge una comprensione superficiale della religione. La religione esteriore (la legge della sharia, che guida il comportamento umano) dovrebbe integrare la religione interiore (la purezza della conoscenza che dà alla Sharia il suo significato trascendente). Solo bilanciando questi due elementi attraverso la pratica della religione è possibile prevenire il scivolamento verso il fondamentalismo da un lato o il completo relativismo dall’altro.
La geopolitica e il processo di pace 
Emmanuel Dupuy dell’Istituto di Prospettiva Europea e degli Studi sulla Sicurezza, ha descritto le alleanze mutevoli che hanno preso forma in questi mesi. Ha poi fatto riferimento ad un ampio parallelo tra l’attuale situazione siriana e il trattato del 17° secolo di Vestfalia, che pose fine al conflitto religioso tra le potenze europee, compresi gli elementi locali ed internazionali del conflitto. Forse possiamo imparare dalla realizzazione di quello stesso trattato: tutti seduti intorno a un tavolo, a prescindere dai crimini e dalle responsabilità. Quattro anni di negoziati che hanno trovato le regole per la convivenza pacifica delle religioni e hanno assicurato la parità di potere tra Stati grandi e piccoli e diritti legali per ogni minoranza; il trattato è stato garantito da due grandi potenze. Altri hanno parlato di processi di pace di successo che hanno richiesto anni, come ad esempio i 5 anni di negoziati di Parigi per porre fine alla guerra del Vietnam. Abdallah Bouhabib, ex ambasciatore libanese negli Stati uniti, ha richiamato l’attenzione dell’esperienza della guerra civile libanese durata 15 anni, dove “la pace ha avuto bisogno di un padrino”, riferendosi ai ruoli della Siria nel 1977, e dell’Arabia Saudita nel 1989 (accordo Taif). “Abbiamo avuto molti ‘cessate il fuoco’ di breve durata, ma nessun padrino”. Per Werner Fasslabend, ex ministro della Difesa austriaco, la pace si realizza quando una parte ha raggiunto il suo obiettivo e l’altro si rende conto che non può raggiungere il suo. Dopo aver analizzato gli errori strategici di entrambe le parti, ha suggerito: “La fine è prevedibile”. Per l’opposizione sarebbe più saggio non farsi da parte mentre il governo combatte Daesh. “Provare a riunirsi e stabilire un modo siriano comune”. Thabet Abbarah, uomo d’affari siriano che vive a Cipro, ha proposto un approccio pragmatico. “Abbiamo bisogno di una soluzione che affronti la realtà, non ordini del giorno. Invece di chiedere un cessate il fuoco - che non accadrà - dovremmo cercare di limitare la guerra a determinate aree, permettendo in altre zone la pace, il ritorno dei profughi e la ricostruzione dell’economia e della società”.
Studi, proposte e una conferenza nazionale
Jamal Karsli, ex membro del parlamento tedesco, originario di Aleppo, e Talal Jasem hanno presentato un piano di pace per la Siria. Dopo aver visitato tutti i diversi gruppi che compongono il popolo siriano e studiato le forme di governo di tutto il mondo, credono che il loro piano presenti un’equa soluzione. Con particolare attenzione al futuro, propongono la convocazione di una conferenza nazionale che coinvolga il partito curdo, i cristiani e tutti i gruppi etnici. Jamal dice: “Tutti i siriani devono partecipare a questo nuovo governo. Tutti noi dobbiamo sacrificare e perdonare di più”. Sami Khiyami è stato il negoziatore chiave tra la Siria e l’ue. Ha presentato una proposta sostanziale dettagliata in alternativa al metodo di Ginevra. Comprendeva un’analisi dettagliata della situazione in Siria, attribuendo l’impasse nei colloqui al fatto che le parti negoziali di Ginevra rappresentassero circa il 15% ciascuno del popolo siriano, lasciando il 70% non rappresentato. La proposta delinea un modo per formare una “assemblea costituente”, un organo legislativo ed esecutivo per guidare il Paese fuori dalla crisi, che unisca garanzie internazionali con la sovranità siriana, al fine di ottenere la graduale armonia sociale e la pace sostenibile. Dal 2012, l’iniziativa di pace di Leo Gabriel in Siria ha lavorato con la società civile e le figure chiave siriane per il dialogo. Ha portato una delegazione in Siria, ha convocato tutte le parti per consultazioni, indicando i principi di una futura Costituzione Siriana. Sostenendo con forza l’idea di un’assemblea nazionale, Leo dice: “Dobbiamo lavorare per un’assemblea a Damasco”. Carsten Wieland è venuto da Ginevra, dove opera alle Nazioni unite per i colloqui intra-siriani. Ha parlato della complessità della situazione, sottolineando che dovremmo riferirci ai conflitti siriani, al plurale. Egli è incoraggiato dal crescente sostegno per una conferenza nazionale. Potrebbe essere utile confrontarsi ed esporre tutte le idee in una conferenza di livello nazionale. “I vari interlocutori non sono poi così distanti gli uni dagli altri. Vi sono alcune differenze, ma possono essere discusse, soprattutto nello spirito di una conferenza come questa, dove ci sono posizioni diverse”. 
