9 novembre 2015

Nuove crisi per nuove scelte

Editoriale del numero di "Voci di Pace" del III quadrimestre 2015.  Il PDF lo trovate qui.

di Giuseppe Calì
Non c'è dubbio che ci troviamo in un momento di grandi decisioni per le quali il futuro può prendere direzioni inaspettate. Ed è abbastanza chiaro che a tutti servano punti di riferimento comuni per orientarsi verso l'uscita da questa crisi a tutti i livelli. Le emergenze sono tante e le risposte adeguate poche. Vorrei riflettere su alcuni temi, per me cruciali, per cercare di capire insieme quale possa essere il ruolo di persone di buona volontà, quali penso siamo noi, testimoni di questo tempo ed Ambasciatori di Pace. Inizio con alcune domanda sul ruolo delle religioni. 
Si può chiedere ad una Chiesa di essere moderna? La Bibbia ed i testi sacri sono ancora attuali? Le Chiese devono adeguarsi al mondo o i popoli ai principi delle proprie credenze? Possiamo biasimare la Chiesa Cattolica, per esempio, per il fatto che cerchi di rimanere fedele a se stessa? O il Papa perché riafferma i principi fondamentali della fede cattolica? È chiaro che una delle problematiche più complesse che da sempre ogni religione ha dovuto affrontare è quello della secolarizzazione, o l’adeguamento alle leggi degli uomini. Per definizione però, tutte le religioni sono nate da ispirazione divina e sono di origine trascendente. Si può essere d’accordo o no sulle interpretazioni della vita e della morte e per questo scegliere diversamente, formarsi anche una propria filosofia di vita, ma non si può pretendere di cambiare le rivelazioni, solo perché non riusciamo a capirle o ad accettarle. 
Inoltre, qualsiasi teologia dovrebbe ricercare la verità e basarsi su di essa e non costruirne di alternative, come diverse teologie cercano di fare, per rispondere ad esigenze molto umane e spesso conflittuali con la tradizione. Ultimamente si sta cercando in tutti i modi di costruire una teologia che includa anche l’omosessualità, sostenendo infine che essa sia comunque creazione di Dio, alla pari con la mascolinità e la femminilità. I sessi dunque diventerebbero molteplici e tutti legittimi, naturali e concepiti da Dio stesso, con una propria funzione nell’equilibrio del Cosmo. Una “Teo-logia”, quindi che diventa “Ideo-logia”. Ora, io non voglio esprimere un giudizio personale su questo, anche perché ognuno ha diritto di avere le proprie idee, ma i testi sacri sono molto chiari su quest’argomento ed escludono dalla creazione altre forme di sessualità se non quella tra uomo e donna, considerandole un'aberrazione ed un abominio agli occhi di Dio. È inutile girarci intorno e cercare di dare interpretazioni fantasiose giocando sui termini. Si può essere d’accordo o no, ripeto, ma non possiamo cambiare la Parola di Dio solo perché non la riteniamo più “moderna” o adatta alle nostre esigenze. Per definizione essa è eterna e immutabile. Il Papa stesso, al sinodo dei vescovi che si sta tenendo in questi giorni, ha detto chiaramente che il sinodo non è un parlamento dove si possono accettare compromessi, come se la verità dipendesse dalle opinioni individuali. Allora, ditemi, può un sacerdote, teologo, membro di un importante consiglio vaticano, dire che non c’è nessun problema nell’essere contemporaneamente omosessuale e praticante? Dal punto di vista umano e dei diritti individuali, non c’è dubbio che la persona vada rispettata e tutelata, qualsiasi siano le proprie tendenze di pensiero, politiche ed anche sessuali. Ma se io so da sempre, come sostenuto chiaramente dal Monsignor Krzysztof Charamsa, che il mio essere gay è in contraddizione chiara e netta con alcuni precetti fondamentali di una Chiesa, non scelgo di diventarne sacerdote. È una questione di coerenza e rispetto verso le persone di cui poi sarò pastore. E non cerco poi di arrampicarmi sugli specchi per dimostrare che teologicamente non c’è nessun problema. È un limite alla libertà? Certo che lo è, ma a un tipo di libertà che si chiama arbitrio, che non rispetta la libertà altrui, quindi di natura distruttiva. Puoi scegliere di fare parte di ciò che vuoi, ma non di cercare di forzare un’intera comunità ad adeguarsi a te. Fai qualcos’altro! Vivi la tua fede in modo tale da non recare danni al tuo prossimo e il tuo essere non sia in contraddizione con il tuo ruolo. Di queste contraddizioni oggi ne vediamo molte, nella politica, nello sport, nella scuola, eccetera. Sembra di essere in un gioco di ruoli in cui ognuno fa il lavoro che non dovrebbe fare, per qualità individuali o per qualità morali. È una forma di schizofrenia di massa, di sdoppiamento di personalità, di separazione drammatica da se stessi. 
