11 luglio 2016

Dialogo religioso attraverso la pratica in Tajikistan 2002 – 2009

Il contesto

Collocato in Asia Centrale, con una popolazione per lo più musulmana costituita principalmente da etnie tagiki e uzbeche, il Tagikistan è stato per la gran parte del 20° secolo parte dell’Unione Sovietica. Sotto la legge comunista, la religione era assente dalla vita pubblica politica. Nonostante gli sforzi sovietici volti a secolarizzare la società, le radici islamiche radicate della cultura tagiki hanno fatto sì che la religione rimanesse un importante elemento della vita delle persone.

Il conflitto
A seguito del collasso dell’Unione Sovietica, nel 1991 il Tagikistan ha dichiarato la propria indipendenza.
Le divisioni all’interno della società, causa di visioni ideologiche contrastanti, sono diventate evidenti. In particolare tra la visione secolare post comunista dell’elite politica, e vari rami dell’Islam a cui aderiva la popolazione. Lo stato è quindi caduto in una guerra civile che tra il 1992 e il 1997 ha causato da 60.000 a 100.000 vittime. La guerra, caratterizzata da una battaglia tra le élite delle diverse regioni che controllavano il paese, ha indebolito il governo, costituito da ex comunisti decisi a mantenere lo status quo schierati contro l’opposizione UTO (United Tajik Opposition), un’alleanza formata da pro-democratici e gruppi islamici che promuovevano un’agenda di libero mercato. Nel 1997, un accordo di pace tra il governo e l’UTO è stato negoziato grazie alle Nazioni Unite. Sotto i termini dell’accordo, l’ex governo comunista rimaneva al potere, affiancato da un’inserimento graduale dell’opposizione. Una commissione per la riconciliazione nazionale è stata stabilita ed ha lavorato dal 1997 al 2000 sui dettagli dell’implementazione di questo accordo di pace. Nonostante ciò, non si è riusciti a portare ad una reale riconciliazione le due fazioni. Gli ex-comunisti al potere e la sfiducia tra i due gruppi hanno portato sempre più ad un ruolo marginale l’UTO. Un problema non affrontato, che ha cointribuito a minare i rapporti già estremamente fragili causando ulteriore polarizzazione è stato il disaccordo sul ruolo della religione all’interno della società. Nonostante la presenza dell’opposizione nel governo, la forte cultura secolare comunista è riuscita ad approvare politiche restrittive relative alla pratica dell’Islam.

Gli sviluppi
Nel 2001, con l’aiuto del Ministro degli Esteri Tedesco, il Centro per la Ricerca OCSE (CORE) ha lanciato un progetto chiamato “Creare un dialogo costruttivo che promuove la cooperazione e la co-esistenza di culture e civilizzazioni nell’area dell’OCSE”. L’obiettivo, quello di produrre un’analisi oggettiva circa le fondamenta comuni e diverse su cui sia possibile costruire una fiducia reciproca, in particolare sul ruolo e il tema della religione.
Dal 2002, il Dipartimento Federale Svizzero per gli Affari Esteri (FDFA) ha dato il suo supporto al progetto con la collaborazione del Graduate Institute di Ginevra. Nel 2003, il progetto del CORE ha presentato un report dei suoi progressi al Presidente. L’analisi presentava il problema identificando tre aree di sviluppo: l’educazione, la giurisprudenza e la radicalizzazione. Nonostante ciò, si è ancora lontani dalla fiducia tra i principali attori della regione. Nella fase successiva, con gli svizzeri come partner principale, si sono integrate due iniziative parallele: una serie di seminari OCSE nel nord del paese sul ruolo della legge e della religione, e il “dialogo Dartmouth”, con lo scopo di promuovere sessioni di dialogo in tutto il paese sul tema “l’Islam, lo stato e la società”. Il progetto si sta ora focalizzando su azioni concrete riguardo al ruolo della religione nella società. Sono stati stabiliti tre gruppi di lavoro sui temi dell’educazione religiosa, la legge, la politica e la religione, e come prevenire la radicalizzazione. 
I gruppi di lavoro hanno programato un progetto di scuola islamica uniforme con lo scopo di integrare studenti islamici nella società tagika, una proposta di legge sulla religione, seminari e opuscoli consultivi circa i regolamenti per le moschee, un’offerta formativa per coloro che diventeranno operatori pubblici, e programmi radiofonici sui temi della tolleranza e co-esistenza. Nella successiva fase del progetto, ci si è concentrati su come rendere pratiche e concrete tutte questi progetti.

I risultati
Il progetto è stato una valida esperienza per lo sviluppo della fiducia e della confidenza reciproca. Ha aiutato a rimuovere diffidenza tra i diversi attori coinvolti mostrando i diversi punti di vista. Dopo otto anni di lavoro, la Svizzera ha lasciato spazio all’Istituto per il Dialogo in Tagikistan fondato per contiuare il progetto.

Presupposti e teoria del cambiamento
Il coinvolgimento della Svizzera è frutto dell’analisi che ha mostrato come sia stato dannoso per il Tagikistan non aver chiarificato il ruolo della religione nella società. Questa situazione irrisolta ha perpetuato tensioni tra il governo ex-comunista e l’opposizione UTO. Le differenti visioni del mondo dei due partiti si traducevano in posizioni molto diverse sul ruolo che la religione doveva avere all’interno della società. Gli ex-comunisti credevano che la religione non avrebbe dovuto avere nessun ruolo ufficiale, gli islamisti dell’UTO credevano che l’Islam avrebbe dovuto sostenere la politica, mentre i democratici dell’UTO promuovevano la libertà di espressione religiosa. Sapendo che le parti in conflitto avrebbero avuto notevoli difficoltà a risolvere le loro differenze attraverso il semplice dialogo, la Svizzera ha promosso un approccio basato sul dialogo attraverso la pratica (diapraxis) che metteva enfasi sul dialogo focalizzato a sviluppare e implementare azioni comuni per risolvere i problemi. Concentrandosi sul fare, i partiti hanno potuto superare i loro problemi di comprensione reciproca. Sviluppando soluzioni pratiche condivise, i partiti sono stati capaci di trovare soluzioni che erano accettabili per tutti senza necessariamente capire il perchè una soluzione fosse accettabile anche per gli altri.

Qual è stato l’approccio alla religione in questo caso?

La religione come argomento
La Svizzera vedeva il confronto come un incontro tra due argomenti radicalmente differenti: uno islamico e uno laico. In gioco vi erano narrative completamente opposte circa il modello di società e il concetto di famiglia che quest’ultimo comportava. La scuola e l’educazione erano temi molto sensibili e controversi. I due partiti erano su posizioni che percepivano essere mutualmente esclusive rimanendo in uno stato di costante confronto. Questi argomenti opposti erano considerati come manifestazioni di due visioni del mondo radicalmente diverse. Ognuna di esse era pensata come un sistema di pensiero, considerato come una struttura all’interno della quale erano accettabili un insieme di azioni possibili. Adottando una posizione neutrale che considerava entrambi gli approcci validi, la Svizzera è stata capace di lavorare con ambedue i partiti trovando soluzioni pratiche che fossero accettabili dalle due visioni del mondo.

Tradotto da Andrea Valgoi

Documentazione ripresa su concessione di: © 2015 Owen Frazer, Richard Friedli and CSS ETH Zurich - www.css.ethz.ch 

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