16 luglio 2016

I WALSER: passato e attualità di un popolo alpino soprannazionale

Sparsi su un’ampia area dell’arco alpino i Walser, la cui civiltà ha espresso valori profondi ed universali, hanno scritto una pagina importante nella storia delle Alpi, tuttora degna di essere ricordata.

 di Emilio Asti
Presenti da secoli in diverse parti delle Alpi, dalla Francia all’Austria, attraverso Italia, Svizzera e Liechtenstein, i Walser, hanno svolto un importante ruolo nella colonizzazione di diverse zone alpine.
Non molti conoscono la storia di queste popolazioni, oggetto di studi e ricerche, la cui civiltà, con i suoi profondi valori spirituali e comunitari, ha dato un notevole contributo al patrimonio culturale europeo e può ancora insegnarci parecchio.
Popolazione di origine alemanna, proveniente dall’Oberland bernese, i Walser, dopo essersi stabiliti nell’alto Vallese, motivo per cui vennero chiamati Walliser, termine contratto poi in Walser, già in epoca medioevale iniziarono a migrare a più riprese, diffondendosi dalla Savoia francese al Voralberg austriaco, spingendosi in zone impervie di alta montagna dove crearono insediamenti permanenti. Il luogo più alto d’Europa, ancor oggi abitato tutto l’anno, Juf, situato nel cantone svizzero dei Grigioni, è una colonia Walser. Oltre ad una profonda fede in Dio ed una grande fiducia nel futuro, portarono con sé le loro usanze ed un idioma, che, nonostante le parecchie variazioni da un’area all’altra, ha mantenuto quasi immutate le caratteristiche del tedesco parlato nella Germania meridionale in epoca medioevale, chiamato “Alt Hoch Deutsch”. La loro vicenda storica, la cui fase più antica, avvolta nel mistero, si perde nel tempo, pare quasi un cammino verso un luogo ideale e un destino migliore.
Con l’arrivo dei Walser, la cui colonizzazione, di carattere pacifico, contribuì ad aprire nuove vie di comunicazione nel territorio alpino, ebbe inizio una nuova fase della storia delle Alpi. Mossi da uno spirito pionieristico che li spingeva verso nuove mete, i Walser, per i quali non esistevano frontiere, convinti di essere chiamati a compiere una missione importante, fondarono numerose colonie le quali, collegate tra loro da una fitta rete di sentieri e strade, nonostante i fattori di differenziazione regionale ancor oggi condividono un comune bagaglio culturale. Tuttora in diverse zone delle Alpi svariati segni, tra cui la tipica architettura e parecchi toponimi, rivelano l’origine Walser.
Visitare gli insediamenti Walser, alcuni dei quali divenuti moderni centri turistici famosi a livello internazionale, permette di scoprire un antico ed originale patrimonio culturale, sopravvissuto al trascorrere dei secoli, che assume un valore universale. Per tale ragione è stata proposta la candidatura delle “Zone Alpine Walser” tra i siti riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità. 

A fondamento della civiltà Walser c’era un profondo sentimento religioso, che ha aiutato queste genti a superare molteplici difficoltà e conservare la propria indipendenza anche nei momenti più bui, senza mai perdere la fiducia nell’aiuto divino. Nell’affascinante ambiente di alta montagna, che evoca la magnificenza divina, i fenomeni naturali e il mutare delle stagioni dettavano il ritmo dell’esistenza ed assumevano quasi una dimensione trascendente. Dio era messo al centro della vita, accolta come dono e missione, e la giornata iniziava e terminava con la preghiera, da cui attingevano serenità e nuove energie, che gli permettevano di superare le difficoltà dovute all’altitudine; alla sera tutti i componenti della famiglia, si riunivano a pregare nella “Stube”, il locale principale della casa, che nella sua rude semplicità rispondeva a precise concezioni d’ordine spirituale. La casa veniva considerata una chiesa domestica e come tale richiedeva la fede e la concordia tra i suoi abitanti. 
La loro frugale esistenza, su cui incombeva la minaccia di calamità naturali e, a volte, della carestia, fatta anche di lunghi periodi d’isolamento causati dalle copiose nevicate, cominciava e finiva in alta montagna, al cui ambiente aspro hanno saputo adattarsi molto bene, mettendo se stessi continuamente alla prova. 

