11 luglio 2015

Diplomazia civile

Quando i popoli s’incontrano in nome dell’amicizia, nasce la diplomazia civile.
 
A. Soliani e Aung San Suu Kyi

di Albertina Soliani
L’Associazione per l’Amicizia Italia-Birmania porta nel nome il significato della sua ragione costitutiva e del suo modo di essere. Quando Carlo Chierico di Monza e Giuseppe Malpeli di Parma costituiscono l’Associazione, anni fa, già erano iniziati i rapporti profondi tra le persone, dell’Italia e della Birmania. Di Giuseppe con Lucky, con la sua famiglia, con Aung San Suu Kyi, con i leader di Generazione 88, con Phyu Phyu Thin appena uscita dal carcere, con U Tin Oo della NLD, con il Vescovo Charles Bo di Rangoon, diventato di recente Cardinale, uno dei Cardinali delle periferie del mondo di Papa Francesco, il primo della Birmania. E soprattutto con la gente comune, con i bambini sulle strade e intorno alle scuole.
La stessa parola, amicizia, è richiamata nel nome dell’Associazione Parlamentare “Amici della Birmania” che ho costituito nel Parlamento italiano negli stessi anni. È in nome dell’amicizia tra l’Italia e la Birmania che l’azione parlamentare ha stimolato la politica nazionale e internazionale perché la Birmania non fosse sola, sotto la dittatura dei militari, perché si avviasse la transizione democratica. E questo lavoro continua.
Amicizia è la parola antica che secondo Aristotele definisce la politica e oggi è la parola nuova, densa di significati, che costruisce la dimensione umana nel mondo globale. Diversi e uniti, solo l’amicizia può costruire ponti di dialogo e di intesa.
Lo dice bene Aung San Suu Kyi in un suo messaggio agli studenti di Parma: “Spero che ci incontreremo altre volte, e che la gente di Parma e dell’Italia possa entrare sempre più in contatto con la gente del mio Paese. Spero che voi possiate diventare un esempio di come due Paesi diversi, due popoli diversi possano essere così grandi amici: diventare esempi viventi non solo di ‘cittadinanza globale’, come si dice adesso, ma di umana amicizia”.
Gli Stati si parlano attraverso il servizio diplomatico, aprono o chiudono le relazioni tra i Paesi, sviluppano la collaborazione nei vari campi. Tengono conto prevalentemente dell’esistente, dei governi di turno, ma i Paesi democratici debbono sempre sostenere le ragioni della democrazia e i diritti umani, soprattutto là dove essi non sono rispettati. Come in Birmania, ancora.
Siamo stati in Birmania, a fine dicembre 2014, con un gruppo di quaranta persone. Un viaggio promosso dall’Associazione per l’Amicizia Italia-Birmania, di cui ero capo-delegazione insieme con Giuseppe Malpeli.
Abbiamo vissuto concretamente l’esperienza della diplomazia civile, che coltiva relazioni e realizza progetti di collaborazione. Non solo turismo per conoscere un Paese bellissimo, ma l’incontro con le persone e con un intero popolo per condividerne la vita, la sofferenza, la speranza. Per sostenere la loro fiducia nella democrazia e il loro impegno per il futuro politico della Birmania. A Rangoon abbiamo reso omaggio al Mausoleo dei Martiri in ricordo del Padre della Patria Aung San, padre di Aung San Suu Kyi, e dei suoi compagni uccisi il 19 luglio 1947, cantando il nostro inno nazionale.
Su questa base il rapporto è sempre reciproco. Nell’incontro con loro comprendiamo meglio la situazione politica del nostro Paese, ci sentiamo stimolati a vivere con intensità e determinazione qui da noi i valori democratici. Ne ha bisogno l’Italia, ne ha bisogno la Birmania. Dalla Birmania viene a noi la grande testimonianza di eroismo per conquistare la libertà e la democrazia, a prezzo molto alto. È un patrimonio universale che dà nuova forza al nostro impegno per la democrazia, in quest’area del mondo dove essa è nata duemilacinquecento anni fa. Nell’incontro con Aung San Suu Kyi abbiamo raccolto un messaggio immediato: l’Europa, i Paesi europei vedano quello che c’è veramente in Birmania, non quel che sembra. Si interessino non solo al business ma alla politica e alla democrazia. Un messaggio che restituiamo all’Italia.
In Birmania abbiamo vissuto l’esperienza intensa della partecipazione alle vicende della storia. Esserci, sentirsi partecipi come cittadini democratici, consapevoli che rappresentiamo l’Italia, il suo sentimento profondo, la sua vocazione umana, culturale, civile, democratica. Esserci con le proprie competenze e capacità, per sostenere e portare solidarietà. Non si va per aiutare, si va per condividere. Non con la forza dell’organizzazione economica ma con la disponibilità a mettere in gioco le nostre energie, a dare e a ricevere, gli uni accanto agli altri.
La diplomazia civile come riconoscimento reciproco, del compito che ci attende, di un cammino da condividere.
Gli amici si scambiano le visite, per sentirsi vicini. Aung San Suu Kyi è venuta in Italia e a Parma e così Phyu Phyu Thin e altri amici birmani. Noi siamo andati là, e torneremo.
Nel nostro gruppo c’erano anche bambini. Sono parte anch’essi della diplomazia civile, incontrano altri popoli, altri bambini. Nel tempo tragico in cui molti bambini e bambine, anche in Myanmar, sono impiegati nei conflitti, i nostri bambini possono realizzare legami di pace.
La diplomazia civile è interlocutore del nostro Governo e del nostro Parlamento, ci è riservata una speciale attenzione. Ad essi chiediamo di valorizzare l’esperienza delle associazioni della società civile nel rapporto di amicizia con il Myanmar. Abbiamo relazioni con l’opinione pubblica, in Italia e in Birmania. Promuoviamo e sosteniamo l’iniziativa delle istituzioni, delle città, delle università, della cultura, delle imprese, delle associazioni di categoria, della cooperazione e del volontariato.
Nel recente viaggio in Birmania abbiamo vissuto tutto questo: la condivisione, l’amicizia personale, la visione del futuro, la corresponsabilità nel cammino della democrazia.
Così continueremo, con passione civile e con determinazione. Con la libertà che nasce dall’assenza di vincoli, di calcolo, di condizionamenti.
Oggi siamo impegnati nella Petizione internazionale perché le Autorità del Myanmar procedano al cambiamento della Costituzione non democratica e discriminatoria. Si può firmare entrando nel sito www.amiciziaitaliabirmania.it L’azione di molti cambia le cose e la pressione dell’opinione pubblica mondiale può mettere in discussione l’autosufficienza dei più forti. Questo può fare la diplomazia civile, riconoscendo l’autorità di coloro che soffrono, mettendo in scacco il potere.
Lo ha fatto Aung San Suu Kyi nei lunghi anni della sua prigionia, continua a farlo oggi nel suo ruolo di leader dell’opposizione per il cambiamento politico della Birmania, per un’autentica democrazia in Myanmar.
Noi siamo con Lei e con il suo popolo, consapevoli di essere ambasciatori dell’amicizia tra l’Italia e la Birmania nel segno della democrazia.
Niente di meno ci è chiesto per vivere nel mondo di oggi, per vivere la democrazia in Italia, in Europa, negli altri Paesi.

La diplomazia civile: un modo di essere protagonisti, nel tempo della grande disaffezione verso la politica, un modo per rispondere alla nostra vocazione umana.

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