Un’unica Siria 
Fahed bacha, direttore di Al Ayyam Siria, dice che la Siria non è divisa etnicamente. “Sono cresciuto ad Aleppo e non ho mai saputo chi era di una religione o di un’altra. Ho studiato in una scuola francese e i miei migliori amici erano cristiani ed ebrei”. Ismail Yassin, ex professore all’università di Damasco, un curdo siriano di Qamishli, di fronte alle divisioni interne e le interferenze di potere geopolitico provenienti dall’esterno, ha detto: “L’unica soluzione è il popolo siriano in tutte le sue sfumature, etniche e religiose”. Thabet Abbarah, il cui ristorante a Nicosia aveva un cartello con la scritta: “A nessuno è permesso di entrare se sostiene il regime di Assad”, ha invitato l’intero gruppo della conferenza per una deliziosa cena siriana. Hussein Ragheb, membro del parlamento siriano, ha sottolineato l’intervento straniero e la manipolazione dietro tutta la crisi. Ha proposto la richiesta di “una vittoria della Siria legittima”, affermando che la stabilità non verrà senza una soluzione politica. “Abbiamo bisogno di un dialogo nazionale che si svolga a Damasco. Incontriamoci insieme per guarire le ferite e ricostruire la Siria, un paese libero, a sostegno dei suoi cittadini”. Kifah Elsayed venuto pure dalla Siria, dove lavora con il ministero della riconciliazione, ha detto: “Siamo qui per cercare una via d’uscita alla crisi siriana”. Abdulghani Maa bared, ex presidente della università di Damasco, ha sottolineato il perdono e l’accettazione dell’altro. Molto compiaciuto nel vedere “I volti di questa nazione, una fonte di grande speranza per il futuro della Siria”, ha raccomandato di raccogliere tutte le proposte formulate nella conferenza. In qualità di Vice Presidente per le relazioni Internazionali per l’università Internazionale Araba (AIu), il Dott. Maa Bared ha fondato un’associazione che ha aiutato centinaia di studenti ad ottenere borse di studio in Germania, aiutando concretamente molti giovani siriani ad ottenere la laurea e le opportunità post-laurea, molti dei quali sono ora impegnati in vari modi ad aiutare i rifugiati siriani e soprattutto a ricostruire la Siria stessa.

Concludendo con una nota positiva
Un senso di profondo impegno per la pace e l'amore per la Siria ha permeato l'intera sessione finale della conferenza. Il segretario generale regionale ha rinnovato la promessa dell’UPF di aprire tutte le porte e facilitare un reale e franco dialogo. Jamal Karsli ha affermato che i contenuti, la disciplina, e l'alto livello di partecipazione hanno superato tutte le sue aspettative. Werner Fasslabend l’ha descritta come una delle conferenze più feconde che abbia mai partecipato nella sua vita. "Ho sentivo lo spirito siriano comune provenire da tutti. Si poteva sentire che c'è la volontà non solo di essere siriano, ma di costruire una nuova Siria. La strada è aperta per un dialogo nazionale. I tempi sono maturi".
Come se fosse una risposta a questo consiglio, Mohammed Habash ha annunciato che l’UPF ha ricevuto durante la conferenza due inviti a portare questo dialogo in Siria, affrettandosi ad aggiungere che una risposta positiva a tale invito ha solo credibilità, se si cerca una soluzione per i 12 milioni di sfollati siriani. Poi ha proposto un’altra idea a sorpresa: chiamando uno dei traduttori, Heather Fraser Harris, gli ha chiesto che lei possa guidare una delegazione di ragazze siriane a visitare Damasco e spianare la strada per i futuri negoziati e una possibile conferenza. Heather ha risposto del suo desiderio di tornare alla Damasco che ama; a quel punto i partecipanti alla conferenza, composta quasi interamente da uomini, si sono commossi fino alle lacrime.
In conclusione, il presidente regionale UPF, Umberto Angelucci ci ha portato di nuovo all’aspetto umano. Per quanto riguarda Jamal Karsli accanto a lui, ha detto: "Quest’uomo ha perso 30 dei suoi parenti, ma ha superato il risentimento e sta investendo tutto se stesso nel lavorare per il suo popolo. Ho visto gli stranieri che vengono in nazioni con il pretesto di aiutare, ma in realtà sono lì per i soldi. Qui ho visto il contrario - genuina preoccupazione per la Siria e la sua gente - e voglio salutare coloro che sono venuti qui con questo spirito".

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