Come tutti i popoli di montagna anche i Walser, fortemente legati al luogo natio, erano esperti contadini ed allevatori, che praticavano anche il commercio, sovente spinti ad emigrare a causa delle ristrettezze economiche. Lavoratori abili e tenaci, attraverso un uso equilibrato delle risorse, i Walser diedero vita ad un modello organizzativo degno di ammirazione, con un’economia rivolta principalmente all’autoconsumo. I Walser possono anche vantare eminenti figure di pittori e scultori, alcuni dei quali si fecero conoscere pure all’estero, oltre ad importanti guide alpine, autentici rappresentanti della civiltà Walser, che si cimentarono con successo in spedizioni extraeuropee.
Il saper edificare adoperando ingegnosamente i materiali locali, legno e pietra, con tecniche trasmesse da una generazione all’altra, ha sempre fatto parte della cultura materiale di queste popolazioni. Tipico dell’architettura Walser è la tecnica ad incastro angolare dei tronchi di larice, la quale conferiva solidità alle baite, poggiate su caratteristici funghi di pietra che servivano ad impedire ai roditori l’accesso ai granai.

Ogni famiglia, sulla base delle sue possibilità, contribuiva ai lavori d’interesse pubblico e tutti mettevano le proprie capacità al servizio degli altri, consapevoli di appartenere ad una collettività, al cui interno era necessaria una stretta collaborazione tra i suoi componenti, pur nella diversità dei ruoli. Nei villaggi la fontana e il forno venivano usati collettivamente ed il pane, una parte del quale veniva distribuito alle famiglie bisognose, veniva prodotto con la collaborazione di tutte le famiglie. Riesce forse difficile per noi oggi, immersi in una società estremamente individualista, riuscire a comprendere tale attitudine, ma nel contesto di una realtà, scandita da rinunce e sacrifici, in cui occorreva adeguare la propria vita alle esigenze della famiglia e della comunità, ciò rappresentava un’abitudine consolidata. 
Tutta la comunità, all’interno della quale gli atti criminali erano pressoché sconosciuti e i comportamenti immorali erano oggetto di riprovazione generale, partecipava alle vicende dei singoli, in una forma di solidarietà collettiva. Grande valore era attribuito al rispetto della parola data, alla castità prematrimoniale ed alla fedeltà nel matrimonio, oltre alle doti di generosità e sincerità. 
Nella società Walser uomini e donne avevano compiti diversi, ma pari dignità. Esperte nella lavorazione della lana e del latte le donne, si dedicavano ad accudire i figli, spesso numerosi, e alle faccende domestiche, lavorando anche la terra e conducendo le greggi al pascolo. A differenza di oggi i bambini, oltre ad aiutare gli adulti nei lavori dei campi imparavano, sin da piccoli, il rispetto per gli anziani, la cui opinione era tenuta in grande considerazione. Nei musei etnografici di alcune località Walser si possono ammirare svariati oggetti della vita quotidiana e mobili costruiti sapientemente a mano, alcuni dei quali decorati artisticamente, che testimoniano l’ingegnosità e gli sforzi pazienti di queste popolazioni, illuminate da una profonda visione spirituale. Soprattutto l’abito tradizionale femminile, che si differenzia da una zona all’altra, ancor oggi indossato in particolari occasioni, testimonia una notevole sensibilità artistica, espressa anche negli affreschi religiosi e nelle numerose cappellette votive.
Autentico cuore del villaggio Walser, il cui nucleo più antico veniva chiamato “Dorf”, inserito armoniosamente nell’ambiente, era la chiesa, dove si svolgeva la celebrazione delle tappe più importanti della vita: nascita, matrimonio e morte, che vedevano la partecipazione di tutta la comunità.

