28 marzo 2017

ENIGMA TURCO

Ponte di passaggio tra Europa ed Asia, Culla di antiche civiltà, la Turchia, paese islamico, ma laico, con un tessuto umano estremamente composito, è sconvolta da una serie di gravi attentati, che ne compromettono gravemente il futuro

di Emilio Asti
Sconvolta da numerosi attentati, che hanno seminato il terrore, l’ultimo dei quali, avvenuto la notte di Capodanno ad Istanbul, ha provocato parecchie vittime, la Turchia sembra attraversare uno dei periodi più drammatici della sua storia. Alla luce dei recenti drammatici avvenimenti, accompagnati da misure restrittive, che destano serie preoccupazioni anche al di fuori dei confini nazionali, la prospettiva di un’entrata nella UE, della quale la Turchia da tempo ambiva a divenire membro, si allontana sempre più. In stato di continua allerta la Turchia, la cui situazione economica ha registrato un netto peggioramento, con la moneta nazionale che perso molto del suo valore, appare ora avviata verso una deriva autoritaria.
L’attuale drammatica situazione turca, oggetto di tante analisi, appare come un coacervo di contraddizioni che suscitano gravi interrogativi. Comprendere la realtà enigmatica di questo paese, ricco di elementi spesso contrastanti ed oscuri, risulta complesso. Si fanno strada tante ipotesi sul futuro della Turchia, che si preannuncia pieno di pericolose incognite che potrebbero farla sprofondare nel caos e condurla alla disgregazione. 

La sensazione è che si stia giocando una partita decisiva per il suo futuro e non si può certo ignorare che, soprattutto in un momento come l’attuale, i suoi orientamenti influenzeranno notevolmente l’equilibrio regionale. 
In una spirale di violenza e di paura venutasi a creare in seguito al fallito colpo di stato del 15 luglio scorso, il Presidente Erdogan, il cui Partito della Giustizia e dello Sviluppo, di cui è il leader incontrastato, aveva ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni, ha continuato a rafforzare sempre più la propria autorità, sostenendo l’ipotesi di un complotto mirante a destabilizzare il paese. Con la dichiarazione dello stato di emergenza il governo, intenzionato ad attuare un controllo più severo sulla società, aveva dato inizio ad una violenta repressione, cercando di mettere a tacere l’opposizione. Giornalisti, docenti ed avvocati, oltre ad attivisti per i diritti umani, accusati di simpatizzare per gli ideatori del golpe, sono stati arrestati. Molti altri, vittime di una repressione indiscriminata, hanno subito intimidazioni e gravi minacce; giornali, università ed altre istituzioni furono vittime di epurazioni. Le manifestazioni di piazza e gli scioperi, in cui spesso trova sfogo la rabbia della gente, vengono duramente repressi dalla polizia.
Il parlamento ha recentemente approvato un progetto di riforma della costituzione, soggetto a un referendum previsto per la primavera, che conferisce poteri quasi illimitati al Capo dello Stato, eliminando la figura del Presidente del Consiglio. In tal modo si passerebbe da un regime parlamentare ad uno presidenziale. L’aumento dei poteri delle forze di sicurezza e la ventilata reintroduzione della pena di morte contribuiscono a rendere il quadro ancora più fosco, anche se la politica repressiva messa in atto ha trovato consensi in diversi settori della società, preoccupati della continua minaccia terrorista che grava sul paese. Anche se il governo pare avere in pugno la situazione, dietro le quinte è in corso un’aspra lotta fra diverse fazioni, dietro alle quali si celano oscuri interessi.
Non bisogna dimenticare che la Turchia ha alle spalle un passato di storia politica turbolenta, fatta di colpi di stato e crisi ricorrenti. L’impero ottomano aveva lasciato in eredità diverse questioni aperte, oltre a risentimenti e forti tensioni; i problemi sorti dalla sua dissoluzione non sono stai risolti e, ignorati a lungo, ora riaffiorano prepotentemente. Diversi fattori, tra cui le strutture amministrative ormai obsolete, bloccano le potenzialità del paese e contribuiscono ad esacerbare le tensioni.