Perché vi parlo di questo, mentre ci sono questioni apparentemente molto più gravi? Io credo che tutte le problematiche che oggi viviamo derivino da un progressivo distaccamento dell’uomo dalla propria natura originale. Le ragioni sono molteplici, ma la cosa grave è che, non solo non ci accorgiamo di questo, ma addirittura confondiamo tale fenomeno con il progresso. È per questo che abbiamo perso la capacità di essere felici. Stiamo cercando nella direzione sbagliata e quindi, ogni sforzo, ogni impegno che dedichiamo, ogni passo che facciamo ci porta più lontano da noi stessi, dalla nostra vera essenza. Io posso correre molto veloce e sbalordire il mondo con la mia velocità, ma se il traguardo è alle mie spalle, mi allontano sempre di più dallo scopo del correre e dal senso della mia stessa vita.
Quali sono le vere sfide di questo tempo? Ecologia, famiglia, immigrazione, terrorismo e dominio mondiale, povertà ancora troppo diffusa anche nelle nazioni avanzate, diseguaglianza a tutti i livelli e per contro appiattimento culturale generalizzato. L’unico ramo dove le cose sembrano andare bene è quello della scienza. La fisica fa passi da gigante e così la medicina. Gli orizzonti si ampliano e diventano possibili applicazioni tecnologiche fino a pochi anni fa impensabili. Nonostante ciò, siamo più felici? La felicità, la cui ricerca è un diritto fondamentale dell’uomo, è diventata piuttosto un’utopia. 
Abbiamo incrementato l’aspettativa di vita, ma abbiamo perso la salute, abbiamo migliorato le tecnologie di comunicazione enormemente ma non comunichiamo più nel vero senso della parola, abbiamo costruito città organizzate e spazi di convivenza enormi, ma soffriamo di una solitudine estrema senza quasi soluzione. Persino le nostre famiglie che dovrebbero essere luoghi di condivisione, di sostegno reciproco e trampolino di lancio per una vita costruttiva, sono diventate spesso campi di battaglia senza quartiere. Dove stiamo andando veramente? Dove ci siamo persi? 
Vorrei cercare insieme a voi di riflettere sul fenomeno simbolo di questa epoca: la migrazione di massa di intere popolazioni. Le grandi ondate migratorie, al di là della necessità che siano organizzate in modo completamente diverso, sono una sfida assolutamente necessaria.  Se ne parla come di una “crisi mondiale”, ma crisi vuol dire anche scelta, opportunità. Abbiamo smesso di pensare alle fondamenta della nostra civiltà, ovvero come costruire la nostra stessa felicità, o al significato ultimo della convivenza umana. Questa massa di poveri, rifugiati, senza più nulla se non la speranza, con in braccio i loro bambini ai quali vorrebbero dare un futuro diverso, ci costringono a riflettere, a recuperare valori fondamentali come la compassione, a violentare le nostre supposte sicurezze, ad aprire spazi nuovi nel nostro cuore e nella nostra mente. Non dovremmo ignorarli o respingerli e direi che non possiamo proprio permettercelo. Dio vuole che l’umanità si riscatti una volta per tutte in un abbraccio collettivo. Solo così una nuova umanità potrà nascere e le generazioni future potranno evitare di soffrire i traumi e le sofferenze che hanno patito quelle precedenti.
Abbiamo esempi di questa nuova umanità, compassionevole, relazionale, responsabile? A fine agosto sono stati consegnati due premi per la Pace, i "Sunhak Peace Award", veramente notevoli, sotto la sponsorship dell'UPF. Vi invito a leggere l'articolo su questa stessa rivista che spiega le ragioni di questa nuovo iniziativa. Due uomini che hanno dedicato la loro vita a salvare intere popolazioni. Due persone di grande modernità, di vero progresso, che non mettono in conflitto scienza e tecnologia con valori fondamentali, ma anzi proprio da questo connubio traggono incredibile forza ed ispirazione. Il presidente Tong che cerca di garantire un futuro al proprio popolo, specialmente ai giovani, ed il Dr. Gupta che sfama intere popolazioni in Asia ed Africa usando nuove tecnologie per allevamenti ittici. Io li vedo come esempi dell’uomo nuovo che dovrà nascere da questo periodo di crisi molteplici, quel tipo di persona che il Rev. Moon indica come "colui che vive per il bene altrui ed è capace di mobilitare le forze del Cielo e della Terra per convogliare benedizioni al proprio prossimo”. Il nuovo mondo, ne sono certo, nascerà da tutti coloro che sapranno essere come loro, ognuno nel proprio ambito e secondo le proprie capacità.

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