La profonda adesione ai dettami cristiani non è mai arrivata a reprimere il gusto di vivere con allegria e spontaneità; pure le solennità religiose più importanti, come anche le feste nuziali, rallegrate da canti e giochi, erano vissute in modo gioioso, anche come occasione per rafforzare i legami familiari e di amicizia. In accordo alla visione cristiana, da loro abbracciata con sincera convinzione e libera da ogni forma di settarismo, hanno saputo essere sempre ospitali e generosi con i forestieri e rispettosi verso le altre culture.
Profondamente sentita era la credenza nella vita ultraterrena e nella costante interazione tra la dimensione fisica e quella spirituale. Per la loro evoluzione nel mondo spirituale i trapassati dipendevano dalle preghiere e da alcune condizioni poste dai loro familiari ai quali si manifestavano in vari modi, a loro volta i vivi in svariate occasioni potevano ricevere aiuto dai defunti. I Walser parevano possedere una speciale sensibilità nel percepire le presenze spirituali e nel coglierne l’azione, prestando anche particolare attenzione ai segni che, secondo loro, preannunciavano il decesso di qualcuno. Vari racconti Walser, che insegnano l’importanza di una vita condotta in accordo alle leggi divine, narrano le atroci pene che soffrono nell’al di là coloro che su questa terra hanno agito male; diverse volte gli spiriti tornano per espiare le colpe commesse, chiedere preghiere e ammonire i familiari a condurre una vita retta, per non dover poi pagare dopo la morte le conseguenze dei loro peccati. Presso i Walser si credeva che in occasione del Giorno dei Morti, ricorrenza attesa con trepidazione, gli antenati tornassero a visitare la loro antica dimora. In quell’occasione venivano preparate delle offerte in cibo e durante la notte della vigilia le campane della chiesa continuavano a suonare. Alla morte di un familiare veniva simbolicamente aperta una finestrella della casa per permettere la dipartita della sua anima, poi subito richiusa onde impedirne il ritorno. Particolarmente temuta, era l’azione funesta degli spiriti negativi, per proteggersi dai quali ricorrevano a preghiere ed invocazioni, accompagnate da rituali particolari, considerate utili anche per ottenere la protezione divina contro pericoli e disgrazie. Per allontanare gli spiriti malvagi dai neonati vi era l’usanza di porre un coltello sotto il pagliericcio della culla.
Nel loro patrimonio culturale sopravvivono antichi elementi del folclore germanico, che si rifanno a simboli e miti risalenti a tempi remoti. Tipica è la leggenda della Valle Perduta, un luogo paradisiaco divenuto inaccessibile, che suscita una struggente nostalgia, metafora della condizione umana che rimpiange un Eden perduto che si vorrebbe riconquistare. 
Un antico simbolo vivente delle tradizioni Walser che si ricollega al patrimonio culturale germanico, è il secolare tiglio di Macugnaga, portato qui dal Vallese all’epoca della fondazione di questa comunità, di cui ora è l’emblema, ed alla cui ombra si amministrava la giustizia e si celebravano cerimonie religiose. Attorno a questo maestoso albero, che si erge vicino all’antica chiesa che ha annesso il cimitero, chiamata per antonomasia Chiesa Vecchia, sono fiorite varie leggende ed ogni anno ancor oggi all’inizio di Settembre ha luogo una suggestiva cerimonia durante la quale vengono benedetti gli attrezzi di montagna. Occorre ricordare che l’albero, che assume una valenza simbolica universale, presso le popolazioni germaniche era associato all’idea della conoscenza e della luce.
Tra le diverse comunità Walser, le quali nutrono un forte senso di appartenenza sovrannazionale, al di là dei confini politici, non è mai venuto meno uno spirito di fraterna cooperazione. I discendenti dei Walser hanno saputo dar vita ad iniziative volte alla rivitalizzazione della cultura tradizionale e al rinnovo degli antichi vincoli di amicizia, senza alcuna rivendicazione di carattere politico. A tal fine da oltre mezzo secolo ha luogo ogni tre anni il “Walsertreffen”, un grande raduno internazionale, organizzato dalla “Internationale Vereinigung für Walsertum”, associazione internazionale delle comunità Walser, nata per proteggere l’antico patrimonio culturale. Per tutti i Walser, che fin dalla prima edizione vi hanno sempre partecipato con grande entusiasmo, rappresenta un’importante occasione per far conoscere la loro civiltà. 
In un momento in cui la logica del profitto pare dominare in ogni ambito a scapito dei valori umani i Walser possono dare un importante contributo alla promozione di un turismo più attento all’ambiente e alla dimensione culturale, che può anche guidarci ad una migliore comprensione di noi stessi. In questo senso le comunità Walser possono divenire un laboratorio di nuove idee sulle problematiche ambientali, opponendosi a logiche centrate unicamente sullo sfruttamento indiscriminato dell’ambiente montano, che ha sofferto gli effetti di un turismo di massa che ne ha alterato la forma di vita. A differenza di quello che si potrebbe pensare i Walser, non rappresentano un popolo montanaro ripiegato su se stesso e preoccupato solo del proprio futuro, bensì si presentano come una minoranza etnica capace di guardare al passato senza rimpianti, proiettata verso più ampi orizzonti ed attenta ai segni dei tempi, che cerca di mantenere vivi i valori degli antenati. In questo contesto la tradizione diviene un processo attivo, che si reinterpreta e s’interroga di continuo. Dalle loro montagne i discendenti dei Walser ci invitano ad orientarci verso nuove scelte di vita rispettose dell’habitat, nella consapevolezza che le Alpi rappresentano un importante ecosistema che potrà contribuire a migliorare la vita delle prossime generazioni.
Dai Walser ci giunge anche un esempio di cooperazione internazionale volta ad abbattere barriere e pregiudizi, base per costruire un’intesa duratura tra i popoli. Ciò può fare della regione alpina, storicamente luogo d’incontro e di dialogo, la cui posizione nel cuore dell’Europa riveste notevole importanza quale via di collegamento tra l’Europa centrale e il Mediterraneo, uno spazio d’intense relazioni umane, all’insegna di un rinnovato rapporto improntato al dialogo sincero, condizione indispensabile all’edificazione di un mondo più sereno e pacifico.
















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