La scena politica turca è sempre stata dominata dall’esercito e il rispetto dei diritti umani non è mai stato sufficientemente garantito. Solo per aver espresso opinioni non conformi alla versione governativa, parecchi intellettuali, accusati di attentare alla sicurezza dello stato, conobbero lunghe detenzioni o furono costretti all’esilio. Purtroppo certe questioni, come la responsabilità turca nel genocidio armeno del secolo scorso, che causò circa un milione e mezzo di vittime, e il problema curdo, rimangono ancora un tabù.
L’orgoglio per il passato ottomano, il cui impero si estendeva su tre continenti, oltreché per l’antico retaggio culturale, spesso mitizzato, ha condizionato parecchie scelte politiche.
Sebbene i turchi avessero svolto un ruolo rilevante nella storia dell’Islam, alla cui civiltà apportarono un contributo originale, in occidente la parola turco era sinonimo di musulmano, dagli altri paesi islamici la Turchia è considerata troppo occidentalizzata. A differenza di altri Stati musulmani qui il consumo di bevande alcoliche non è soggetto a restrizioni e gli svaghi sono ormai simili a quelli dell’occidente. L’Islam non è infatti religione di stato e, basato soprattutto sulla dimensione interiore grazie all’influenza del Sufismo, è generalmente vissuto come un fatto privato. Un grosso problema è rappresentato dal sorgere di movimenti fondamentalisti che vorrebbero cancellare l’identità laica del paese, proclamata da Mustafa Kemal, che, dopo aver abolito il sultanato, con la fondazione della repubblica e la dichiarazione della laicità della Turchia nel 1928, attuò una netta separazione fra religione e Stato, ripudiando il diritto islamico. Abolendo l’insegnamento religioso nelle scuole e la poligamia si propose lo scopo di occidentalizzare il paese anche attraverso l’adozione dell’alfabeto latino ed una riforma dei costumi, tra cui l’abolizione del velo femminile e del tradizionale copricapo maschile. Mustafa Kemal ha lasciato un’impronta fondamentale nella storia turca e rimane ancor oggi una figura mitica, a cui si continua a guardare con venerazione. Soprannominato Ataturk, padre dei Turchi, oltre al grande mausoleo eretto nella capitale, gli sono stati dedicati viali e piazze da una parte all’altra del paese.
Nonostante la pluralità etnica e culturale lo stato turco ha promosso un marcato senso identitario, senza tenere in alcun conto la realtà delle singole regioni, e solo il turco è riconosciuto come lingua ufficiale. La sforzo di far coincidere stato e nazione ha represso i sentimenti nazionali delle minoranze, detentrici di un proprio patrimonio culturale, che si trasmette da tempi antichi e non è venuto meno col passare degli anni.
Dalla Turchia europea all’Anatolia lo stato turco ha imposto un sentimento di forte orgoglio nazionale, mostrandosi intransigente sul tema delle rivendicazioni etniche. Nonostante dopo la Prima Guerra mondiale fosse stato promesso ai Curdi uno stato nazionale, il trattato di Sèvres del 1920 si era infatti pronunciato in tal senso, i Curdi tuttora divisi tra varie nazioni, non hanno mai potuto costituire un proprio stato autonomo. In Turchia l’identità curda è stata ferocemente repressa. Sono state probite scuole, associazioni e pubblicazioni curde e rimane vietato ai curdi l’uso della propria lingua in pubblico e l’esibizione di segni identitari della loro etnia, nonostante alcune recenti concessioni. Il loro diritto all’autodeterminazione continua a venire rifiutato in nome del mantenimento dell’integrità territoriale. 
