7 novembre 2016

La soluzione del “problema” malattia mentale


Di Franco Previte
Signori della Politica ci dicano con assoluta franchezza, lealtà e sincerità: troverà posto la riforma, parola tanta declamata, del bubbone malattia mentale?
Lo scandalo dei “manicomi” prima e la mancata risoluzione di questo disagio socio-sanitario dopo, costituiscono la vergogna del secolo scorso e la pacifica continuazione in questo secolo, specie in questo Anno 2016 decisivo di riforme, dopo ben 38 anni?
L’art. 1 della legge n. 36 del 1904 recitava “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé od agli altri o riescano di pubblico scandalo e siano e non possono essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi”.
In seguito il concetto di alterazioni psichiche, collegato alle persone colpite da queste patologie, è passato dalla voce di “alienati di mente” (art.10 della legge 180/1980 comma 1°) ed “infermi di mente” (art. 10 della legge 180/1980 comma 2°), ad “assistiti non autosufficienti” costituendo questo, solo una piccola parte della pseudo “riforma” del superamento del “manicomio”.
In parole povere la piccola “riforma 1978”(?), priva del Regolamento d’Applicazione, è stata gestita in maniera frettolosa con una scarsità di programmazione di strutture sanitarie e riabilitative in quasi tutte le Regioni, le quali non sono andate incontro a quelle necessità dovute e per le quali la “riforma” si era ispirata e dove, anche, il privato ha sostituito il pubblico. (Vedi il proliferare delle cliniche private convenzionate e società private, tutti “tuffati nel business del malato di mente”!).
Dunque l’insanum, il furiosus, il demens, il mentecattus, il malato mentale che il Codice Zanardelli affidava al Giudice Civile il trattamento di reo riconosciuto malato mentale, con il Codice Rocco è stabilito il ricovero in “manicomio criminale” sulla base del concetto, ancora oggi ritenuto non scientifico della pericolosità sociale del “soggetto”.
Oggi, nell’anno di grazia 2016, i 6 Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono stati sostituiti (?) da altre “strutture “dette REMS, ma riteniamo poco confacenti all’infermo (rilievo molto evidenziato nella severa Relazione al Governo Italiano ed al Parlamento 17 giugno 2005 dall’ex “Commissario Europeo per i Diritti Umani” dr. Alvaro Gil-Robles Strasburgo 14 dicembre 2005 COMM DH [2005] 9), mentre sembrano, voci di corridoio, più vicini alla realizzazione di Reparti psichiatrici dentro le carceri per i circa 1300 detenuti sofferenti di gravi malattie mentali, senza contare gli Ospedali Privati convenzionati. Una vera vergogna che sempre insidia e stravolge il concetto ispiratore della tutela e libertà di cura del malato di mente. (legge n. 180/1978 art.1° comma 5; legge n. 833 art.1°comma 2°). 
Nelle Conclusioni riguardanti il Sistema Psichiatrico in Italia, il dr. Alvaro Gil-Robles, raccomandò vivamente:
a.) Richiedere il parere di un medico psichiatra prima di qualsiasi internamento obbligatorio (Trattamento Sanitario Obbligatorio);
b.) aumentare i posti offerti nelle strutture e negli Ospedali Psichiatrici, in particolare i malati cronici di lunga durata;
c.)  accertarsi che il mantenimento dei malati detenuti negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari non sia legato alla mancanza di posti disponibili all’esterno.
Per il punto b) il Commissario Europeo aveva previsto quanto succede con il budget del ricoverato Petizione 2013, ancora vergognosamente giacenti nelle singole Commissioni Parlamentari. Perché?
Le riflessioni sui dispositivi legislativi nella funzione e nell’organizzazione dei “manicomi” sono state diverse, impegnando e coinvolgendo organizzazioni sociali ed Enti vari, tutti comunque protesi alla salvaguardia dei cittadini per i rischi di pericolosità di questi “soggetti”, senza contare le conseguenti forti difficoltà dei “colpiti” ad evadere da quella situazione manicomiale.
Le varie fasi e le varie leggi di “riforma” fino al 1980 tendono tutte a vietare nuovi ricoveri con l’intento di modificare quelle modalità di cure ipotizzando la riconversione delle “strutture” in opportuni trattamenti riabilitativi d’inserimento sociale e di strutture intermedie ed alternative capaci di garantire interventi dignitosi per il malato mentale.
Ma tutto è rimasto sulle spalle della famiglia ed una dilagante sofferenza mentale: circa 900.000 giovani schizofrenici per i quali non ci sono strutture terapeutiche pubbliche sufficienti, anche inesistenti salvo il privato, una valanga di turbe psichiche seguite da folli fatti quasi giornalieri, un proliferare di cliniche private, cronicari spesso e molto simili ai lager d’infausta memoria scoperti grazie ai NAS dei Carabinieri ed alle Forze dell’Ordine; circa 10 milioni di sofferenti psichici dalla depressione alla schizofrenia grave. 
Anche se il superamento della logica manicomiale, (più delle strutture le cui responsabilità si trovano “fuori quelle mura”) ci trovano consenzienti, i “malati” visti quali soggetti-persona non possono ritenersi compartecipi di un processo di trasformazione troppo veloce e, ripeto, senza programmazione per avere i valori di capacità, di autonomia, di compartecipazione alla realtà quotidiana.
Mancando le strutture intermedie ed alternative agli ex-Ospedali Psichiatrici siano essi normali od ex- Giudiziari in molte Regioni ed i criteri per la cura, prevenzione e riabilitazione (?) di quanti insistono sul territorio, malgrado uno scrupoloso “screening” di quanto esiste, ancora oggi 2016 non sono stati raggiunti quegli auspicati risultati gestionali.

È una sconfitta delle nostre Istituzioni, TUTTE, e di coloro che ne devono assumere tutte le responsabilità!

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