Le operazioni armate nel territorio abitato dai Curdi, la cui popolazione in Turchia ammonterebbe a diversi milioni, hanno provocato molte vittime e la distruzione di interi villaggi. Fino ad oggi tutte le rivolte curde sono state represse militarmente, rimangono però focolai di resistenza e con frequenza si svolgono combattimenti tra i guerriglieri curdi del PKK, il movimento curdo che da anni lotta con le armi contro il governo di Ankara, e i militari turchi. La condizione di arretratezza economica delle regioni curde accentua il clima di tensione e fornisce alimento alla ribellione armata.
Con un territorio caratterizzato da notevoli differenze di clima e ambienti, che dalla penisola balcanica si estende sino all’Iran e al Caucaso, sin dalla remota antichità il territorio dell’attuale Turchia è stato un punto d’incontro di molte civiltà, che vi hanno lasciato numerose vestigia. 
In bilico tra Europa ed Asia, ad entrambe delle quali geograficamente appartiene, anche se dal punto di vista geografico è uno Stato soprattutto asiatico, musulmana e laica al tempo stesso, integrata nella Nato, per collocazione geografica e storia la Turchia è parte del Medio Oriente, da cui però differisce notevolmente, considerando anche che i Turchi si sono sempre considerati superiori agli Arabi e alle altre popolazioni di quella regione.
Differenziandosi parecchio dall’Islam arabo l’Islam turco è caratterizzato dalla devozione popolare d’impronta mistica, che pone l’accento su un’interpretazione esoterica del messaggio coranico per coglierne il senso profondo. Gli ordini sufi, che erano stati messi fuori legge da Ataturk, diversi dei quali si sono trasformati in movimenti, mantengono una notevole influenza sulla popolazione; uno dei più famosi, conosciuto anche all’estero, è l’ordine dei Dervisci Danzanti, fondato da Mevlana Rumi, che ha il suo centro nella città di Konya, dove la tomba di Rumi è meta di pellegrinaggi. 
In un contesto come quello mediorientale, caratterizzato da continua violenza ed instabilità, il modello turco di Islam moderato riscuoteva apprezzamenti in Occidente. Considerata un importante alleato, con una funzione di barriera contro l’espansione dell’URSS e poi di avamposto per arginare il fondamentalismo, la Turchia aveva stretto accordi economici e militari con Israele. Sulla base di facili schemi che ignoravano diversi fattori, per molti osservatori la Turchia rappresentava un esempio di democrazia, ormai inserita nelle dinamiche del mondo moderno, ma ciò corrispondeva poco alla realtà.
Le leggi varate in questi ultimi anni paiono rimettere in discussione l’orientamento laico dello stato, proporzionando sempre più spazio all’Islam e si teme la trasformazione della Turchia in una repubblica islamica. Anche come reazione ai rapidi cambiamenti e alla crescente influenza occidentale, l’Islam ha trovato nuovo vigore e la sua presenza nella vita pubblica si è fatta più intensa, espressione di un bisogno di riappropriarsi delle proprie radici culturali, minacciate dalla modernità. Anche la letteratura e il cinema manifestano una maggior interesse per le tematiche religiose.
Grazie alla sua posizione strategica di grande importanza, tra il Mar Nero a Nord e il Mediterraneo a Sud, la Turchia mirava a conquistarsi una vasta zona d’influenza. Dopo il crollo dell’URSS, con la proclamazione dell’indipendenza delle repubbliche centroasiatiche, il suo peso geopolitico era aumentato ed anche nella turbolenta area balcanica ha giocato un ruolo di rilievo. Le ex repubbliche centroasiatiche, oltre all’Azerbaijian, legate alla Turchia da fattori etnici e linguistici, con le quali aveva siglato numerosi accordi economici e culturali, guardavano ad essa come modello. In nome del panturchismo, ideale volto a promuovere l’unità culturale e politica tra i diversi popoli stanziati sin da tempi antichi nell’Asia centrale ed orientale, che parlano idiomi appartenenti alla famiglia linguistica altaica, la Turchia mirava ad ottenere in quell’area una presenza di primo piano. Occorre ricordare che originariamente i Turchi erano un popolo proveniente dall’Asia Centrale, successivamente islamizzato, anche se col tempo molte caratteristiche originarie di queste genti sono andate perse. La politica estera turca, che rivelava diversi connotati di ambiguità, è sempre stata caratterizzata da rapporti problematici con i paesi limitrofi, coi quali persistono vari motivi di diffidenza reciproca. Le relazioni con la Grecia sono rimaste a lungo tese per la questione di Cipro, una parte della quale, occupata dalla Turchia nel 1974, è stata proclamata “Repubblica Turca di Cipro del Nord”, entità statale non riconosciuta dalla comunità internazionale. Anche i rapporti con gli altri paesi islamici, che generalmente considerano la Turchia asservita all’Occidente per il suo impegno nella NATO, rimangono difficili. Una minaccia da non sottovalutare che incombe sulla Turchia è costituita dalla tragica situazione della Siria, con cui confina, teatro di una guerra di cui non si intravede la fine, in cui Ankara è coinvolta in vari modi. 
Protagonista di uno sviluppo notevole, ma non equilibrato, la Turchia, paese ancora prevalentemente rurale, abitata da una popolazione in maggioranza giovane, più istruita rispetto alla generazione precedente, ha conosciuto un sensibile miglioramento del tenore di vita, anche se i livelli di consumo rimangono al di sotto della media europea e solo pochi giovani riescono a raggiungere una formazione superiore. Purtroppo sino ad oggi le molteplici risorse naturali non sono state equamente sfruttate e poco è stato fatto per assicurare una crescita più equa e migliorare le condizioni di una notevole parte della popolazione; i vari governi non sono riusciti a colmare il divario fra le varie regioni, parecchie delle quali tuttora afflitte da gravi problemi. In molte zone rurali la disoccupazione raggiunge punte drammatiche; gli abitanti più giovani si sono trasferiti nelle città o sono emigrati all’estero. Da tempo l’Europa, in particolare la Germania, ha conosciuto una forte immigrazione turca.
Nuove abitudini mutuate dall’Occidente sono entrate a far parte della vita, ed anche il ruolo delle donne è cresciuto in tutti i campi; nel 1993 venne eletta una donna, Tansu Ciller, a Primo Ministro.
Il volto moderno del paese con grattacieli, edifici in vetrocemento e centri commerciali molto frequentati, non riesce a nasconderne l’altro aspetto, che si evidenzia soprattutto nelle zone rurali, ancora legate ad antiche consuetudini, dove la vita è tuttora vincolata ad un antico codice culturale. Viaggiando attraverso il paese si nota il forte contrasto tra la Turchia moderna delle città e dei centri turistici costieri, frequentati da visitatori provenienti da molte nazioni, e la Turchia rurale fatta di villaggi trascurati ed immersi nel passato. 
Per aprire la strada a nuove opportunità, che possano permettere alla Turchia di progredire, conciliando in se stessa l’anima asiatica e quella occidentale, appare necessario superare gli schemi del passato e valorizzare la diversità delle sue culture attraverso una legislazione che garantisca i diritti delle minoranze. Ciò significa rimettere in discussione il modello tradizionale e porre in atto iniziative finalizzate a soddisfare le esigenze di un paese che aspira ad entrare nella UE e può svolgere un ruolo primario nell’area mediorientale e in quella mediterranea, armonizzando l’eredità islamica con la modernità.
A motivo delle minacce fondamentaliste, provenienti dall’ISIS, e dell’irredentismo curdo, che si esprime spesso con attacchi armati, la tensione rimane alta. Riuscirà la Turchia a sconfiggere le forze che minacciano di trascinarla nel caos? La posta in gioco è alta e coinvolge non solo gli equilibri regionali ma anche quelli dell’intero mondo islamico. La speranza è che la Turchia, al cui destino nessuno può rimanere indifferente, possa smentire ogni previsione pessimistica ed uscire da questa crisi con rinnovata fiducia.

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